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Giorno per giorno, tappa per tappa - Il Giro di Romandia

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La crono di Losanna: Se Damiano inizia pure a volare a cronometro
Santiago Botero ha vinto il Giro di Romandia. E qui non ci piove, del resto le previsioni meteo non parlavano certo di precipitazioni, in questo senso: ovvero, il risultato è piuttosto scontato. Non ci fa sobbalzare neanche il secondo posto di tappa di Bradley McGee, che tra un alto e un basso ha comunque chiuso il Romandia in maniera degna, e uno che è proiettato sul Tour de France non deve per forza spacca il mondo già alla fine di aprile.
Oscar Pereiro è terzo, bissa l'ottima prova del cronoprologo, e rientra in classifica, al settimo posto, dopo essere stato spinto indietro dalla salita di Anzère, venerdì. Ma le sue potenzialità di fondo e le sue capacità di recupero si esprimono meglio sulle lunghe distanze, non certo su una corsa di una sola settimana. In ogni caso, vista la sua bravura a cronometro, era ampiamente preventivabile una sua risalita.
Al quarto posto dell'ordine d'arrivo di questa domenica, eccola qui la sorpresa. E la incarna - come sbagliarsi - Damiano Cunego. Ci aspettavamo che si testasse a fondo (al Giro le crono saranno più presenti e incidenti dello scorso anno), ci aspettavamo una prova discreta, ci aspettavamo che il veronese al più duellasse con Menchov per il terzo gradino del podio. Ci aspettavamo anche che nel finale, con tanto di salita, pavè e durezze varie, Cunego fosse in grado di tenere, di difendersi. Un bel po' di cose, ci aspettavamo; lui, il serafico Damiano, le ha un po' rivoltate, una dopo l'altra.
Si è testato a fondo, questo è indubbio. Ma la sua prestazione è molto più che discreta. È di alto livello, altroché. 36" di ritardo da Botero, e già non sono troppi. Ma poi soli 11" da McGee e 10" da Pereiro. Gli altri, tutti dietro. 20 chilometri che non sono la verità assoluta, certo; ma che indicano una tendenza: una simile tenuta contro il tempo era inattesa. Segno che il Tour de France non è solo un pensiero di fondo, ma un progetto già presente, che ha influenzato la preparazione del campioncino della Lampre.
Pensavamo che Cunego dovesse guardarsi da Menchov, invece Damiano il russo non l'ha visto proprio; né ha visto Contador, che pure era attesissimo dopo l'impresa di ieri. È andato dritto per la sua strada, il veronese, non guardava alle spalle ma solo a quello che aveva di fronte: la possibilità di vincere davvero il Romandia, di non lasciarsi sfuggire questa corsa che un suo innegabile prestigio ce l'ha comunque. Altro che difendersi. Negli ultimi 5 chilometri Cunego non solo non ha più perso da Botero (che fin lì aveva guadagnato 55"), ma ha addirittura recuperato quasi 20". Questo, signori, è un risultato sbalorditivo: tante volte abbiamo visto delle crono miste come quella di oggi, con tratti in piano, o in discesa, e poi notevoli impennate in fondo. Ebbene, quasi mai un corridore che non è un cronoman riesce a risalire la china e a riavvicinare gli specialisti: una volta che questi prendono il ritmo, è arduo che lo perdano, anche se poi c'è la salita. Quelli come Cunego li avevamo visti, fin qui, arrancare e poi non riuscire più a ritrovare il filo.
Quante volte gli scalatori hanno deluso nelle cronoscalate, a beneficio di passistoni capaci di andare bene in salita? Cunego no, invece. Cunego è un genio, ha una mente d'acciaio, sa che fino al km 15 si deve gestire, e che poi deve cambiare ritmo. E lo fa! Fa esattamente questo, non si perde per strada. La sua freddezza, la sua capacità di leggere la corsa, doti che già gli avevamo visto al Giro 2004, tornano prepotentemente in chiaro in questo Romandia. Questo ragazzo non lo scalfisci, è come il diamante: trovare una punta che lo intacchi può rivelarsi una ricerca frustrante.
Santi Botero dopotutto ha vinto il Romandia: non vogliamo parlarne un po'? Il suo 2002 fu eccezionale, lui seppe creare qualche grattacapo ad Armstrong al Tour, poi si laureò campione del mondo a cronometro a Zolder (oggi se ne è ricordato. Tra l'altro quella era la sua ultima crono vinta, e pure la sua ultima vittoria tout court prima del doppio successo romando, tappa e classifica finale). Quindi due anni orrendi, passati nella T-Mobile senza ottenere uno straccio di risultato (prima o poi ci divertiremo a fare un parallelo - bonario, eh! - tra il presunto squadrone tedesco e l'Inter. I punti di contatto sono più d'uno...).
E allora, ciao Godefroot, Botero si è accasato alla Phonak, che pure ha passato mesi difficili, tra Hamilton e Santi Pérez (passando per Camenzind), a causa del doping. Estromesso dal Pro Tour, poi riammesso per opera di una disposizione del Tribunale di Arbitrato Sportivo (che, guarda caso, ha sede proprio a Losanna, dove si è corso oggi), il team svizzero ha fatto di tutto per rifarsi un'immagine. In un modo o nell'altro, è qui, e non è nemmeno dei peggiori: ha molti corridori di rilievo, dal punto di vista sportivo la sua presenza nel Pro Tour ha mille ragioni; dal punto di vista etico se ne discute, ma ormai quel che è stato è stato (se queste sono le politiche del Cio...). Di fatto da due anni il Romandia è affare privato dei Phonak. Nel 2004 Hamilton. Ora Botero: auguriamo al colombiano di non seguire il percorso declinante del suo collega statunitense.
E Contador dov'è finito? Ha chiuso la prova al quindicesimo posto, a 1'06" da Botero. Niente di grave, è giovane e non si può pretendere che sia sempre sulla corda. Il suo Romandia resta comunque brillantissimo, come del resto l'intera sua stagione. Ben altri sono gli obiettivi di Stefano Garzelli, che ha stabilito il quinto tempo oggi. Confermiamo in toto quanto scritto ieri: nessuno dubita della competitività del varesino in piano, a crono, e in salita. I problemi arrivano quando la salita diventa troppa, o troppo dura. Rimossi, risolti, superati questi problemi, Garzelli diventa automaticamente uno dei favoriti del Giro. Se ci riesce, tanto di cappello.
Cresce moderatamente Cioni, che magari è meno brillante di dodici mesi fa, ma ha anche un Tour da preparare. Da Savoldelli altra conferma, per lui vale il discorso fatto per Garzelli, anche se con qualche atout in meno. Fertonani è invece la sorpresa più bella di questo Romandia. Chi avrebbe scommesso 100 lire sul suo quinto posto finale? Familiari e amici sicuramente, ma per il resto non è che il nome del genovese fosse tra i più gettonati alla vigilia. Questa prestazione svizzera cambia ovviamente anche le prospettive in chiave Giro. Fertonani non è più solo un gregario, ma un corridore da seguire con attenzione da Reggio Calabria a Milano. In fondo non è ancora un matusa, ha 28 anni (29 a luglio) e non è troppo spremuto (professionista solo dal 2002). È un "prodotto" Phonak, da quest'anno è però nella Domina Vacanze. La cosa, sembrerà strano, ci consola.

                                                                                                        Marco Grassi    




La tappa di Les Paccots: Cunego in palla, Contador fortissimo
Lasciate perdere Valverde, lasciatelo alle sue Vueltinas, oppure ai suoi tentativi di conoscere se stesso per capire se possa dire qualcosa di interessante nelle grandi classiche fuori dai confini iberici. Lasciatelo perdere, e iniziate a curare con attenzione (se non lo state già facendo), questo Alberto Contador Velasco. Credeteci, è lui l'uomo nuovo del ciclismo spagnolo, è lui che potrà raccogliere l'eredità di Miguel Indurain, è lui che farà entusiasmare i sudditi di re Juan Carlos nei prossimi anni.
Oggi ha vinto a Les Paccots con la naturalezza di chi non sta facendo niente di straordinario. È rimasto coperto nel gruppo a cui Cunego stava tirando il collo, poi è uscito nell'ultimo chilometro per andare a prendere Piepoli, che stava già assaporando la vittoria di tappa, e l'ha superato in tromba a un passo dal traguardo; non solo aggiudicandosi la pur importante frazione, ma mettendosi anche in prima fila per il successo finale al Giro di Romandia.
Resta la cronometro di domani, e Contador lotterà con il redivivo Botero, che ha 16" di vantaggio in classifica, per il momento. Difficile che il giovane madrileno riesca a recuperare tanto, in 20 km di prova contro il tempo, ad uno che fu anche campione del mondo a cronometro, nel 2002. Era un altro Botero, quello, ma è pur vero che il colombiano ha dato segni importanti di rinascita.
Da tutto questo discorso resta tagliato fuori Cunego. Purtroppo, diciamo. Il veronese, che ha pagato 21" in appena 3,4 km nel prologo, neanche in un'allucinazione generale potrebbe difendere i suoi 3" di margine su Botero, e sarà molto difficile che respinga l'assalto di Contador, che gli è dietro di 19". Diciamo che, se va bene, può giocarsela con Menchov per il terzo gradino del podio. Niente di grave, visto che, comunque vada domani, Cunego chiuderà il suo Romandia con il lusinghiero bilancio di una tappa vinta (la più dura) e di un giorno in maglia gialla. Questi risultati nessuno potrà toglierglieli. È anche vero che, se la crono è il regno degli specialisti, i prologhi lo sono ancora di più. E quindi non è pensabile che Damiano riesca a perdere oltre 6" al chilometro (come successo a Ginevra martedì) dai più affinati pedalatori contro il tempo. Conterrà il danno, ma nonostante ciò l'obiettivo ragionevole, per lui, sarà salvare il posto sul podio.
Ma torniamo a Contador. L'anno scorso, di questi tempi, il ventiduenne di Manolo Saiz non combatteva contro Cunego e Botero, ma contro la morte. Vittima di un gravissimo incidente in bici, ebbe problemi alle vertebre, alla testa, pure al cuore. Era, come si suol dire, più di là che di qua. Si suol dire anche che "non si sapeva se si sarebbe rimesso in piedi, figurarsi pensare a un suo ritorno da vincente in bicicletta". Di luogo comune in luogo comune, siamo qui a raccontare l'ennesimo lieto fine che il ciclismo riserva a tanti suoi sfortunati protagonisti. Contador ha ripreso a vivere, e poi a pedalare (sempre che le due cose possano essere disgiunte, nelle vite di questi ragazzi). Poi, quest'anno, a gennaio, ha pure ripreso a vincere, in Australia (al Tour Down Under), riprendendo un discorso iniziato e subito interrotto il 14 settembre 2003, data in cui aveva conquistato il suo primo successo, al Giro di Polonia, in una crono (manco a dirlo). Al Down Under si è invece imposto su un arrivo in salita. Su tutti i terreni, insomma. Poi le cose hanno preso ad accelerare, e il bravo Alberto ha dato prova di sé alla Settimana Catalana, corsa di una certa importanza che lui ha conquistato con il contorno di una tappa, ancora arrivo in salita. Ai Paesi Baschi ha segnato un altro 1 in schedina, stavolta contro il tempo. Universale, è universale. Vedremo se maturerà il giusto e quando ciò avverrà.
Alle spalle di Cunego, Garzelli dimostra di non essere proprio da buttare via. Il problema è che se fa bene nelle tappe pianeggianti, o sugli arrivi in salita non durissimi, e si difende nelle crono, ma poi va in barca quando le pendenze aumentano, i conti non tornano comunque. La sua macchina deve essere messa a punto, ha una settimana per lubrificare, e poi un'altra settimanella, a Giro in corso, per il rodaggio. Se c'è, se non si abbatte, può sperare di venir fuori bene da Lamporecchio in poi. Savoldelli invece, dopo un brillante inizio di Romandia, non ci ha riempito gli occhi. Ma onestamente, visti i due anni che ha passato, ci veniva comunque difficile metterlo tra i pretendenti al successo rosa. Cioni ha dato segni di ripresa, tra lui e Garzelli ci dovrà essere mutuo soccorso, comunque, perché Cunego sta dimostrando di pedalare in maniera diversa, più felice. Felice come non può che essere Fertonani, che si reinventa punta di diamante della Domina Vacanze e promette una gran mano a Honchar, da Reggio Calabria in su. Sempre se le gerarchie non verranno sovvertite in corsa.

Marco Grassi    




La tappa di Anzère: Cunego, il ritorno del campione
La pausa caffè di Damiano Cunego è finita. Che tutti lo sappiano, che tutti se ne rendano conto, che tutti facciano bene i propri conti. Ad Anzère il veronese ha fatto la prova generale, ed è stato un gran bel provare. Sei chilometri sei di forcing per mettere alla frusta un gruppo che forse lo aveva sottovalutato, o forse si era dimenticato di cosa è capace il Principino quando si mette di buzzo buono.
A dire il vero una larga parte di quel gruppo che oggi ha sofferto i colpi di Cunego era di fronte ad una primizia assoluta. Finora all'estero non c'era una chiara percezione della forza di Damiano, che fuori dai confini d'Italia aveva vinto sì, ma lontanissimo, in Cina; mentre relativamente alle gare più classiche del ciclismo occidentale, le sue comparsate erano state sempre in chiaroscuro.
Alla Vuelta dello scorso anno era partito con buoni propositi, poi era stato tagliato fuori dai giochi importanti da troppi spagnoli troppo in forma; poi si rifece con gli interessi nel Giro di Lombardia. Quest'anno, stessa minestra: nelle fresche classiche ardennesi era stato sì sempre nel gruppo dei primi, ma senza squilli che lo mettessero in luce. Ecco subito qualche ululato, di chi dimentica in primis l'età giovane di Cunego, e poi (soprattutto, si direbbe) i suoi obiettivi, che non si fermeranno al Giro. Finora era ancora troppo presto per vedere il vero Damiano all'opera. Azzardiamo, anzi: è tuttora troppo presto. Non nel senso che il campione della Lampre ha sbagliato la preparazione; ma semplicemente perché lui è capace di vincere anche se non è al massimo (rivedere il Lombardia 2004, per chiarimenti). No, non è proprio al massimo, sennò ad Anzère sarebbe arrivato da solo. Ma quel che ha fatto, quei 6 chilometri per scremare il gruppo da troppi presunti capitani di ventura, già basta per far capire la pasta dell'uomo e del corridore, anche a chi non lo conosceva, e sottovalutava la corsa rosa.
Della truppa a ranghi ridotti che ha chiuso il minitappone con Cunego, qualche conferma e qualche sorpresa, come è giusto che sia. La conferma numero uno è Menchov. Da qualche anno al russo si preannuncia un futuro da vincente, lui non ha fatto niente per smentire gli aruspici, anche se il suo non è un nome che mobiliti le folle (per il momento). La Rabobank, mandando in fuga Dekker e Posthuma, lasciava intendere che Menchov volesse provare l'attacco buono. Peccato che la tempistica sia stata un po' gestita a casaccio, e quando è iniziata la corsa di Denis, quella dei sue due volenterosi compagni era già finita... Ma non tutti hanno un Martinelli sull'ammiraglia e un ticket Mazzoleni-Tonti nel motore (cfr. Giro 2004, Falzes)
Altra conferma è Beltrán, peccato che il Discovery al Giro non ci sarà (è troppo utile per Armstrong al Tour, non può certo stancarsi in una gara di prestigio tanto scarso che l'Uci le riconosce un punteggio del 15% inferiore a quello della Grande Boucle). Le mezze sorprese sono Botero e Atienza. Il primo perché erano anni che non si vedeva a simili livelli, e già alla Liegi gli avevamo visto fare cose egregie. Il secondo perché al Giro avrà l'occasione della vita, potrà curare un po' di classifica insieme a Bertagnolli, e qui al Romandia sta dimostrando di poter valere nella Cofidis l'ottimo collega italiano.
Allegra sorpresa è Fertonani, che è stato sempre nel gruppetto di Cunego, per mollare un po' solo nel finale. Forse è stata solo una giornata di grazia del genovese, o forse il segno che può puntare a qualcosa in più che qualche fuga suicida nelle tappe interlocutorie. Sia come sia, saranno contenti i suoi tanti fan, che trovano nuovi stimoli per votarlo in massa come favorito del Giro d'Italia (per la gioia di Bulbarelli) nei sondaggi-televoto che la Rai propinerà al suo pubblico (si sa, c'è l'euro signora mia, con il solo canone non arriviamo al 27 del mese, dobbiamo trovare altre fonti d'entrata...).
Veniamo al capitolo grigio. Non diciamo nero, perché i colori possono ancora prendersi il lusso di essere non del tutto definiti, a una settimana dal Giro e ad almeno due dall'entrata nel vivo della corsa rosa. Cioni si è visto in testa al gruppo ad un certo punto dell'ultima salita, poi è naufragato ingloriosamente fino a rotolare a 8'50" dal vincitore. Dovrà fare Giro e Tour, anche lui ha la scusante della preparazione a lunga gittata, evitiamogli la croce addosso per il momento. Qualche perplessità la suscita invece Garzelli. Avresti detto che finiva la tappa se non coi primissimi almeno a ridosso, e invece per trovarlo bisogna scorrere l'ordine d'arrivo fino al 32esimo posto, a 4'55" da Cunego. Dov'è il guadagno nell'intascare 3" di abbuono il giorno prima a un traguardo volante, per poi perderne 305 (bonus compreso) il giorno dopo, per di più su quello che sarebbe il suo terreno?
10" meglio di Garzelli ha fatto Savoldelli, che però ha almeno l'alibi di essere reduce da 280 infortuni, e quindi qualche alto e basso va perdonato; 5" più dietro è invece arrivato Frigo, sempre più enigmatico. Tra gli stranieri le debacle si sprecano. Valjavec, punta Phonak al Giro, si salva (11esimo a 1'07"), il suo compagno Pereiro scivola a 1'50" ma in classifica può ancora ambire a un posto nei 10. Maluccio Sinkewitz e Thomas Dekker (a 4'10"), malissimo Mancebo (per lui una sveglia di 13'46", ma da qui al Tour potrà recuperare qualcosa), malinconico Beloki, che invece dovrebbe essere almeno decente al prossimo Giro, e invece è ancora qui a prendere un distacco di 18'29"; lontano dal top McGee (a 21'37"), incommentabile Aitor González a 24'21". Giustificazione permessa: chi dovrà fare la corsa rosa potrà avere qualche giorno per carburare, nelle prime tappe del Giro; e di solito le prime salite vere (quali quelle odierne erano) qualche sconquasso lo provocano. Senza che questo presupponga verità già dogmatiche.

                                                                                                       Marco Grassi    




La tappa di Fleurier: Dietro a Petacchi il nuovo che avanza
Ma come, si è appena ritirato Cipollini, Petacchi ha davanti a sé almeno due o tre stagioni in cui potrebbe essere l'unica stella polare dello sprint, senza dover dividere con nessuno il podio del più amato e invidiato, e già ci mettiamo a fare i conti per vedere di trovargli qualche erede? Proprio così; perché così va la vita, e così va il ciclismo. Il ciclismo è uno sport profondamente radicato nel passato, ma costantemente proiettato al futuro. Un corridore non fa in tempo a vincere una corsa, che già ci si chiede se ne potrà vincere un'altra, se potrà ripetersi, migliorarsi, superarsi.
Petacchi ha stravinto la Sanremo? Poche ciarle, c'è un Mondiale a Madrid da portare a casa. (È solo il primo dei 7mila esempi che ci vengono in mente). Allo stesso modo, il ciclismo offre la spasmodica ricerca del nuovo protagonista. Abbiamo un Cunego che ha conquistato il Giro a soli 22 anni (e subito ci chiedevamo se un giorno avrebbe potuto vincere il Tour...), ma non ci basta, e allora scandagliamo il mondo dei giovani, per intuire se questo o quello fra un anno o due potranno dare del filo da torcere a Damiano, e magari scalzarlo e prenderne il posto.
Qui, nel pianeta volate, c'è particolare fame di novità. Intanto perché Cipollini è una figura talmente ingombrante (in senso buono) che, una volta che si sposta, lascia un enorme spazio vuoto. E poi perché dietro a Petacchi non c'è un grande ricambio. Implosi i Quaranta, sfiatati i Furlan, incompiuti i Cadamuro, invecchiati gli Zanotti, sono venute a mancare le alternative allo spezzino. Il quale, a onor del vero, fa di tutto per dimostrare che non ne avremmo bisogno, di queste alternative. Ma in ogni caso è bene che ci siano.
Daniele Colli e Mirco Lorenzetto rappresentano un paio di queste belle e sfreccianti novità (non le uniche, pensiamo a Grillo per esempio). Il ventiduenne di Rho, secondo oggi a Fleurier, è fresco reduce da un terzo posto nell'ultima tappa del Giro del Trentino. Ma mentre lì non c'erano grossi velocisti, e quindi a un piazzamento si poteva ambire con qualche ragione di riuscita, qui in Svizzera qualche velocista di grido è presente. Quindi il secondo posto di oggi è doppiamente positivo, e triplamente se si considera che solo Petacchi ha fatto meglio di Colli. Che peraltro non è uno sprinter puro, quindi i suoi limiti sono tutti da conoscere, e sarà affascinante scoprirli.
Lorenzetto è solo di un anno più grande di Colli. Professionista già dal 2004, nella scorsa stagione militava nella piccola De Nardi, fatto che non gli ha impedito di ottenere un secondo e un quinto posto al Giro di Catalogna, e un quarto e un sesto alla Tirreno-Adriatico. Nel 2005, con Stanga, è confluito nel Pro Tour, e anche quest'anno si è messo in luce in una tappa della Tirreno. Insomma, non si tira indietro anche quando le gare sono importanti e la concorrenza di rilievo.
Stefano Garzelli, da parte sua, continua ad essere molto molto attivo. Oggi ha sprintato su un traguardo volante, sembra in grande spolvero, ma per avere la misura del suo status bisognerà attendere domani (sarà banale ma è così). Garzelli è la punta dell'iceberg italico, insieme a Savoldelli che aveva già dato belle prove nei primi due giorni. Sotto la cenere, però, qualcosa cova. Sarà Cunego, che finora è andato benino ma non benissimo (ma rispetto a un anno fa deve scontare due fattori: ha partecipato a gare più difficili e con una concorrenza di livello elevato; e la sua preparazione è finalizzata ad un periodo più lungo, comprendente anche il Tour a luglio), a cercare una zampata? O si farà vedere nelle zone alte Cioni, che nel 2004 ottenne proprio al Romandia un quinto posto che fu viatico di uno spettacolare finale di primavera (fu quarto al Giro d'Italia e terzo a quello di Svizzera)? Tutto questo, e molto altro ancora, sulla strada che porta ad Anzère, domani pomeriggio.
Non ha più la maglia di leader Oscar Pereiro, che si è dovuto infine arrendere alla prepotenza sportiva di Petacchi. Oggi la Spagna ha sperato a lungo con Landaluze, autore di una bella fuga sfumata solo nel finale. Domani bisognerà vedere quale delle tante punte iberiche sarà più convincente sulle tre salite della terza tappa. Pereiro pare comunque quello più solido, e può contare su una squadra che finora ha letto bene la corsa e si è ben comportata anche con gli altri componenti. La Liberty Seguros, però, con Heras, Beloki e soprattutto il giovane Contador, ha più appeal di tutti. Vedremo se lo tramuterà in moneta sonante, o se il tutto rimarrà al livello di letteratura d'appendice.

Marco Grassi    




La tappa di Avenches: Petacchi non va mai in vacanza
E no, quando c'è da fare una volata, Alessandro Dinamite è sempre pronto a dire una parola buona. Ma questo successo di oggi ha un sapore tutto speciale. Perché arriva poche ore dopo l'annuncio di Mario Cipollini, che a sorpresa ha deciso di ritirarsi prima del Giro, lasciando a Petacchi tutto il proscenio. Il tanto atteso confronto tra i due più grandi sprinter degli ultimi anni va così a farsi friggere, e in Rcs non saranno felicissimi, visto che viene a mancare uno dei nomi scritti in grande sul cartellone di presentazione della corsa rosa.
C'è però il ragionevole sospetto che ad Ale Jet, Cipollini o non Cipollini, le cose cambino poco. Indiscutibile il fatto che per lo spezzino la presenza di SuperMario significherebbe un po' di pressione in più. Ma sugli ordini d'arrivo non crediamo che ci sarebbero grosse differenze, perlomeno per quel che riguarda le primissime posizioni delle volate.
E sì, perché Petacchi c'è solo da guardarlo: in diretta o in registrata, l'avete vista la volata di Avenches? Una volta di più s'è tolto dalla ruota tutti i rivali, parola che fatichiamo a usare in questo contesto: perché la rivalità presuppone una condizione almeno parzialmente paritaria, invece qui di parità non si vede neanche l'ombra. Petacchi è di un altro pianeta, ora potrebbe accontentarsi e aspettare quieto il Giro, invece ha già messo gli occhi sulla tappa di domani, che pure è parecchio mossa. Ma ormai Alessandro non ha più paura di niente, e un'altimetria spiritosa magari lo mette pure di buon umore.
Intanto Garzelli continua a riscoprirsi un uomo nuovo. Dopo aver sorpreso a cronometro nel prologo, il varesino ha messo una zampata anche nella volata, portando a casa un non disprezzabile quarto posto. Sappiamo bene che il vincitore del Giro 2000 è discretamente veloce, ma da qui a vederlo quasi lottare per il successo al cospetto di Petacchi ce ne vuole. Se questi risultati sono il segno di una rinnovata voglia di esserci, di combattere su ogni traguardo, ad ogni occasione, ben vengano. Se sono la spia di una poco utile diversificazione di specializzazioni, una di quelle operazioni che snaturano un corridore, siamo nei guai. Ma siccome l'ottimismo è il profumo della vita, e la primavera induce a fare pensieri gioiosi, vogliamo credere che l'ipotesi valida sia la prima.
Di fantasia, del resto, Garzelli (e Savoldelli, anche lui protagonista di questo avvio di Romandia) dovranno averne, perché paiono un gradino sotto la terna dei sogni Cunego-Basso-Simoni (in ordine crescente d'età). E quindi non dovranno lasciarsi sfuggire qualsiasi opportunità possa presentarsi loro per sorprendere la trinità. Il percorso del Giro 2005 viene loro in aiuto, con diversi finali particolarmente adatti ad allunghi, imboscate e imprese simili. Sta a loro: crederci, innanzitutto, e poi provarci.
Oscar Pereiro (potrebbe diventare il titolare della chiusura di questa rubrica) per esempio ci ha creduto. Ed è andato a prendersi un abbuono di 2" ad un traguardo volante. Quisquilie? Macché, sono proprio quei due secondi a tenere lo spagnolo in sella al Romandia, alla testa della classifica, perché Petacchi, col suo balzo-bonus da 10", è piombato lì davanti con fare da Terminator (no González Jiménez non c'entra niente). Molto attento, il ragazzo Pereiro: è del tutto cosa certa che abbia fatto la corsa sull'eventuale facile vittoria di Petacchi. E siccome è bravo a far di conto, ha visto che proprio 2" gli servivano per mettersi al riparo; ed è stato bravo a conquistarli. Petacchi, che da meno 8" si trova ora appaiato a Pereiro con lo stesso tempo, domani ha la sua ultima chance per scavalcarlo. Poi saranno montagne.

Marco Grassi    




Il cronoprologo: sorpresa Savoldelli, conferma Pereiro
Qui c'è la mano di Faust. Dopo aver battuto il record di cadute, fratture e guai fisici di ogni genere sulla durata di due anni, Paolo Savoldelli è tornato finalmente al ciclismo di vertice in una veste del tutto inattesa: da scalatore discreto e discesista folle, il Falco si è ripresentato coi connotati nuovi del cronoman. Un cronoman capace di sfiorare la vittoria in un cronoprologo, non di una corsa da quattro soldi, ma del Giro di Romandia.
È vero che di preparazione al Giro d'Italia si tratta, ma la gara svizzera ha una sua decennale dignità, tanto che fa parte del Pro Tour e che non mancano corridori che la eleggono a obiettivo stagionale (bisogna andare a pescare, ovviamente, tra gli svizzeri). Ebbene, Savoldelli, fin qui tra i più gloriosi oggetti misteriosi di stagione, ha esibito una scintillante prestazione, superata soltanto dall'ultimo corridore arrivato al traguardo, e solo per la miseria di 23 centesimi di secondo.
Il patto faustiano, quindi: "Io ti do due anni di disastri, e in cambio tu mi rendi volante a cronometro". Così è stato, almeno in apparenza. Non bisogna prendere per oro colato quando emerso dal prologo di Ginevra, questo è ovvio. Ma fa un certo effetto vedere Savoldelli lassù, davanti a specialisti del calibro di McGee. Evidentemente la preparazione della Discovery, molto accurata sul versante crono (vedi i risultati globali della squadra di Armstrong negli ultimi anni, anche se prima si chiamava Us Postal), ha dato effetti palesi.
Non è solo Savoldelli a incuriosire e sorprendere. Perché alle sue spalle si piazza un altro corridore non proprio avvezzo all'esercizio contro il tempo: Stefano Garzelli, anche lui ambizioso nei confronti del Giro d'Italia, anche lui poco visto fino a questo Romandia. Che se ne stesse nascosto, o che stesse perseguendo un ottimo avvicinamento alla corsa rosa, fatto sta che anche Garzelli ha sfornato una prova esaltante e sorprendente. Ha staccato pure lui McGee (ma solo di 8 centesimi, mentre Savo ha dato 4" a entrambi), e ovviamente si propone, nell'immediato, come favorito per il Romandia. Fossimo in loro, in Paolo e Stefano, penseremmo all'oggi e cercheremmo di conquistare questa bella corsa elvetica. Poi, al resto, ci si pensa dopo.
Essendo in Svizzera, chi doveva esaltarsi se non la Phonak? Ammessa per il rotto della cuffia al Pro Tour, ha vivacchiato fino ad oggi, ma a Ginevra ha messo al primo posto l'ottimo Oscar Pereiro, che ha regalato un finale da brividi. Nelle prime posizioni stazionano anche Moos (l'unico padrone di casa che potrebbe sperare nel colpaccio finale) e Tschopp, a completare uno schieramento che battaglierà nei prossimi giorni con la Liberty Seguros, scesa nella Svizzera francofona in formazione-monstre (con Heras, addirittura), e con questi begli italiani di fine aprile.
Oscar Pereiro di suo ci mette una solidità invidiabile; lo spagnolo è davvero un ottimo corridore, in crescita, va bene a cronometro e in salita si difende. Ha ancora 27 anni (28 ad agosto), l'anno scorso è stato decimo al Tour de France, due anni fa 17esimo alla Vuelta, tre anni fa 11esimo al Giro e 30esimo alla Vuelta. È lì lì per esplodere, e sa anche piazzarsi a ridosso dei primi nelle classiche (11esimo all'ultima Freccia, 20esimo alla Liegi). È uno di quegli atleti che ci piacciono, che non si inventano exploit improvvisi destinati a cadere presto nel dimenticatoio, che fanno seriamente il loro mestiere e che non ci dispiacerebbe affatto vedere, in un futuro prossimo, lottare per il podio in un grande giro, risultato che sarebbe in sintonia con la graduale crescita fin qui evidenziata. L'unico rammarico, per il momento, è che difficilmemte lo vedremo al Giro d'Italia. Gran bel rammarico, sì.

Marco Grassi    


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22/May/2016 - 23:39
Il Tour of Bihor si chiude nel segno dell'Androni Giocattoli-Sidermec: tappa a Marco Benfatto, generale a Egan Bernal

22/May/2016 - 23:20
Women's Tour of California: gioie finali per Kirsten Wild e Megan Guarnier. Le altre corse: ok Bertizzolo e Lepistö

22/May/2016 - 22:44
Velothon Wales, Thomas Stewart supera Rasmus Guldhammer e Ian Bibby

22/May/2016 - 22:24
Dilettanti, ulteriori vittorie per Nicola Bagioli e Riccardo Minali alla Due Giorni Marchigiana

22/May/2016 - 22:22
Scatta l'An Post Ras: la prima tappa va all'olandese Taco Van der Hoorn grazie ad un colpo di mano