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Petacchi, che magia! - Fantastico sprint, Sanremo ad Ale

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Piange, piange come un vitellino Alessandro Petacchi, dopo aver regalato al mondo un'impresa magnifica, uno sprint di una bellezza selvaggia, sbattuto in faccia a tutti quelli che non ci credevano, e a tutti quelli che ora dietro, molto dietro la sua ruota, speravano di poterlo sopravanzare sul rettilineo di via Roma.
Petacchi ha vinto la Milano-Sanremo, la sua prima classica monumento, la controprova che gli mancava per dimostrare a tutti che lui è un campione di quelli veri, e non "solo" un cacciatore di tappe nei grandi giri. La Parigi-Tours 2003 e la Sanremo 2004 gli avevano appiccicato addosso un'etichetta fastidiosa, di quello che non regge oltre una certa distanza, oltre i 250 chilometri. In effetti c'era una parte di verità; e allora Alessandro, anziché accontentarsi, anziché chiudersi a riccio sulle sue convinzioni, si è messo sotto, ha perso 3-4 chili, ha trovato una nuova dimensione che gli permette di essere competitivo anche sulle salitelle, di non soffrire eccessivamente quando la strada si impenna, e di saper mantenere poi quella brillantezza che gli permette di lanciare i suoi bellissimi sprint.
Ha avuto ragione, le cose sono andate proprio come lui se le era prefigurate, ha alzato le braccia e ha urlato nel modo in cui aveva sempre sperato, tirando fuori tensioni e pressioni covate lunghi mesi, maturate nelle 7 ore della corsa, ed esplose meravigliosamente nel grido espresso sotto lo striscione.
Mesi di sacrifici hanno prodotto il capolavoro cui tutti abbiamo potuto assistere. Sacrifici necessari perché nessuno regala niente, men che meno in gruppo, e le fortune bisogna sapersele costruire con le proprie mani.
Nel pianto irrefrenabile di Alessandro, dopo il traguardo, c'è anche l'evidente bisogno di scaricare tutti i dubbi che il ragazzo può essersi portato dietro: un carattere naturalmente predisposto all'understatement, al basso profilo, alla modestia. Ha dormito poco, la notte precedente, sicuramente sarà stato lì a macerarsi: "La strada è quella giusta? Avrò preparato tutto bene? Sto inseguendo una chimera?". Sì, sì, no. Queste le risposte che ci regala la 96esima Milano-Sanremo.
Una corsa abbastanza prevedibile fino alla Cipressa, con la più classica delle fughe-fiume, cinque bei corridori all'arrembaggio sin dal km 33: Simeoni, paladino di tutti i perdenti che non si rassegnano alla (spesso) ingiusta legge del più forte; Casper, doti da velocista, in parte incompiuto come tutti i francesi della sua generazione, e allora spinto a tentare l'inosabile, meglio in fuga per 5 ore che 15esimo al traguardo; Santambrogio, giovane appena ventenne alle prime esibizioni che contano in un ciclismo che tra qualche anno potrebbe annoverarlo tra i grandi protagonisti; Isasi, spagnolo esponente di quella terra d'orgoglio e passione che sono i Paesi Baschi; Righi, una vita da mediano eppure la capacità di sognare, di mettersi in discussione, di andare a dare un senso alla giornata di una squadra, la Lampre, orfana di tanti campioni.
Dietro ai cinque, due ritardatari dell'avventura, ovvero Salomone e Bucciero, partiti dopo di loro e mai raggiuntili; e poi il gruppo, dapprima sonnacchioso e poi, dopo il Turchino, scatenato all'inseguimento. I tre Capi, come ormai succede da decenni, non hanno fatto né caldo né freddo ai migliori.
È allora la Cipressa il Moloch (in minore) che chiama alle armi i combattenti; prima di aggredirla, una caduta ha spezzato in due, tre, quattro parti il gruppo, ma i forti erano tutti davanti. La Panaria senza Grillo prova alcuni passi di danza sulla salita, bello il tentativo di Mazzanti, interessante quello di Tiralongo, tardivo, in cima, quello di Sella. Si sono passati il testimone, i tre arancioni di Reverberi, ma il gruppo degli scatenati Fassa non ha lasciato spazio; e Petacchi era sempre lì, davanti, a guardarsi intorno e a buttare l'occhio oltre, all'ostacolo successivo.
Celestino che fa le prove in discesa, poi l'assolo, bellissimo, di Paolo Bettini.
Assolo perché anche se poi su di lui è arrivato Kashechkin, tutto il peso dell'attacco è rimasto sulle spalle del Grillo, che da solo, nonostante doti lontane da quelle del passistone, ha scavato la roccia, portandosi a mezzo minuto sul gruppo. Si son dovute mettere due squadre intere a tirare insieme per smorzare il fascino di quel tentativo estemporaneo, inatteso, fantasioso, partito in un punto in cui nessuno lo aspettava, eppure un punto rivelatosi poi assai intelligente: alla fine della discesa, quando le squadre si riorganizzano, quando c'è un attimo di tregua e magari di distrazione.
E infine il Poggio, monumento al futile, salita che dovrebbe lanciare attacchi decisivi ma che ormai non lancia un bel niente; in una classica da velocisti - ciò che oggi è diventata la Sanremo - è solo un fastidio in più per la categoria, che deve sudare oltre il necessario per arrivare al premio, la volata finale. Ci prova ancora Celestino, ma non fa il vuoto, ne fa meno di prima, ci sono Pellizotti, Rebellin, Valverde, Merckx, Kirchen con lui, ma il gruppo non dà tregua.
La Fassa Bortolo è stata brava, forse meno che in altre giornate; ha dovuto chiedere aiuto alla Rabobank per riprendere Bettini; poi lo sprint poteva essere preparato meglio. Alla fine si ritrova Sacchi davanti a tutti, Bettini in seconda e Petacchi in terza ruota. Che rischio, ragazzi! Bettini si accorge di non avere alle sue spalle Boonen, che lui piloterebbe con una generosità mondiale alla volata, ma Petacchi. E allora si sposta, lascia fare.
Mancano ancora 300 metri all'arrivo, oddio, sta a vedere che tutto salta, che ci cade tra capo e collo il disguido fatale, che i meccanismi, per solito oliati a puntino, stavolta stridono e fanno un dannato attrito tra l'uomo e il suo sogno.
L'incertezza è un attimo. L'attimo più bello di tutti, quello in cui, come se fossero allineati a immaginari blocchi di partenza, Petacchi, Freire, Hondo, Hushovd, O'Grady, Gilbert sono tutti lì, il traguardo di fronte, vicino che quasi lo si può prendere con le mani, in attesa che succeda quel che deve succedere.
L'incertezza è un attimo, sì, ma svanisce subito nei pensieri e nei gesti di Alessandro, che, sia quel che sia, decide di partire, una volta e per sempre. "Se sono lungo pazienza", forse questo pensa, quando scarica tutto se stesso sui pedali, e la scarica è tale che nessuno riesce ad accodarsi, a prendere la scia, a dare un segnale altrettanto spettacolare. Freire, lo spauracchio fattosi carne e sangue alla Tirreno, si perde in un bicchier d'acqua. Incapace di azzannare il destino come sta facendo in quel momento il rivale, viene tradito da un attimo di troppo di attesa. Quali eventi stai aspettando che si evolvano? Niente, è in trance, non parte, non pedala, si ricorda di avere due gambe e un cavallo di ferro quando Petacchi è già lontano, troppo lontano. Allora sì, scatta anche lui, rimonta qualche posizione ma il sonno che si è appena fatto lo ha estromesso dal podio.
Hondo onora la rima del suo cognome, Hushovd fa giustizia dei risolini che circolavano intorno alle sue ambizioni (ma come, uno con quella stazza adatto alla Sanremo, alla Cipressa, al Poggio?); O'Grady conferma la sua bravura ma anche la sua essenza, che non è quella del fuoriclasse; Freire è quinto e mastica amaro, Boonen è ottavo e un po' chiuso allo sprint, incapace di aver sfruttato il lavorone di Bettini, essendo rimasto addirittura al vento per qualche metro, prima che lo sprint venisse lanciato: ne devi fare di esperienza, bimbo.
Cipollini, l'assente è lui: in posizione eccellente fino all'ultima curva, poi s'è spenta la luce e buonanotte ai suonatori. Non l'ha neanche accennato, lo sprint. Aveva già dato tutto, ha capito che non ce n'era, e ha preferito la resa onorevole alla sconfitta bruciante. Ma in fondo SuperMario i suoi giorni di magia li ha già vissuti, tre anni fa come ora. È cosciente che l'orologio non gira al contrario, e ha rivelato, alla fine della corsa, che questa è stata la sua ultima Sanremo: non ci sarà un altro anno, dopo il 2005, per il Re Leone sui pedali. È un po' crudele, ma è giusto che adesso i cicli vitali dello sport ci propongano un nuovo, grande, umano, bravissimo campione da amare.

Marco Grassi

Le pagelle della Milano-Sanremo 2005
Petacchi - 10
Se lo merita tutto, questo 10. Tiene benissimo in salita, tanto che riesce praticamente sempre a stare nelle prime posizioni, sia sulla Cipressa che sul Turchino. Fa affidamento sulla squadra, che alla prova dei fatti non lo tradisce, ma poi alla fine la responsabilità dello sprint è sua: e lui se la sa prendere fino in fondo, partendo prima del previsto ma sciogliendosi in una progressione magnifica, che non lascia spazio a repliche da parte di nessuno. 
Bettini - 8
Che non fosse al meglio lo sapevano tutti, che potesse dare ugualmente un'impronta forte alla Sanremo 2005 lo immaginavano in pochi. Eppure, facendo ancora una volta leva sulla sua inesauribile fantasia, questo impagabile scricciolo ha dato vita ad un attacco a tratti entusiasmante, serbando nonostante ciò le energie sufficienti per lanciare Boonen allo sprint, causa a cui si è votato con abnegazione dopo aver giocato senza fortuna le sue carte. Peccato che il giovane belga fosse intruppato in posizioni di rincalzo.

Sacchi - 7.5
Petacchi gli ha dedicato la vittoria, lui ha fatto un gran lavoro di preparazione e di ricucitura, poi è stato splendido nel lanciare la volata. Non è colpa sua se i movimenti della Fassa in quel momento si erano un po' inceppati.

Hondo - 7
Piazzamento di prestigio che conferma un momento abbastanza positivo per lui, e che lo lancia in chiave nazionale come uomo veloce per il Mondiale di Madrid, visto che Zabel è un fantasma.

Hushovd - 7
Aveva detto che avrebbe provato a vincere, ha concluso al terzo posto, ma può essere ugualmente soddisfatto: non è uno sprinter puro, e con specialisti come Hondo e soprattutto Petacchi non poteva fare molto di più.

Kirchen - 7
Sveglio e pronto a chiudere ogni buco, a parte Bettini ha inseguito ogni avversario che potesse impensierire il capitano Petacchi, spuntando nel primo gruppo anche nella discesa dal Poggio. In un'altra squadra avrebbe giocato da battitore libero.

Pellizotti - 6.5
Lesto a mettersi dietro a Rebellin e Celestino allo scollinare del Poggio, e poi bravo - lui che velocista non è - a risicare il nono posto al traguardo.

Simeoni - 6.5
Voto da estendere a Righi, Isasi, Santambrogio e Casper: bella la fuga da lontano, hanno ricoperto con coraggio ed entusiasmo un ruolo che non è mai facile.

Ongarato - 6.5
Si sobbarca gran parte dell'inseguimento a Simeoni e compagni. Gregario al cubo, perfetto esponente di una squadra tanto unita al suo capitano da piangere con lui tutta in coro, per l'emozione, dopo il traguardo.

Panaria - 6.5
Ha onorato la corsa preparando e compiendo i suoi attacchi sulla Cipressa. Mazzanti, Tiralongo e poi Sella hanno dato il loro contributo, ma il terreno era sfavorevole.

Naturino - 6.5
Bella prova, i giallobianchi di Santoni hanno saputo essere in prima linea in tutti i momenti rilevanti (tranne che al traguardo).

Cipollini - 6
Coi migliori fino alla fine, in ottima posizione all'ultima curva. Poi ha gettato la spugna, con grande dignità, e incoronando con le sue dichiarazioni il suo erede Petacchi.

Celestino - 6
Ci si aspettava una maggiore efficacia nei suoi assalti. Ha provato scendendo dalla Cipressa, ma poi è nella picchiata dal Poggio che non ha fatto quella differenza che gli sarebbe valsa qualche chance di vittoria. Comunque è stato di parola, ha attaccato.

O'Grady - 6
Al momento giusto si fa trovare al posto giusto. Forse qualche anno fa avrebbe raccolto qualcosa in più, ma il quarto posto, ora come ora, è perfettamente connaturato al suo status.

Ascani - 6
Si è messo in bella evidenza in diversi momenti, mettendosi in testa al gruppo sulla Cipressa.

Sella - 5.5
Uno dei giovani più attesi. Si è fatto in effetti vedere in cima alla Cipressa, ma ha sbagliato in pieno il momento dello scatto, effettuato su un falsopiano, quando la salita era già di fatto finita. Doveva muoversi un po' prima.

Valverde - 5.5
È vero che il suo attacchino l'ha piazzato, seguendo nel finale Celestino e soci; è anche vero che la caduta che ha frazionato il gruppo prima della Cipressa l'ha lasciato senza squadra; ma dal profeta del nuovo ciclismo spagnolo era lecito attendersi qualcosa di più efficace.

Kashechkin - 5
Sperava che Bettini lo conducesse in carrozza in via Roma e gli cedesse la Sanremo con un inchino? Se avesse collaborato di più alla fuga partita dopo la Cipressa, forse staremmo qui a raccontare un'altra storia.

Freire - 4
Forse dover lasciare in albergo la sua amata maglia iridata lo ha penalizzato moralmente. Non ha attaccato sul Poggio, come qualcuno aveva azzardato, ma ha aspettato la volata, puntando forse su una nuova defaillance di Petacchi. Invece ha raccolto le briciole, perdendo l'attimo e facendo, al cospetto dello spezzino, la figura del comprimario.

Boonen - 4
Meno male che era in pole position come possibile vincitore della Sanremo. Ha faticato più degli altri favoriti in salita, e poi ha la grave colpa di aver sprecato il lavoro magnifico di Bettini. Ma è giovane, crescerà.

Zabel - sv
Non ce la sentiamo di infierire, sta vivendo male il declino atletico. Probabile che l'atroce delusione di un anno fa in via Roma non sia estranea al suo tramonto. 
Ma.G.
La chiave tattica

Il sacrificio di Ongarato ha permesso agli altri della Fassa Bortolo di non sprecarsi nell'inseguimento della prima fuga, e di rimanere freschi per il finale. La caduta del km 262 è stato un altro fattore che ha favorito i biancoblù, di fatto eliminando dalla contesa Valverde, rimasto senza squadra (davanti con lui il solo Reynes, che però, essendo un velocista, aveva le sue carte da giocarsi). Chi può sapere se sulla Cipressa o sul Poggio gli spagnoli non avrebbero fatto qualcosa, elevando l'andatura e preparando il terreno per un attacco del murciano?
Il momento topico è stato però quello dell'attacco di Bettini. Il toscano è partito quando nessuno se lo aspettava, e quindi ha un po' colto di sorpresa anche chi avrebbe potuto unirsi a lui e dare sostanza al tentativo. Per dire, nelle prime posizioni c'era Dekker, che avrebbe potuto inserirsi nell'attacco, ma a cui è sfuggito l'attimo. Con un Rabobank in fuga, solo la Fassa Bortolo avrebbe potuto inseguire, e, come si è visto, gli uomini di Ferretti stavano faticando non poco per riprendere i soli Bettini e Kashechkin, e sono riusciti a completare l'inseguimento solo con l'aiuto della stessa Rabobank di Freire.
Può anche essere che, votata interamente alla causa dell'iridato, la squadra olandese non avesse permesso tentativi di altri suoi uomini. Ma in quel punto, con alle spalle la Cipressa affrontata ottimamente da Petacchi, non si poteva sperare che lo spezzino si sarebbe staccato/stancato sul Poggio, e quindi era prevedibile che sarebbe arrivato in condizioni buone allo sprint, rischiando di battere Freire (come poi ha fatto). Costringendo la Fassa ad inseguire alla morte, si sarebbe invece in ogni caso indebolita la posizione di Alessandro, fiaccando qualcuno dei suoi compagni.
L'errore
Diversi errori, il più grave quello di Kashechkin che non ha collaborato molto all'attacco di Bettini. L'italiano era più veloce e in una volata a due avrebbe vinto, ma il discorso è sempre quello: meglio secondo o 50° (posizione occupata alla fine dal kazako)?
Ha sbagliato anche Sella, partito nel punto sbagliato della Cipressa. Domanda: visto che i tre Panaria (Mazzanti, Tiralongo e lo stesso Sella) hanno dimostrato di avere le forze per scattare a turno, che cosa sarebbe successo se fossero partiti tutti e tre insieme, mutuando un po' certe tattiche offensive del Team Csc (che invece ha vissuto una giornata di totale ininfluenza nell'economia della corsa)? 

Ma.G.
Le dichiarazioni dei protagonisti

Petacchi
«È il secondo più bel giorno della mia vita; il primo sarà il 30 maggio prossimo, quando sposerò in chiesa Anna Chiara, dopo il Giro. Oggi ho messo a tacere tante persone che non credevano che ce l'avrei fatta, che dicevano che non tenevo sulle lunghe distanze; ora non devo più dimostrare niente. Quando ai 250 metri Bettini mi ha lasciato allo scoperto, ho creduto che non avrei più vinto. Ma ai 150 metri ho capito che la Sanremo era mia. Ho fatto una cosa grande, sapevo di non essere un corridore modello, e quest'inverno mi sono impegnato per dimagrire, ho fatto dei sacrifici che mi hanno permesso di diventare più completo, di tenere meglio in salita. Ora ho bisogno di un po' di riposo, fin qui sono andato a tutta, non so come continuerà la mia stagione».

Cipollini
«Petacchi è stato molto bravo, so cosa sta provando, questa è la vittoria che lo consacra. Io sono contento della mia corsa, anche se nel finale era impossibile battere Petacchi, con la Fassa Bortolo che ha fatto un lavoro eccezionale. Avevo preso la ruota di Alessandro, ma poi si è inserito Zabel e la mia occasione è sfumata. Per quanto mi riguarda, questa è l'ultima volta che vedo via Roma da corridore». 

a cura di Enzo D'Alesio

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