Reportage Lampre - Una giornata nel ritiro di Terracina
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Era tanto che aspettavo questa mattina. Da quando con mia somma sorpresa ho letto nell'e-mail di Fernando Cortinovis (addetto stampa della squadra) che non solo avrei potuto passare una giornata con i ciclisti ed i tecnici della Lampre-Caffita, ma che addirittura sarei potuto andare in bicicletta con loro! Confesso in verità di non essere andato spesso (eufemismo) sulle bici da corsa, e le giornate che hanno preceduto stamattina sono state un continuo rincorrere "amici di amici" per tentare di farmi prestare qualche indumento: un casco, delle scarpette, avrei accettato anche dei calzini se mi avessero detto che sarebbero stati utili. Così è stato.
La sveglia è puntata alle 7. Terracina non è lontana da Nettuno, ma gli appuntamenti non sono mai stati il mio forte, soprattutto la mattina. Il ritrovo è alle 9 all'Hotel Fiordaliso, albergo sulla strada che collega Terracina con San Felice Circeo che ha un palmares degno di un Coppi e di un Merckx: 4 Giri d'Italia (Pantani '98, Garzelli '00, Simoni '03, Cunego '04), 1 Tour de France (Pantani '98) ed un campionato del Mondo (Cipollini '02). Abbastanza perché io sia timoroso ed entusiasta di vivere i luoghi dove tanti campioni, tra cui Marco Pantani, hanno preparato le loro stagioni, lo fanno tuttora e spero magari lo faranno anche in futuro.
Il viaggio in macchina, solitario, mi permette di scaricare un po' la tensione: ascolto la radio, quello che passa, canto a squarciagola; leggo negli occhi e negli sguardi di chi mi capita vicino durante il rosso ai vari semafori un certo sgomento... non devo essere intonatissimo.
Dopo 40 minuti di viaggio arrivo all'Hotel Fiordaliso, parcheggio, scendo. Prendo la borsa del Milan (sì, lo so, nel contesto non sta, però avevo questa) dal portabagagli, riconosco Cortinovis, l'ho visto nella foto sul sito. Mi presento:
- Fernando? -
- Si!? -
- Ciao, sono Mario Casaldi . Ci siamo sentiti per e-mail -
- Ah, certo. Ciao Mario, piacere. Che cos'hai con te per correre? -
"Allora è vero, correrò con i Lampre", penso mentre rispondo:
- Ho portato un casco, degli scarpini e dei calzoncini corti, ma non so se è il caso di mattina -
- Ma dai, vieni con me che ti do il materiale -
Entro in albergo seguendo Cortinovis, tipetto gentile, lo seguo fino in camera sua:
- Tieni, questa è la busta che ha preparato il nostro sponsor. Ti ho fatto anche una cartella stampa, almeno hai tutte le informazioni sulla squadra -
- Grazie mille! Sai per caso dove posso spogliarmi e dopo farmi la doccia? -
- Vieni che te lo indico - mi dice mentre cammina.
Scendo nello spogliatoio che mi ospiterà per questa mattinata, apro la busta e trovo una calzamaglia invernale lunga ed una casacchina della Kappa, sponsor tecnico della Lampre-Caffita. Non è esattamente come la divisa ufficiale, è tutta nera. Soprattutto è molto stretta, nonostante sia una L. Mi sarebbe piaciuto avere una loro maglia, ma nella mia posizione credo non sia moralmente corretto lamentarmi, anche solo con me stesso. Riprendo coscienza e mi accingo a cambiarmi: la vestizione non è complicata, soltanto mi premunisco e metto un paio di cerottini all'altezza del taglio della scarpetta che, visto che non è mia, sicuramente mi darà un po' di noie. Sono quasi pronto, mi alzo un attimo davanti allo specchio: ho solo la calzamaglia e le scarpette, e più che un corridore sembro un Village People. Poi ricordo gli sguardi degli automobilisti ai semafori, il monito è arrivato; tra i due mali, scelgo quello individuale: proverò ad essere un corridore.
Pieri si adagia mollemente al sole, Simoni si prepara sorridente in vista dell'uscita in bici
Salgo le scale, i tacchetti delle scarpette fanno piuttosto rumore. Un cartello «prega i sigg. ciclisti di non indossare scarpini con tacchetti all'interno dell'albergo». "Scarpini con tacchetti? Ma son corridori o calciatori?", mi chiedo mentre mi strappo le stringhe e mi tolgo le scarpette. Poi penso che io le sto chiamando scarpette e tacchetti dall'inizio del racconto e credo che gli stessi albergatori potrebbero aver avuto delle difficoltà ad individuare l'esatto termine dei due oggetti. Raggiungo l'asfalto e il pulmino della Cannondale, dove Cortinovis mi aveva indicato di andare per farmi dare la bicicletta. C'è Archetti che sta violentando una bici con una piuma, o se preferite sta solleticando una bici con un cacciavite, la sostanza non cambia: mette ugual forza ed ugual amore nei suoi gesti mentre sistema la bici di Ballan. Lo guardo con aria un po' persa (ero parecchio in anticipo stavolta, e nel piazzale non è che ci fossero molte persone) e gli chiedo a chi dovrei rivolgermi per avere la "mia" bicicletta. Non mi risponde, mi guarda con un sorrisetto e fa:
- Corri con quelle scarpette? -
- Si - gli rispondo
- Maledetto Cortinovis e di quando ha avuto 'sta idea. Ti ha detto mica di portare anche i pedali? -
- Ehm... no! -
- Dai, sfila la scarpetta allora, che devo cambiarti i tacchetti -
Un po' imbarazzato sfilo le scarpette e capisco che sarebbe stata una fortuna se il 44 di piede ce l'avesse avuto un mio amico, piuttosto che un amico di mio padre, magari i tacchetti sarebbero stati perlomeno dell'ultimo lustro. Inizia ad "operare" le scarpe con fare deciso, nel frattempo un altro ragazzo va a prendermi la bici. Bellissima: telaio nero, tutta in carbonio tranne che i tubicini interni alla scocca ed il carro posteriore. Intanto che guardo e venero la bici, Archetti finisce la chirurgia e mi riconsegna le scarpe.
- Grazie mille! - gli dico mentre realizzo che, colpevolmente, non ho mai provato ad infilare un piede "scarpinato" all'interno di un pedale di una bici da corsa. L'altra (unica) volta che ci sono stato, avevo delle semplici scarpe da ginnastica. Faccio delle prove e mi accorgo che è semplice. Mai ipotesi fu più bugiarda, spiegherò dopo il perché. Intanto Cortinovis mi viene incontro con un giubbetto anti-vento, questa volta quello ufficiale, con tanto di marchio Lampre-Caffita sulla parte destra della zip. Lo indosso immediatamente, credo di avere un ghigno sul volto, intanto arrivano anche altre persone, ed io inizio ad infilarmi bandana (come non potrei?), casco, guanti (da palestra, ma chi vuoi che se ne accorga?) ed occhiali da sole, per l'occasione in lenti arancione.
Salgo in bici, infilo il piede sinistro nel pedale. "Wow - penso - ce l'ho fatta al primo colpo". I corridori sembrano alla partenza di una gara ufficiale, tanto sono ordinati in partenza. C'è una ragazza che fa la foto ad un'amica accanto a Patxi Vila. Ne approfitto e le chiedo se può immortalare anche il sottoscritto, con tanto di pullman Lampre alle spalle. Accetta e scatta. Fatto. Non scatta solo lei, però, visto che il plotone parte per questa passeggiata che so già sarà bellissima. Mi tengo all'ammiraglia e provo ad infilare il piede destro: niente da fare. Riprovo: idem come prima. Grido aiuto, i corridori sono quasi tutti fuori l'albergo. Si muove a compassione Corti, mi prende il piede e me lo infila nel pedale. Parto a tutta, per poco investo Cortinovis, esco dall'albergo quasi senza guardare la strada (ho detto quasi, tranquilli), il gruppo è a 500 metri, devo volare: il rapporto è abbastanza duro, ci metto un po' a capire il cambio. Vedo il gruppo allontanarsi, credo quasi che la gita sia già finita. Arrivano alle mie spalle Cunego e Pieri, Damiano parla al cellulare con l'ammiraglia (credo):
- Si, siamo qui io e Dario. (ascolta) Va bene, aspettiamo, ciao -
- Ragazzi scusate - intervengo sul punto di disperazione - vi dispiace se mi faccio tirare da voi? -
- Va benissimo, non c'è problema - mi risponde Pieri, la mia ruota prescelta vista anche la sua stazza, e la mia.
Arriviamo in gruppo, la ragazza della foto con Vila è slovena, ha 30 anni e soprattutto è allenatissima. Sto facendo una fatica tremenda a star lì con loro. Cambio rapporto e va meglio. Inizio addirittura a capire che sta succedendo. Sono nel gruppo Lampre! Arrivano le ammiraglie, una si piazza davanti al plotone, l'altra dietro. Abbiamo già fatto 6 km ad andatura da bradipo (per loro) o da giaguaro (per me), dipende dai punti di vista, e dalle capacità polmonari, aggiungo. L'andatura aumenta, penso che al primo cavalcavia mi staccherò. Ho sempre Pieri accanto. Arriva il cavalcavia. Mi stacco, ma non sono il solo. Guardo la sagoma di Pieri che si allontana insieme alle altre, compresa la slovena. Cortinovis mi chiede se voglio attaccarmi alla macchina per rientrare. Rifiuto. L'onore dello spirito olimpico lo salvo. Sono venuto a far ciclismo, non sci nautico. Faccio un giretto sul lungomare di Terracina, 25 km in tutto, 1 ora e mezza in bici, sono contento.
"Vai Dario - mi dico ripensando allo sguardo di Pieri - Nel 2005 la sagra della chianina la organizzo io".
Il nostro impavido Mario Casaldi ha già perso le ruote dei Lampre a Terracina...
Nella strada di ritorno verso l'albergo sono un po' deluso: "Che schifo che fai, Mario - penso tra me e me - soltanto 10 km hai resistito... vergognati!". Pedalo anche piuttosto bene ora, sento che la gamba gira a dovere, ovviamente con i miei ritmi, ma gira comunque a dovere. Sono in compagnia di un altro giornalista, chiacchieriamo di Cunego e Simoni, della scuola di giornalismo, dei rapporti della bici e del suo mal di schiena. La giornata a Terracina è splendida, c'è un sole prettamente primaverile, ed il giubbotto anti-vento perde quasi il suo valore di copertura. Nonostante questo ho il piede sinistro congelato nella scarpetta, presumo per colpa dei calzini, spinge soltanto per forza di inerzia.
Troviamo altri tre "reduci" prima di rientrare all'Hotel Fiordaliso, dove approfittiamo per farci delle foto ricordo. Ci sono soltanto i meccanici, di cui uno sistema una bici da cronometro:
- Ciao, scusa: di chi è la bici che prepari? -
- È di Gibo (Simoni, ndr) - mi risponde prontamente
- È diversa da quella di Cunego? -
- No, non direi. La differenza è che Cunego se ne porterà una a casa sua, a Verona, per prendere confidenza con la posizione da tenere -
Ringrazio Stefano, uno dei meccanici di casa Lampre-Caffita, e penso che Damiano fa bene a prendere confidenza con il "mezzo", vista l'esperienza che dovrà fare al Tour. Poso la bici intanto, chiedo a Stefano se può ricambiarmi i tacchetti delle scarpette e, molto cortesemente, accetta. Vorrei riportare al proprietario le stesse scarpette che mi ha prestato. Poi vado a farmi la doccia.
Sono un uomo nuovo, mi sento le gambe leggerissime, mi premunisco di cartella stampa, registratore e macchinetta fotografica: i corridori sono ancora fuori. "Meno male che dovevano fare un'esibizione con i giornalisti" penso ad alta voce; un rappresentante della Fi:zi'k (la casa che produce le selle per il team) mi guarda e sorride. Alla fine i corridori faranno un allenamento di 200 km! C'è Saronni che parla con Archetti, appena finisce lo "disturbo":
- Scusi Saronni -
- Prego -
- Posso rubarle qualche minuto così chiacchiero un po' con lei ed aspettiamo con meno impazienza che tornino i corridori? -
- Senz'altro, ma ci mettiamo al sole. Una giornata così merita di essere vissuta al sole - e si siede su di una panchina
Intervista a Saronni
Bella chiacchierata con il General Manager, non c'è che dire; nel frattempo tornano anche i corridori. Il primo è Simoni. Appena scende dalla bici Saronni lo avvisa che la foto ufficiale che hanno fatto ieri dovrà essere rifatta, quindi lui e gli altri dovranno farsi una doccia alla svelta e cambiarsi in tenuta "da strada" per farsi immortalare da Roberto Bettini. La cosa non va molto giù al gruppo, costretto per la verità a subire "spogliato" un certo venticello, il ponentino, che frequente spira da queste parti nel pomeriggio. Bonomi si dimentica un paio di volte le scarpette e torna in camera correndo, Scotto d'Abusco pare proprio non ne voglia sapere di togliersi il giubbetto: sembrano una scolaresca in gita per quanto sono simpaticamente disobbedenti e disordinati. La foto è fatta, tutti dentro a fare i massaggi, tranne Cunego e Simoni che devono restare per fare altre foto, credo per una pubblicità. Fanno riprovare loro la "scena" più volte, richiama l'epico gesto di Coppi verso Bartali del passaggio della borraccia. O di Bartali verso Coppi? Non ricordo se si sia mai svelato l'arcano. Anche i fotografi, per non sbagliare, invertono le posizioni dei due: una volta è davanti Damiano, l'altra Gilberto, non sia mai che qualcuno getti ombre anche su questo. Faccio anch'io qualche foto, ad un tratto Simoni mi passa vicinissimo, e il volto non è dei più sereni:
- Più stressante fare una corsa o una pubblicità? - gli chiedo di sfuggita
- Sta bon, và - mi risponde a mezza bocca, accennando un sorriso.
Cunego e Simoni "rifanno" Coppi e Bartali per i fotografi di un'agenzia pubblicitaria
Passo molto tempo seduto sui divanetti della hall, dei corridori non c'è parvenza: con la ragazza che mi ha scattato la foto stamattina decidiamo di farci un giretto tra i corridoi del II e del III piano, dove ci sono le stanze che ospitano i corridori.
Facciamo un paio di volte avanti e indietro, incontriamo sempre e solo Loosli, poi Bonomi, in t-shirt e boxer:
- Cercate qualcuno? - ci chiede il velocista
- Nessuno in particolare, ma se hai voglia e tempo qualche domanda da farti ce l'ho - rispondo senza pensarci troppo
- Adesso? Vestito così? -
- Non ho mica la telecamera, ho il registratore. Capto solo la voce - puntualizzo
- Dai, magari mi metto su qualcosa e ci incontriamo dopo -
- Come vuoi, a dopo -
Neanche cinque minuti dopo, mentre stiamo andando via, si apre una porta ed esce Cunego, anch'egli in mutande, peraltro senza t-shirt. La ragazza è visibilmente imbarazzata:
- Oddio, scusate! Pensavo che non ci fosse nessuno - si affretta a dire Cunego
- Guarda, per me non c'è problema, ho giocato a calcio e ci sono abituato - gli rispondo sorridendo, ed indicando la ragazza che è con me - Più che altro dovresti parlare con lei -
- Mi dispiace - ribatte il vincitore del Giro
- Non fa niente, ti pare - riesce appena a balbettare la ragazza
Anche per far riprendere la fanciulla dallo "shock" decidiamo di abbandonare i corridori e tornarcene alla hall. Qui incontro Franzoi.
Intervista a Franzoi
C'è Cunego che è stato "rapito" da un giornalista di un giornale nazionale, lo sta tenendo due ore. Provo a fargli segno di liberarsi, poi immagino che mi darebbe fastidio se lo facessero a me e smetto. Cunego pare un po' spazientito, è comunque gentilissimo. Da questo momento in poi è un susseguirsi di corridori che vanno e vengono: intravedo Marzoli che è fuori. Esco e gli chiedo se ha voglia di farsi una chiacchierata. Accetta.
Intervista a Marzoli
L'unico momento di panico ce l'ho mentre sto provando a chiamare Giuseppe Martinelli. "Caspita! - penso guardando un signore che gli somiglia molto - Non vorrei sbagliare chiamando una persona per un'altra". Mi convinco che mi conviene aspettare, nel frattempo un altro giornalista accalappia il Martinelli giusto e, se da una parte mi ha tolto la priorità, dall'altra mi ha confermato che i miei ricordi riguardo il volto del ds Lampre erano fondati. Intanto arriva Marzano, con cui parlo un po' in generale, soprattutto di macchine, prima di iniziare l'intervista vera e propria.
Intervista a Marzano
Intervista a Martinelli
Saluto Martinelli e mi siedo in attesa degli altri. Accanto a me c'è Spezialetti che legge una rivista, di fronte ho un altro ragazzo, del Corriere di Como, che mi chiede se sono in grado di riconoscere tutti i corridori dai loro volti:
- Non tutti - gli rispondo
- Allora siamo sulla stessa barca - mi risponde il "collega"
- Eh già. Per esempio io ho difficoltà a riconoscere Spezialetti -
Il gregario di tanti Giri d'Italia si gira, mi guarda, capisce che sto scherzando e mi sorride:
- "Spezia", ma Glomser parla italiano o devo sfoggiare il mio inglese? - gli chiedo divertito
- No, no, vai tranquillo. Magari è più dialetto del nord che italiano, ma lo capirai -
Mentre aspetto l'austriaco, arriva Bennati.
Intervista a Bennati
Intervista a Glomser
Bortolami è molto disponibile, ma il siparietto più bello è con Pieri: lo prendo dopo cena, mentre fa vedere le sue cagnoline (una si chiama... Roubaix!) tramite una foto salvata sul suo telefonino:
- Stamattina ho provato a starvi dietro per un po' - gli faccio
- Ho visto che faticavi, eh?! - mi stuzzica
- Direi di si. Poi quando è arrivata l'ammiraglia a dettare l'andatura è stato il colpo di grazia -
- È così, che ci vuoi fare... -
- Certo che quei sellini dopo un po' fanno di un male al sedere... - gli dico cercando complicità
- Sì, ma il sellino che fa male al sedere ce l'ho anch'io -
- Ma si vede che a te non dà fastidio - gli dico facendo il verso all'attore Jacopo Ortis, macchietta di teatro interpretata da Raul Cremona in Zelig.
Passa il momento della battuta, Pieri ride divertito, ma l'intervista incombe.
Intervista a Bortolami
Intervista a Pieri
Vado incontro a Bonomi, che è seduto su un divanetto e parla con Bennati e gli dico:
- Me la concedi 'sta benedetta intervista? È da quando eri in mutande che ti cerco! - faccio finta di essere un po' scocciato.
- Come no, ti pare. Anzi scusami per oggi pomeriggio, ma mi sono addormentato -
- Dai, scherzo, anzi: grazie della disponibilità -
Faccia vispa ed attenta Bonomi, mi fa una gran bella impressione.
Intervista a Bonomi
Dopo Giosuè Bonomi è la volta del Piccolo Principe, al secolo Damiano Cunego da Cerro Veronese. Mi ero fatto promettere che non se ne sarebbe andato senza parlare con me, dato che le televisioni, Eurosport in primis, lo reclamavano e parevano vantare un credito maggiore rispetto al mio (chissà perché, poi?). Ci segue anche Cortinovis, Cunego è l'unico corridore seguito dall'addetto stampa: non è assolutamente una presenza ingombrante, però. Credo sia comprensibile che vogliano stare attenti alle domande che gli si pongono, con un occhio (o orecchio?) di riguardo verso quelle che nascondono qualche trabocchetto. Ci sediamo attorno ad un tavolo in una saletta in disparte, Damiano è cortese e naturale, sembra quasi che io stia parlando con un mio amico al bar dell'Università.
Intervista a Cunego
Ci salutiamo, Damiano è stanco: avvisa Cortinovis che questa è l'ultima intervista che farà oggi; dice che ha sonno e va a dormire. Mi sento onorato. Prima di lasciarlo gli chiedo se può farmi un autografo, dedicandolo al meraviglioso Forum di Cicloweb.it. Accetta e scrive, ponendo in calce la sua firma. Esce dalla stanza e resto un po' lì a rimirare questo scarabocchio che ha partorito Damiano, sono felice. Quando torno sulla terra, mi accorgo che Cunego si è dimenticato delle foto che gli aveva portato un signore; delle foto del Giro d'Italia 2004: Damiano in maglia rosa, la maglia Saeco, le maglie che lo hanno reso vincente. Esco velocemente dalla stanza, grido:
- Damiano! Damiano! -
Mi giro e non lo vedo. Mi guardo intorno, poi lo scorgo accanto a Mazzoleni, stanno autografando una maglia prima di rientrare in stanza:
- Damiano! - grido e si gira - Hai dimenticato queste nella stanza dove eravamo - gli dico porgendogli l'astuccio con le foto.
- Oh, ti ringrazio. Ho talmente sonno che me ne ero proprio scordato. Grazie ancora -
- Di niente. Anche tu hai così tanto sonno? - domando rivolgendomi a Eddy Mazzoleni.
- Perché? -
- Non è che posso rubarti qualche minuto per fare qualche domanda anche a te? -
- Ma come no?! Dai, andiamo -
Torniamo dentro, Mazzoleni ha il braccio sulla mia spalla, neanche fossi il suo capitano, che intanto è andato a dormire. Una chiacchierata veloce, non voglio abusare della sua disponibilità.
Intervista a Mazzoleni
Saluto Mazzoleni ringraziandolo di nuovo. Credo proprio che sia ora di andare. Terracina non è lontana da Nettuno, ma è buio e tre quarti d'ora di macchina ci vogliono tutti. Cerco invano Cortinovis, pare essere scomparso. "Magari starà rimboccando le coperte a Damiano", penso ricordando l'immagine dell'intervista bonariamente assistita. Avvicino nuovamente il ds:
- Martinelli, io la saluto. Si è fatto piuttosto tardi, è l'ora del rientro -
- Ah, non rimane in albergo? -
- No, io abito a Nettuno. Ho fatto la "giornata", ora vado a casa -
- Va bene, d'accordo. Arrivederci e grazie di tutto -
- Arrivederci, spero a presto. Sono io però a ringraziare lei e tutto il suo staff per tutta la disponibilità dimostrata, e mi saluti caramente Cortinovis -
- Senz'altro. Alla prossima -
Guardo l'ora: si è fatto realmente tardi. Sono le 23.15, e domattina ho anche un esame. Gli altri ragazzi che sono con me, che rimarranno stasera in albergo, hanno detto che sono matto ad essere ancora qui e non pensare affatto a domattina. Ma è stata questa la mia mattina, una mattina che difficilmente potrò scordare, ammesso che io debba farlo per qualche strano motivo extra-terreno. Una mattina che un ragazzo appassionato di ciclismo ha vissuto come un giornalista, abbinando lo sport e la professione che più lo affascinano. Mi sono permesso di raccontarvi questa giornata con i miei occhi, attraverso le bellezze e le parole che questi occhi e queste orecchie hanno potuto vedere ed ascoltare. «Alla prossima», mi ha detto Martinelli. Spero che la prossima sia da giornalista, ma anche dovesse essere dal più semplice, quindi il più prezioso, appassionato, non mancherò. Nel caso cambierà il ruolo, non la passione.