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Insaziabile Pantani - Il Pirata domina a Campiglio

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Non stupitevi, signori, se tra qualche anno, sfogliando un'enciclopedia, troverete, alla voce "Montagna", una definizione del tipo "Rilievo orografico che Marco Pantani elevò ad ambientazione per la sua eccelsa arte". Perché quando il lavoro, la fatica, l'impegno si tramutano in qualcosa di talmente bello da emozionare e far luccicare gli occhi, come si fa a non considerare tale risultato come una forma d'arte?
Pantani sicuramente una Musa ce l'avrà ad ispirarlo e dargli forza e coraggio. Forse non sarà eterea come quelle invocate da Omero e dai suoi contemporanei, forse sarà sudata, accaldata, stremata e dolorante, ma sulla sua natura nessuno dovrebbe poter obiettare. La Musa di Pantani è quella che gli ha dato fiducia nei momenti degli infortuni, quella che lo rivelò al mondo esattamente cinque anni fa sul Mortirolo (dove domani, disarmante casualità, il Pirata tornerà), e quella che lo accompagna quando decide di alzarsi sui pedali ed andare via.
Per la gioia dei tifosi, per la soddisfazione personale di una voglia un po' civettuola di mostrarsi, di dare spettacolo, di far vedere a tutti quanto è bravo. Bravo e geniale, nel suo vezzo di non saper resistere alle provocazioni (ingenue, disilluse) dei rivali anche quando potrebbe stare tranquillo in gruppo. Non ci riesce, per un motivo molto semplice: come nella fiaba della rana e dello scorpione, Pantani non può rinnegare la sua natura. Natura di attaccante.
A Madonna di Campiglio le pendenze non erano infernali, c'è stato chi ha creduto di poterla fare franca, partendo da lontano. De Paoli, ad esempio, alla ricerca di un posto fra i primi dieci della classifica del Giro. O Buenahora, colombiano d'assalto, o Richard, che non si vuole arrendere all'età. E ancora Piccoli e Bettini, in spasmodica attesa di un sorriso di tappa. Tutti insieme, in fuga con Tronca, Caucchioli (compagno di De Paoli), Frattini, lo spagnolo Arrieta e il portoghese Rodrigues sin da prima del primo Gpm, il Ballino.
Ma nel giorno in cui la Mercatone sembrava intenzionata a lasciar andare via gli attaccanti (vantaggio massimo intorno ai tre minuti), ci hanno pensato la Kelme e la Vini Caldirola ad annullare il tentativo. Chissà perché, poi. In vista della salita finale, qualcuno tra i primi ha tentato l'allungo solitario (Buenahora, poi Bettini), altri hanno mollato. Ad 8 chilometri dal traguardo ci ha provato Richard, poi raggiunto da Buenahora, e inseguito da De Paoli e Arrieta.
In gruppo c'è stato lo scatto di Jalabert. A meno 7 è partito Simoni, a meno 6 Pantani è andato da solo a riprendere ciò che restava dei fuggitivi e a rendere cocente l'ennesima sconfitta dei rivali, umiliati da distacchi ancora una volta abissali, se si considera la non eccessiva durezza della salita su cui sono stati conseguiti. Gli umani lottano per le posizioni di rincalzo. Con una situazione di classifica peraltro interessante, visto che Gotti e Jalabert hanno avvicinato Savoldelli al secondo posto, mentre per la quinta piazza un secondo divide Clavero da Simoni.
Lui, l'Extraterrestre, non fa caso alle piccole beghe: domani c'è il suo Mortirolo che attende un'altra impresa.

Marco Grassi (4 giugno 1999)



GIRO D'ITALIA 1999
20a tappa: Predazzo - Madonna di Campiglio (175 km)




Ordine d'arrivo
1. Marco Pantani
2. Massimo Codol
3. Laurent Jalabert
4. Gilberto Simoni
5. Ivan Gotti
6. Hernan Buenahora
7. Roberto Heras
8. Oscar Camenzind
9. Daniele De Paoli
10. Niklas Axelsson
 
4h39'58"
a 1'07"
a 1'07"
a 1'07"
a 1'07"
a 1'07"
a 1'07"
a 1'29"
a 1'29"
a 1'29"
    Classifica
1. Marco Pantani
2. Paolo Savoldelli
3. Ivan Gotti
4. Laurent Jalabert
5. Daniel Clavero
6. Gilberto Simoni
7. Niklas Axelsson
8. Serhiy Honchar
9. Roberto Sgambelluri
10. Roberto Heras
 
89h22'58"
a 5'38"
a 6'12"
a 6'39"
a 9'51"
a 9'52"
a 11'01"
a 13'30"
a 14'00"
a 14'07"

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