«La voglia di andarmente è tanta» - Lo sfogo di Bettini dopo il declassamento
Versione stampabileLa gioia, la rabbia, lo sdegno e le lacrime.
Prendete il finale della Milano-Sanremo ed accorciatelo di quattro chilometri. Prendete il finale di Giffoni Valle Piana di ieri e accorciatela di 500 metri. Prendete la volata di Frosinone e lasciatela scorrere, più volte. Quest'ultima, è stata la richiesta di Paolo Bettini all'arrivo di Frosinone, appena dopo aver appreso, 8 minuti dopo la fine della 4a tappa del Giro d'Italia, del suo declassamento da primo a quarto nell'ordine d'arrivo. La gioia di aver alzato per la seconda volta in cinque giorni le braccia sotto l'arrivo, in aggiunta della maglia rosa ricevuta in dote dalla tappa di ieri, è stata la gioia di Paolo Bettini.
Dopo l'abbraccio col massaggiatore Quick Step, il "Grillo" va a cercare Cooke per sincerarsi delle sue condizioni, inseguito già da un paio di uomini con indosso la polo marcata Française des Jeux. «Come stai?», domanda Paolo, e per tutta risposta, se la becca con un proficuo: «Ma va a cagare» (scusate 'u francesismo, direbbe la Sconsolata di Zelig, al secolo Anna Maria Barbera), non solo da Cooke, magari scosso dalla caduta ed impaurito per le eventuali conseguenze (che fortunatamente si sono evitate), ma anche dal fido dottore dell'australiano, che poi Paolino invita indirettamente in conferenza stampa a "dottorare" nei propri ambiti, senza eccedere.
La rabbia è all'ingresso del Podio Premiazioni, nel frattempo che la folla frusinate inneggia il suo nome con cori tipicamente calcistici ed il campione olimpico saluta con la mano. La giuria si riunisce per esaminare il caso, per guardare la volata: sono passati 8 minuti dall'arrivo di Bettini in maglia rosa a braccia alzate, Bettini è squalificato. La vittoria passa a Luca Mazzanti.
Bettini è furibondo e sbraita, parla ad alta voce con tutti, spazientito. Chiede lumi agli organizzatori, chiede a chi si deve rivolgere per guardare insieme alla giuria la stessa volata. Quando si trovano i giudici, manca il televisore; ci si organizza con tv color e videotape, e Bettini nota stupore nelle facce dei giudici: «Secondo me i giudici - aggiunge Paolino - l'hanno vista per la prima volta insieme a me al rallentatore... avevano le facce troppo sorprese da quanto avevano visto. A questo punto ho motivo di supporre che la loro decisione sia stata influenzata da chi la tappa l'ha commentata in diretta, perché in otto minuti non avrebbero potuto rivedere nel dettaglio la volata, visto quanto ci abbiamo messo per organizzarci con tv e registratore noi».
Parole durissime quelle di Bettini, che comunque non intende ritornare sulla volata di Santa Maria del Cedro o di Giffoni Valle Piana, «perché Kirsipuu e Di Luca hanno fatto il loro gioco, come oggi io ho fatto il mio. Se guardate le registrazioni noterete che il mio viso guarda sempre davanti o sulla catena, perché nella progressione controllavo i dentini del cambio, ma mai dietro, anzi, vi dirò che neanche ero sicuro di avere qualcuno alle spalle, e della caduta di Cooke sono stato avvisato soltanto a tappa conclusa dal mio magazziniere. Magari - aggiunge il campione olimpico - la prossima volata, se mi trovo chiuso, sgancio il pedale e mi butto a terra, chissà che non succeda qualcosa. Eh si, perché sembra che solo quando ci siano cadute si vadano a cercare irregolarità».
Lo sdegno si manifesta al momento della premiazione della Maglia Rosa e di quella Ciclamino, guardate un po', sempre a Paolo Bettini: indossa le maglie, accenna ad un sorriso, stappa la bottiglia di spumante, ma non festeggia, non lascia fare il botto. Bottiglia versa e spumante a terra, in maniera perpendicolare. Quasi fossimo al Colosseo ed all'Imperatore non fossero piaciuti i gladiatori. Pollice verso. Non va.
Davide Cassani parla di «decisione giusta, perché né Kirsipuu né Di Luca hanno chiuso come Bettini: Di Luca usciva da una curva in testa, ricordiamolo, ed ha seguito soltanto la traiettoria della curva nello stringere un po' Bettini, mentre Kirsipuu non si è mai mosso dalla sua traiettoria nella tappa di McEwen». In realtà ci ricordiamo di un mezzo spostamento verso destra per anticipare Velo, ma soprassediamo per concludere con Bettini, che parla di ritiro, di abbandono, di «presenza al Giro d'Italia soltanto per onorare tifosi e sponsor, e perché con la Maglia Rosa indosso, il sogno di bambino, la voglia di lasciare un pochino scema. Ma non ci fossero state queste componenti, state certi che domani Bettini non sarebbe partito tanta è la sua delusione».
Le domande in conferenza stampa imperversano, qualcuno prova a farlo sorridere, ci prova a volte anche lui, magari riprendendosi dopo qualche errore di "ortografia parlata" («a me mi non si dice, è vero, ma io son toscano e lo dico lo stesso»), ma il suo è più un ghigno che un sorriso.
Gli si chiede di domani, dell'arrivo de L'Aquila, e Bettini è visibilmente amareggiato: «Non lo so, non lo so - continua a ripetere - perché da come son messo ora, la voglia di prendere tutto e andarmene a casa è tanta, forse troppa, e se resto è solo perché ho una squadra stupenda, dei compagni splendidi che ogni giorno si sfiancano per me, e che oggi se ne tornano, come il sottoscritto, con le pive nel sacco. Detto questo, basta».
Paolo si alza col labbro tremolante, è nervoso e spossato, stanco di testa più che di gambe, e si porta le dita agli occhi per tenere su qualche lacrima, peraltro senza riuscirvi. Delle lacrime che vogliono dir tanto per un campione olimpico. Vogliono dire essenzialmente tre cose: domani può succedere di tutto, anche che non parta; domani può attaccare sul Monte Urano e fare una crono individuale di 60 km fino all'arrivo; domani può fare la volata più bella della sua vita sul traguardo de L'Aquila ed esultare per la terza volta a braccia alzate. Senza il timore che qualcuno gliele abbassi per la seconda volta.
Perché un campione ferito è ferito, è vero. Ma rimane un Campione.