La Meglio Gioventù - Parla Sella: «Punto forte sul Giro»
Versione stampabileSe nella stagione ciclistica 2004 si sono confermati atleti come Lance Armstrong, Paolo Bettini ed Oscar Freire, per citare i nomi più blasonati, non possiamo certo dimenticare che corridori quali Cunego e Valverde stanno avviando un importante processo di svolta generazionale in seno al movimento ciclistico.
Questo cambiamento è in piena evoluzione, e sicuramente sarà arricchito da altri nomi, destinati a rappresentare quella che sarà l'élite del ciclismo professionistico dei prossimi anni.
Non possiamo allora dimenticare chi, come Emanuele Sella, è atteso ad una importante stagione che possa confermare e magari avvalorare quanto di bello è già riuscito ad esprimere nel corso del corrente anno.
La Ceramiche Panaria-Navigare, come dovrebbe chiamarsi nella prossima stagione il team diretto da padre e figlio Reverberi, punta decisamente sull'atleta vicentino riservandogli il ruolo di capitano unico per il prossimo Giro d'Italia, con chiare ambizioni di classifica.
Emanuele, sei soddisfatto del rendimento e dei risultati conseguiti nel corso della stagione 2004?
«Certamente! Tenendo conto che ero al debutto, il fatto di aver portato a casa due importanti successi mi lascia sicuramente soddisfatto ed anche molto fiducioso e motivato per il futuro».
Ricordaci allora come sono nate queste due vittorie.
«La prima riguarda l'arrivo a Cesena, nell'undicesima frazione del Giro d'Italia. Una vittoria bella quanto inaspettata. Molti sognano di vincere una tappa al Giro dopo anni di carriera ed a volte non ci riescono nemmeno. Per me, riuscire a vincere subito al primo anno, è stato semplicemente straordinario. Del resto, non è che ci fossero state tante occasioni per corridori con le mie caratteristiche. Se si tolgono le tappe per i velocisti, dove andarsene è pressoché impossibile, ed anche le frazioni dolomitiche, dove gli uomini di alta classifica vogliono farla da padroni, le occasioni disponibili sono veramente molto poche. La tappa di Cesena, con i suoi dislivelli era certamente quella che poteva essere aperta a più corridori. Fortunatamente l'ho centrata io!».
È stata sicuramente una delle più belle imprese di tutta la corsa rosa.
«Penso anch'io. Ci furono delle evoluzioni che contribuirono a tenere incollati gli appassionati davanti agli schermi televisivi. Io ero davanti da solo, dietro erano rimasti in pochi ad inseguire. In mezzo c'era un'altra fuga che però non riusciva a guadagnare ed addirittura in certe fasi perdeva qualcosa nei miei confronti. Le fitte salite contribuivano a sgranare il gruppo. Questo clima di incertezza, in costante evoluzione, ha tenuto la suspense sino alla fine, a tutto vantaggio dello spettacolo».
Non si dovrebbe insistere su questi percorsi, visto che non sempre i cinque colli garantiscono la spettacolarità, con corridori che per paura di "saltare" si risparmiano e aspettano soltanto l'ultima asperità?
«Sono d'accordo. Con l'intensificarsi degli arrivi per velocisti, è sempre più difficile per i corridori andare in fuga. Figuriamoci poi a portarla a termine! Si dovrebbe invece favorire i percorsi nervosi e vallonati che possano far sbizzarrire la fantasia. Ovvio che le tappe di montagna hanno il loro fascino, ma frazioni come quelle di Cesena possono talvolta creare delle situazioni importanti anche da un punto di vista di classifica generale: nel Giro 2003 fu infatti nella tappa di Faenza che Simoni vestì la maglia rosa per portarla poi sino a Milano, ed era una frazione che presentava molte analogie con quella che ho vinto io».
Anche il tuo secondo successo è stato ottenuto con una condotta di gara non troppo diversa da quella di Cesena.
«Sì, lì non eravamo al Giro. Era la seconda prova della Due Giorni Marchigiana. Una gara vissuta con grande intensità agonistica fino alla fine. Eravamo andati in fuga in una quarantina, ma a forza di attacchi e contrattacchi siamo rimasti prima in venti e poi in una decina o forse meno. Sul finale stavo bene e con un po' d'astuzia ce l'ho fatta ad andar via a quattro chilometri dall'arrivo ed a tenere sino al traguardo».
Quest'anno la Panaria ha corso il Giro puntando ad avere come uomo di classifica Giuliano Figueras. Il campione napoletano abbandonerà il tuo team; sarai allora tu a curare la classifica generale al prossimo Giro d'Italia?
«Sì, abbiamo già parlato con i tecnici ed il mio obiettivo principale per l'anno 2005 sarà appunto la "corsa rosa". Aldilà del 12° posto di quest'anno, penso di avere buone attitudini per le grandi gare a tappe; l'ho già dimostrato anche nelle categorie minori. Ovvio che non sarà la mia unica opzione, ci sono tante gare belle e non è certo nella mia indole nascondermi, per cui cercherò sempre di dare il meglio di me sperando di cogliere anche qualche altra soddisfazione sia prima che dopo il Giro d'Italia».
Dovremo allora vederti nelle vesti di corridore più guardingo e meno esuberante?
«Questo magari sì. È chiaro che curando esplicitamente la classifica generale, sarò più controllato. Credo però che un corridore possa disciplinarsi, senza con questo snaturarsi del tutto. La fantasia appartiene al mio DNA e non è detto che non possa tornarmi utile per inventare qualcosa, magari nelle tappe più difficili, quelle in salita. All'ultimo Giro con una super Saeco con due capitani del calibro di Cunego e Simoni tutto era più difficile, ma sono convinto che talvolta la fantasia ed il coraggio possono contribuire anche per fini strategici a togliere di mezzo qualche avversario pericoloso. Se poi per qualche motivo non dovessi riuscire a fare classifica, a quel punto non esiterei ad agire con più spregiudicatezza e cercare il risultato in qualche frazione, come è accaduto quest'anno a Cesena».
La fantasia dunque per disorientare l'avversario e cercare di coglierlo di sorpresa?
«Questo è un po' il mio pensiero; del resto se prendiamo Bettini, possiamo constatare che i suoi successi sono stati quasi sempre il frutto di una grossa carica agonistica che gli ha consentito di affermarsi anche in competizioni forse sulla carta più adatte ad altre tipologie di atleti, come nella Milano-Sanremo dello scorso anno».
A fronte dell'esperienza maturata nel Giro 2004 e limitando il contesto ad atleti tuoi coetanei, che cosa pensi ti manchi ancora per poter duellare ad armi pari con due campioni come Cunego e Popovych?
«Mi manca sicuramente l'esperienza e poi credo che, anche da un punto di vista fisico, non possa ritenermi maturo come loro. Speriamo soltanto di crescere, piano piano, e di poter migliorare per competere ai loro livelli».
Anche da dilettante c'era questo divario con questi due atleti?
«Sì, però non è che mi preoccupi. È una situazione fisiologica; c'è chi a livello fisico matura prima e chi dopo. Siamo atleti di 23, 24 anni. Se prendiamo anche gli ultimi grandi campioni come Indurain e Armstrong, hanno incominciato ad affermarsi da 27 anni in su. Non voglio assolutamente mettermi sul loro piano; voglio soltanto dire che c'è tempo per crescere, l'importante è farlo bene».
È vero, però la vostra generazione, con la fantasia e l'esuberanza, ha talmente coinvolto gli appassionati, che questi si sentono di chiedere tutto e subito ai loro beniamini.
«Spero che se le cose procederanno per il meglio, avremo tempo e modo per regalare loro delle belle soddisfazioni».
È giusto definirti atleta con caratteristiche molto simili a quelle di Bettini?
«Il termine di paragone mi lusinga moltissimo. A onor del vero devo però dire che Bettini è molto veloce, mentre a me questa dote manca. Principalmente ritengo di essere uno scalatore ma bisogna però premettere che quest'anno ho fatto fatica a competere con i migliori in montagna. Sulle salite ero sempre intorno alla decima posizione o anche dietro. Ancora mi manca qualcosa. È ovvio allora che difendendomi anche in pianura, gare nervose o vallonate come quella di Cesena o Castelfidardo possono rappresentare per me una importante opportunità, cioé cercare di andar dentro ad una fuga e poi giocarmi la vittoria ad armi pari con i miei avversari. Sulle grandi salite invece chi va più forte fa subito la differenza ed io non ho alternative che andare su del mio passo, lasciando da parte fantasia e carica agonistica».
Se si parla di corse a tappe, non possiamo prescindere dalle prove contro il tempo. Come te la cavi in questa specialità? Nella crono del Giro ti sei piazzato 34°. Quali sono state le tue impressioni?
«Era la mia prima cronometro lunga che peraltro ho corso con una bici non troppo adatta a me perchè non me l'avevamo preparata. Ritengo di aver fatto una buona prova. Devo dire che quello della cronometro è un esercizio che a me piace. Essere lì da solo a fare fatica è una pratica che faccio volentieri. Data la mia statura non credo certamente di poter arrivare a competere con specialisti quali Popovych per esempio, ma se ci limitiamo al contesto degli scalatori, non mi sento inferiore a nessuno di loro».
Che cosa puoi raccontarci della tua esperienza al Mondiale di Verona? Come hai vissuto la corsa dietro le quinte?
«Per me è stata una grandissima soddisfazione entrare in nazionale al mio primo anno da professionista, anche se nel ruolo di riserva. Certo che, essendo di Vicenza e svolgendosi il Mondiale a Verona ad appena 50 chilometri dalla mia città, mi sarebbe piaciuto infinitamente correrlo davanti alla mia gente. Non credo che ricapiterà durante la mia carriera di rivedere un Campionato del Mondo di ciclismo in terra veneta. Correrlo sarebbe stato la ciliegina sulla torta, a coronamento di un'annata per me sicuramente positiva».
Come hai vissuto invece la gara nei suoi risvolti particolari: la vicenda Rebellin, l'incidente di Bettini e le tattiche nella fasi finali, dopo l'uscita di scena del campione olimpico?
«La corsa l'ho vissuta in gran parte dai box; per quanto riguarda Rebellin, la sua è stata una vicenda che non ha toccato la squadra azzurra e che ha riguardato soltanto Davide, al quale, per una serie di circostanze, non è stato consentito di prender parte alla competizione. L'incidente a Bettini ha lasciato molta amarezza perchè si è sperato sino in fondo che Paolo potesse farcela a superare quel momento critico, ma purtroppo la situazione andava peggiorando di giro in giro. A quel punto si sperava che Cunego e Basso riuscissero, con un'azione poderosa, a togliere di torno avversari pericolosi del calibro di Zabel e Freire. L'alta andatura con la quale veniva però affrontata la salita delle Torricelle ha fatto sì che fosse estremamente difficile attaccare e così un gruppo nutrito di corridori, con all'interno fior di velocisti, si è giocato il Mondiale allo sprint. È stato sicuramente molto bravo Paolini a tener testa agli altri ed a conquistare la medaglia di bronzo».
Perchè all'ultimo Giro di Lombardia sei andato in fuga poco dopo la partenza? Non era forse meglio aspettare il momento saliente della corsa ed essere a lottare insieme a Cunego e Basso?
«Dopo il Campionato del Mondo non sono stato troppo bene, forse a causa del primo freddo. Non ho passato una buona settimana ed alla partenza del Giro di Lombardia le sensazioni erano tutt'altro che buone. Durante la corsa ho così pensato di inserirmi nella prima fuga che capitava, nella remota speranza che avesse un po' di fortuna».
Anche se soffri il freddo, quest'anno al tuo debutto nel Giro della Provincia di Lucca sei andato forte; anche nella tappa da tregenda vinta da Bertolini a Castelvecchio Pascoli, ti sei piazzato al settimo posto.
«Il freddo lo soffro tantissimo! In quell'occasione ero forse spinto anche dall'entusiasmo delle prime gare, ma posso assicurare che ho sofferto infinitamente. Che cosa abbiamo passato quel giorno me lo ricorderò per tutta la vita: un freddo incredibile, la pioggia... Quando salii sul camper mi hanno svestito perchè non riuscivo a rendermi conto di dove fossi ed ero completamente intirizzito dal freddo».
Il prossimo anno passeranno al mondo professionistico atleti che se pur più giovani, hanno avuto modo di gareggiare con te nelle categorie minori, come Nibali, Visconti, Franzoi. A tuo giudizio, che cosa è lecito attendersi da questi atleti?
«Sicuramente sono giovani interessanti; però nel mondo professionistico bisogna sapersi confermare. Non è facile! Ho visto tanti giovani che nelle categorie minori andavano fortissimo e adesso li vedo invece far fatica. Bisogna stare con i piedi per terra ed essere consapevoli che il passaggio è sempre duro e traumatico. Posso dire che personalmente sono sempre stato lucido e consapevole di questo, e forse questa cognizione mi ha aiutato a tener duro nei momenti più difficili. Resta comunque il fatto che sono sicuramente corridori interessanti ed è lecito attenderseli tra qualche anno sicuri protagonisti».
Fino a quando sei legato contrattualmente al team di Reverberi?
«Sono impegnato con la Panaria per altri tre anni, fino al 2007».
Avete già delineato i programmi agonistici per la stagione 2005?
«Sì, proprio in questi giorni. Debutterò a febbraio a Donoratico nel GP degli Etruschi. Si andrà avanti con il Trofeo Laigueglia ed il Giro della Provincia di Lucca. Non disputerò invece la Tirreno-Adriatico perché in quella gara si andrà già molto forte. Molti atleti che prepareranno la Milano-Sanremo saranno già al top mentre i miei programmi sono un po' più differiti nel tempo, orientati ad arrivare gradualmente alla condizione ottimale in vista del Giro d'Italia».
Tu correrai la Classicissima dei Fiori?
«Penso di sì, ma senza particolari velleità. La mia primavera proseguirà con gare italiane: la Settimana Internazionale Coppi e Bartali, il Giro del Trentino, la Settimana Lombarda, il Giro dell'Appennino ed il GP di Larciano. Prevedo di arrivare al Giro con circa 25 corse».
La Ceramiche Panaria sarà sicuramente presente al Giro d'Italia, dunque?
«Sì, sembra sicuro, non dovrebbero esserci problemi».
Sembra che il prossimo anno salirete in sella a bici Colnago
«Certamente una bella soddisfazione: è un marchio prestigioso».
Avete già fatto uno stage?
«No, lo faremo nei primi giorni di febbraio, prima dell'inizio dell'attività agonistica. Dopo, una parte della squadra andrà a correre in Malesia e l'altra resterà in Italia a svolgere quel programma di gare di cui ho già parlato in precedenza».
Si dice che la Ceramiche Panaria dovrebbe fare il suo ingresso in Borsa. È lecito allora attendersi maggiori investimenti e di entrare a far parte in futuro del Pro Tour?
«Speriamo! Credo però che la politica di Reverberi sia quella di non allargarsi troppo. Se facciamo la nostra attività in Italia, Giro compreso, i vertici del team sono pienamente soddisfatti».
Soddisfatto anche Emanuele Sella?
«Sicuramente! L'importante è crescere tranquillo e con serenità. L'ambiente che ho trovato è ideale per questo».