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Reportage Lampre - Intervista a Martinelli: «Per la Vuelta spero di convincere Simoni»

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Nell'ultima intervista rilasciata proprio a Cicloweb.it a Roberto Sardelli, lei ha dichiarato che i velocisti della squadra dovranno sudare parecchio per conquistarsi degli spazi. Quando non ci saranno obbiettivi forti non crede che farebbe loro bene "rubare" qualche segreto ai velocisti più navigati?
«I ragazzi che abbiamo preso come velocisti sono ragazzi che devono ancora trovare la loro dimensione. Il fatto che siano presenti in squadra è comunque sintomo di grande fiducia da parte nostra. D'altro canto i risultati che la Lampre cerca sono molto legati alle classifiche generali, ma perché snobbare completamente un piazzamento o una vittoria di tappa con una volata? Bennati è senz'altro il velocista di maggior nome e punto a farlo arrivare dove difficilmente altri velocisti possono arrivare, visto che tiene bene anche in salita: è sicuramente un corridore da rivalutare e che punto a rimettere in sesto. Marzoli è un ragazzo di 21 anni ed è tutto da scoprire, magari sarà il velocista del futuro, ma attualmente, anche a livello fisico, deve trovarsi definitivamente».
Come sono cambiate le programmazioni e la gestione della squadra con l'avvento del Pro Tour? Con partecipazioni obbligate a corse come il Giro di Polonia, che presumibilmente non avreste disputato senza l'imposizione del circuito, sarete costretti oltretutto ad inviare una buona squadra anche per far fronte all'esborso della trasferta.
«Non solo il Giro di Polonia, ma anche quello di Germania, il Criterium del Delfinato, il Giro del Benelux: tutte corse che per noi erano in secondo piano sono diventate dei programmi standard. Ho pensato parecchie volte a questa novità: ho dovuto cambiare non solo l'impostazione della squadra, ma anche i metodi ed i tempi d'allenamento. Bisognerà avere il coraggio di correre un pochino meglio ad inizio stagione, riuscire a salvaguardare un po' di forze per avere un briciolo di energie in più anche per l'estate. E questo è quello che sto mettendo in pratica. Credo che attualmente siamo una delle pochissime squadre che non sta correndo da nessuna parte, e spero che questo alla fine paghi, visto che ci sono squadre che adesso stanno correndo contemporaneamente con due selezioni».
Anche perché se i capitani continuano a scegliere un paio di obbiettivi l'anno, gli altri saranno inevitabilmente chiamati a produrre un sovra-sforzo notevole, non crede?
«Io credo che il Pro Tour debba cambiare soprattutto questo. Io non pretendo di insegnare niente a nessuno, ma ho studiato a tavolino il Pro Tour ed ho modificato veramente quella che è l'impostazione della squadra, calcolando comunque che la Lampre è votata al 100% alle classifiche delle corse a tappe. Senza il Pro Tour saremmo stati sicuramente al via del Giro del Mediterraneo piuttosto che in un altro luogo. Ho preservato un po' di forze anche in prospettiva del prosieguo di una stagione inevitabilmente lunga».
Facciamo un passo indietro, al 2004: durante il Giro d'Italia abbiamo visto come il ruolo del direttore sportivo cambi continuamente. Il capolavoro di Falzes, con Tonti e Mazzoleni che aspettano Cunego, e il "fraintendimento" di Bormio 2000 quando, per la frenesia di vincere la tappa, è praticamente nata la querelle tra Cunego e Simoni. Conta più il ds o i corridori in sé?
«Sicuramente conta molto lo spirito di squadra. Quando costruisco una squadra per una grande corsa a tappe curo l'affiatamento e lo spirito già dall'inverno: avere un obbiettivo che sia uguale per tutti è molto importante, come del resto lo è capire chi è più portato ad un determinato tipo di lavoro, di sacrificio piuttosto che altri. Io penso che Falzes e Bormio 2000 non sono molto distanti nel modo di correre: a Falzes c'è stato uno stratagemma ideato e già provato nella tappa di Faenza del Giro 2003 che ci aveva pagato, mentre a Bormio 2000 c'è stato il reale passaggio di consegne tra Simoni e Cunego. Fino a quella tappa io pensavo ancora di poter vincere il Giro con Simoni, anche se Cunego ha avuto tutta la fortuna dalla sua e la tappa di Falzes assolutamente a suo favore, ma io non ho mai pensato ciecamente di scaricare completamente Gibo. Al che ho detto: "Se Gibo riesce a fare un numero sulla salita che porta a Bormio 2000 io punto ancora a vincere il Giro d'Italia con lui", anche in vista della tappa successiva che lo favoriva. Invece Gibo ha trovato una giornata un po' storta, ed io mi sono permesso di dire a Damiano di fare la volata nel finale, perché rischiavamo di perdere una tappa che avevamo dominato, che volevo vincere a tutti i costi. La spiegazione di quel giorno è proprio riconducibile a questo fatto».
Altra occasione del 2004, stavolta al Tour de France: la caduta di Simoni durante la cronosquadre di Arras che di fatto ha tolto a Gilberto la possibilità di giocarsi completamente le sue carte. I corridori erano a conoscenza del regolamento? Non si è potuto far niente per fermarne almeno uno (arrivarono in 5 all'arrivo, il numero minimo che ha portato Simoni a perdere 1'22" in più rispetto alla squadra)?
«Sono convinto che lì il regolamento è stato male interpretato sia dagli organizzatori che da parte nostra. Quando Gilberto è caduto ho avuto subito l'allarme che potesse essergli conteggiato il tempo effettivo senza che venisse quindi sfruttato lo stratagemma ideato dagli organizzatori della tabella dei distacchi: però in quel caso i corridori lo hanno interpretato in maniera sbagliata, in quella opposta. Avevamo gli auricolari, avevamo tutto l'occorrente, ma quando sei a 500 metri dall'arrivo è difficile dire: "Fermatevi e tornate indietro tutti". Ho cominciato ad urlare via radio: "Rallentate! Rallentate!", e loro hanno sì rallentato, ma non tanto da consentire a Simoni di rientrare. È stato un peccato perché bastava che se ne fermasse uno e Simoni arrivasse quinto per avere lo stesso tempo. Quest'anno comunque posso darti la notizia che il regolamento è cambiato, non so se proprio per questo fatto qui, ma comunque il "caso Simoni" ha contribuito alla modifica di quella normativa. Quello che non ho capito è stata la testardaggine da parte dell'organizzatore nel dire che non si poteva fare niente per modificare il regolamento in corsa: con una caduta con la pioggia a 700 metri dall'arrivo non dico che si doveva chiudere un occhio, ma almeno cambiare in corsa. Sono convinto che in un'altra corsa a tappe il regolamento sarebbe stato cambiato. Ma al Tour purtroppo...».
...O fosse successo a qualcun altro.
«Ma neanche. Io credo che il Tour sia talmente convinto delle proprie azioni che non cambia mai niente. Però almeno, con un anno di ritardo, il regolamento lo hanno cambiato».
Che ne pensa della proposta del CT della Nazionale Franco Ballerini di istituire una sorta di "panchina lunga" durante le grandi corse a tappe per sostituire corridori ritirati, magari privando il sostituto di vittorie di tappa e velleità in classifica generale?
«Non poter vincere una tappa non mi sembra giusto, magari lo priverei della classifica generale. Comunque non scarterei l'idea a prescindere, anche se sono convinto che non l'attueranno mai: però, se dovessimo sognare, la cosa non mi troverebbe contrario».
Non c'è il rischio che la riserva non possa essere neanche d'aiuto dato il rodaggio ed il fondo che gli altri corridori hanno dalle tappe precedenti?
«Secondo me no, perché penso che un corridore è allenato talmente bene che potrebbe correre metà Giro (o metà Tour) e non rischiare assolutamente brutte figure. Potrebbe essere qualcosa di nuovo, nel ciclismo però difficilmente le cose nuove trovano spazio. Sicuramente è una novità che andrebbe studiata molto bene e non presa a scatola chiusa: andrebbe provata in una corsa a tappe medio-corta per essere sicuri che questa idea possa andare bene, senza rischiare che in una grande corsa a tappa un "panchinaro" possa rovinare la strategia di una squadra avversaria. È un'idea comunque da prendere in considerazione e son convinto che potrebbe andare bene».
Oltre al ruolo tecnico-tattico, quanto è importante il ruolo motivazionale e psicologico di un Direttore Sportivo su un corridore?
«Più adesso di una volta, specialmente nello sport di alto livello, dove spesso questo fatto si lascia un po' al caso. Io credo molto nella motivazione di un atleta, al fine di conseguire il massimo dei risultati con il minimo sforzo devi conoscere molto bene la persona che vai ad allenare, anche nei minimi particolari, anche nei momenti di difficoltà quando sembra che vada tutto bene ed invece è l'opposto. Ci deve essere anche questa parte nel lavoro di un Direttore Sportivo, e credo sia uno dei punti importanti. Non ci deve essere quel distacco da "padre" a "padrone", il feeling è importante».
Stagione 2005: per il Giro d'Italia Cunego e Simoni partono alla pari con i gradi di capitano, per il Tour de France Cunego farà esperienza, per la Vuelta a España vedremo Figueras, o magari Petrov?
«Io voglio far capire a Gibo che la Vuelta può essere un appuntamento importante per lui. Al Giro, lo ripeto e lo farò fino all'esasperazione, io credo tantissimo su quello che potrà fare Simoni e credo se accorgeranno, spero troppo tardi, anche i nostri avversari che al momento pensano che bluffiamo. Al Tour voglio andare con Cunego e non con Simoni anche perché non si può pensare tutti gli anni di fare Giro e Tour, e poi mi sembra che Gilberto l'anno scorso non si sia mostrato molto in sintonia con il Tour, anche se nel 2003 era andato sicuramente meglio. Per la Vuelta, ripeto, spero di riuscire a fargli capire che potrebbe essere un buon obbiettivo anche per lui, in funzione magari del Giro di Lombardia. Non vedo che dopo il Giro d'Italia Gibo possa smettere di correre: penso proprio di convincerlo ad andare in Spagna, magari si guadagna la convocazione al Mondiale, anche se non è proprio adatto a lui».
Mazzoleni, Sabaliauskas, Petrov: quali sono i programmi del 2005 per loro?
«Mazzoleni correrà sicuramente il Giro in funzione di Cunego e Simoni e poi accompagnerà Damiano anche al Tour de France. Le classiche prima del Giro d'Italia le correrà, semmai, soltanto in funzione di crescita di condizione in vista delle due grandi corse a tappe: dopo il Tour dovrà necessariamente "mollare" per pensare al 2006. Sabaliauskas farà più o meno lo stesso percorso di Mazzoleni, anche se devo capire meglio, e deve capirlo anche lui, che tipo di corridore è, capire di che pasta è fatto, visto che in questo momento è né carne né pesce. Potrebbe essere prezioso sia al Giro che al Tour, come lo sarà probabilmente Petrov: il russo farà il Giro e spero possa fare anche un buon Tour. La squadra del Tour de France sarà molto simile alla squadra del Giro d'Italia, e credo di riuscire a creare così un gruppo veramente solido».
Per le classiche, dunque, spazio a Figueras?
«Glomser potrebbe essere un uomo da classica, Figueras se parte bene potrebbe essere l'uomo adatto dalla Tirreno-Adriatico in poi. Credo comunque di avere una squadra che può essere competitiva in tanti tipi di percorsi e di gare. Non abbiamo certamente la squadra che può essere la Fassa Bortolo nelle volate, o come in Belgio può esserlo la Quick Step, però nella totalità della stagione credo di avere una squadra competitiva. Bennati spero proprio di rivalutarlo anche sotto il punto di vista delle classiche, un corridore che mi piaceva già da dilettante e che si era proposto molto bene nel primo anno alla Domina Vacanze, mentre Franzoi dovrà capire che già andare in Belgio a correre è una cosa difficile, anche se aver voglia di andarci è già un passo molto importante. Poi è un po' il neo di tutti in questo momento, ma spero che Pieri possa arrivarci: non so come, ma spero che ci arrivi. Ha un handicap nel suo peso che mi fa un po' paura, senz'altro, ma punto ad un miracolo, anche se questi difficilmente avvengono».
Ma quando avvengono un sorriso scappa, non è vero?
«Direi proprio di si».
 

 

Mario Casaldi

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