SiMont-Faron gioia inattesa - Francia, Gibo primo fuori stagione
Prego Tirreno, si accomodi in galleria, perché la platea è oggi tutta per la Parigi-Nizza. A conferma del fatto che gli  organizzatori italiani dovranno cambiare registro dal prossimo anno, arriva la splendida vittoria di Gilberto Simoni sul  Mont-Faron. Una vittoria bella, sudata e meritata, e ottenuta in una corsa vera, non in una sgambata buona per preparare  la classica che verrà.
 Già, la Parigi-Nizza ha una sua dignità autoreferenziale, ci sono fior di corridori che vanno in Francia per vincerla, e  non per affinare la condizione in vista della Milano-Sanremo. E ci sono anche fior di corridori che, anche se hanno  obiettivi spostati più in avanti nella stagione, non disdegnano di dare un saggio delle loro capacità sulle salite della  "Corsa verso il sole", così chiamata familiarmente oltralpe. Simoni è proprio uno di questi corridori. Lui ha il Giro  d'Italia nel mirino, anzi, anche se non si dice perché fa caduta di stile, lui cova desideri di vendetta, nei confronti di  Cunego, ovvero il ragazzo che per tutti rappresenta il nuovo che avanza, e per il "vecchio" Gibo significa invece  l'usurpazione di diritti acquisiti.
 Se la mente è al Giro, la gamba è però a Nizza; e così, scopertosi in giornata positiva, Simoni ha prima traccheggiato nel  gruppetto dei migliori, lasciando sfogare i Merckx, gli Jaksche, i Voigt, ma anche i Valverde e i Vinokourov. Poi, quando  ha intravisto nello scatto di Angel Gómez l'occasione buona per prendere il largo, si è accodato allo spagnolo e lo ha a  sua volta staccato. Con grazia, con leggerezza, con una punta di autocompiacimento, anche.
 L'autocompiacimento di chi ha migliaia di chilometri in meno nelle gambe rispetto ad altri personaggi lì presenti, eppure  quando la strada sale sa sempre dove attingere energie e fantasie che evidentemente o si hanno o non si hanno, e se non si  hanno non si avranno neanche allenandosi il triplo.
 Per la classifica non c'è praticamente niente da fare, ma Gibo non se ne preoccupa. Lui il suo marchio l'ha comunque  lasciato anche alla Parigi-Nizza, dopo aver dimostrato di poter vincere in tutte le più importanti corse a tappe del  circuito. Ciò non vuol dire che si riapre un certo tipo di discorso con la Francia (e col Tour). Ma semplicemente che il  corridore che abbiamo ammirato tante volte in passato è ancora qui, non ha dimenticato come si vince, e quando si tratterà  di fare sul serio bisognerà fare i conti anche con lui. Tra l'altro la cabala dell'anno dispari lo aiuterebbe, lui che ha  vinto il Giro nel 2001 e nel 2003.
 Dopo Simoni, non il diluvio, ma altre simpatiche conferme. Su tutti, Pellizotti, che pedala bene dall'inizio dell'anno, e  che anche alla Parigi-Nizza si sta ritagliando un posto al sole. Sta facendo le grandi prove, visto che quest'anno sarà di  stanza al Tour. Sta capendo che su quelle strade può pedalare allo stesso livello degli altri, e questa sarà una grande  iniezione di fiducia per lui.
 Quanto alla corsa, è ancora presto per stabilire chi vincerà e chi no. Ogni giorno le cose cambiano, Julich è maglia  gialla ma lui per primo ammette che ha avuto fortuna, essendosi trovato ieri in una fuga buona che l'ha portato in  carrozza nelle zone alte della classifica. La questione è: terrà, l'americano, sulle salite dell'ultima tappa? Curiosità  non delle più pressanti: in fondo per soddisfarla non c'è che da aspettare due giorni.
Adrenalina Freire, nuova scarica
Ma che meraviglia questo Freire! Fa sembrare possibile l'impossibile, e fa pensare che quella sui limiti umani, in fondo  in fondo, non sia che una barzelletta. Per il secondo giorno consecutivo Oscarito "Adrenalina" si scarica con tutto se  stesso sugli ultimi 300 metri della tappa, per il secondo giorno consecutivo brucia in dirittura un malcapitato collega,  per il secondo giorno consecutivo vince a braccia alzate, allungando poi pure in classifica.
 Ha il fuoco dentro, Freire, se è vero che va a sprintare anche sui traguardi volanti, tra l'altro vincendo e conquistando  qualche briciola d'abbuono su Petacchi. Mette davanti tutti i suoi uomini, li fa tirare e tirare, e sconsiglia così ai  savi di tentare fughe e allunghi. Quelli che, ostinati, disattendono, vengono annullati in men che non si dica, loro e il  loro tentativo. Talmente superiore, lo spagnolo, da far pensare che forse in questi giorni è già al picco di condizione,  laddove altri (anche Petacchi) danno l'impressione di poter crescere ancora. Se così fosse, la seconda Sanremo se la  sogna, il tricampione del mondo. Vedremo, continueremo a scrutarlo giorno per giorno.
 Ora sono infatti tutti a dire che, altro che Petacchi, altro che Boonen, è lui il vero favorito per la Classicissima.  Oscar tenta di sviare, di indicare col dito questo e quello, ma se continua a fare lo scavezzacollo come in questi due  giorni gli occhi non potranno che essere puntati su di lui.
 A fare le spese dell'esuberanza di Freire è stato stavolta Brochard. Onesto mestierante attraversato, nella sua lunga  carriera, da un giorno di vera gloria (San Sebastian '97, mondiale) e da disastri doping targati Festina. Ma comunque è  ancora in gruppo, e sa sempre il fatto suo: per esempio sa scattare a 700 metri dal traguardo, sa liberarsi della  compagnia di Sella e sa anche che tutta l'azione è più che giusta. A meno che non intervenga la variabile impazzita, che è  sempre in agguato. A Torricella Sicura questa variabile si è materializzata, ancora una volta, nei colori arcobaleno di  Freire.
 Chi tarda invece a farsi vedere è Danilo Di Luca, che su un traguardo a lui amico non ha fatto niente di memorabile.  Invece abbiamo rivisto con piacere mettere il naso fuori Paolino Bettini, che ha effettuato un test d'attacco, prima di  staccarsi di nuovo. "Oggi mi avete solo intravisto", ha precisato il Grillo. Un messaggio bello e battagliero, che ci  conforta parecchio.
Marco Grassi




