E in Australia spunta Grillo - Intervista alla rivelazione del Down Under
Versione stampabile La stagione ciclistica è appena iniziata, e nel recente Tour Down Under, la breve corsa a tappe australiana, è balzato alle cronache un giovane neoprofessionista della Ceramica Panaria: il comasco Paride Grillo. Senza troppi timori reverenziali, il ragazzo ha dato vita a sprint esaltanti contrastando in diverse occasioni l'australiano Robbie McEwen, una delle ruote più veloci del gruppo.
Paride, a giudicare da quello che sei riuscito a fare in terra australiana nel Tour Down Under e tenuto conto della tua giovane età, si può dire che ci troviamo davanti ad un grande protagonista delle volate per i prossimi anni.
«Per me è stato sicuramente importante far bene da subito, anche se magari non ho vinto. Quando però mi sono trovato a lottare negli sprint con un campione come McEwen, ho cercato e sperato di poter raggiungere una vittoria di tappa. Ero partito con l'intento di far bene, ma ero anche consapevole che pur avendo svolto un buon allenamento a casa, sarei andato lì con una condizione inferiore rispetto ai corridori australiani, McEwen, Allan Davis, Stuart O'Grady, che avevano potuto svolgere migliori allenamenti di me grazie alla temperatura che in quell'emisfero segnava 30 gradi già a dicembre. Invece devo dire che mi sono trovato subito bene e non ho avuto problemi con il caldo».
Alla seconda tappa ti sei subito piazzato al secondo posto dietro a McEwen. Descrivi la volata.
«Purtroppo sono partito abbastanza lungo e mi è andata male perché avevo McEwen alla mia ruota e negli ultimi metri mi ha saltato. Diciamo che poi ho rischiato di vincere l'ultima tappa, ma purtroppo ho fatto un errore che ha compromesso il mio risultato».
Quale errore?
«Nell'ultima tappa la squadra avrebbe dovuto cercare di aiutare Brown, che stava andando molto bene e che tra l'altro correva in casa. A sua disposizione erano stati disposti sia Bongiorno che Lancaster. A me Reverberi aveva dato la possibilità di fare la volata in proprio e nelle fasi finali ero rimasto alla ruota di McEwen. L'australiano però è uscito molto tardi, quando mancavano meno di 200 metri all'arrivo che era posto in prossimità di un piccolo strappo. Ho provato ad uscire ma forse ho aspettato un po' troppo e sono riuscito ad arrivargli a mezza ruota, facendo ancora una volta secondo. Mi è sicuramente rimasto il rimpianto che forse impostando la volata in modo diverso, con meno attendismo, avrei potuto vincere. Comunque McEwen è sempre stato il mio idolo, l'ho sempre seguito in televisione ed essere con lui spalla a spalla a contrastarlo negli sprint è per me motivo di grande soddisfazione».
Si è parlato però di qualche screzio fra te e Robbie, durante la corsa. Che cosa è successo?
«Alla seconda tappa ho sentito dire che lui ha detto in un'intervista che ha avuto difficoltà a saltarmi perché mi sono spostato ed ho provato a chiuderlo, però a me non è sembrato. Se l'ho fatto, è stato sicuramente un gesto involontario. Quando sei a 20 metri dall'arrivo e sei in testa, può venire il gesto istintivo di spostarsi per difendere la posizione. Comunque McEwen non ha mai parlato con me direttamente a proposito di questo episodio».
Però anche ad un traguardo volante sembra ci sia stata un po' di polemica tra di voi.
«No, non c'è stata nessuna discussione tra di noi. Era nel corso della quarta tappa ed io ero messo bene nella classifica a punti dove McEwen mi precedeva soltanto di un punto. Se fossi riuscito a batterlo vincendo un traguardo volante, sarei balzato in testa alla classifica. Lui però ha cercato di anticipare la volata andandosene con altri due corridori quando mancavano quindici chilometri al traguardo volante. Reverberi a quel punto mi ha messo la squadra a disposizione facendola tirare ed in dieci chilometri sono stati riacciuffati i fuggitivi. In quel momento sembrava un po' scocciato, ma niente di più. Devo dire che mi sono invece ricreduto sul suo conto. Si sentiva dire che fosse un personaggio brusco e scontroso. Invece all'ultima tappa, dopo la volata, mi ha fatto anche i complimenti. Mi ha dato molta soddisfazione riceverli da un grande campione come lui».
McEwen ha un modo di fare le volate completamente diverso rispetto a Petacchi o Cipollini. Mentre questi due prediligono la volata in progressione, l'australiano cerca di sfruttare il più possibile le ruote degli avversari per uscire poi in un tratto molto breve dove sfodera la sua esplosività. A chi ti sembra di assomigliare di più?
«Credo di essere una via di mezzo. Ritengo di essere anch'io esplosivo, non certo ai livelli di McEwen, anche perché sono ancora giovane e devo crescere. Da dilettante quando stavo bene sono riuscito a vincere sia partendo dai 400 metri che uscendo soltanto a 50 metri dal traguardo. Tra i professionisti, avendo appena iniziato, non ho molti punti di riferimento».
La tua squadra, la Ceramica Panaria, aveva deciso di anticipare la trasferta australiana per consentire agli atleti di fare un po' di adattamento. Pensi sia stata una scelta opportuna?
«Sicuramente sì, mi ero allenato molto bene a casa, ma purtroppo la durata delle uscite contrastava sempre con le temperature molto basse che trovavo nella mia zona. Io vivo ad Appiano Gentile, nei pressi di Como. Ambientarsi al clima australe è stato molto importante. Appena arrivato mi sono addirittura ustionato dal sole, il termometro segnava oltre 40 gradi. Poi per fortuna dal 12 gennaio il clima torrido si è un po' affievolito e le temperature sono sempre oscillate intorno ai 30 gradi. Bisogna tenere presente, comunque, che in quei luoghi il clima è molto secco e il caldo è più sopportabile che altrove».
Nel corso della terza tappa, quella nella quale se ne è andato un drappello di 26 corridori, lasciando il gruppo a più di mezz'ora, tu sei stato lesto ad inserirti tra i fuggitivi. Pensi che questa tua reattività fosse dovuta ad una condizione fisica già avanzata?
«Sì, comunque io anche tra i dilettanti partivo sempre molto forte. Già a febbraio alle prime gare ho sempre avuto una buona gamba. Quella fuga è andata via perché c'era molto vento, si è creato un ventaglio che ha rotto il gruppo. Penso che un po' per fortuna, un po' per accortezza, sono riuscito ad esserci dentro anch'io».
Praticamente in questa corsa hai sempre cercato di correre in testa, per giocarti qualche sprint ai traguardi volanti.
«Essendo alla seconda tappa messo molto bene in classifica generale, con pochi secondi di distacco dai primi, pensavo che se avessi conquistato anche qualche secondo di abbuono agli sprint intermedi, avrei potuto indossare la maglia di leader, magari anche solo per un giorno. Purtroppo però è andata male, perché se ne sono andati via Sanchez Gil e Van Summeren, che con quell'attacco mi hanno un po' escluso dai giochi della classifica a tempi. Poi comunque Sanchez Gil è stato bravissimo perché ha saputo confermarsi alla quinta tappa, quando la sua squadra, la Liberty Seguros, l'ha fatta veramente da padrona, mettendo quattro dei suoi uomini ai primi quattro posti dell'ordine d'arrivo».
Siete quasi coetanei, lo spagnolo compirà 22 anni il prossimo novembre mentre tu festeggerai il tuo compleanno il prossimo 23 marzo. Lo conoscevi già? Che cosa puoi dirci di lui?
«No, non lo conoscevo. È andato veramente fortissimo ed aveva una gamba eccezionale. Ho avuto modo di parlare con lui e mi ha confessato di avere già percorso 8000 chilometri. Credo possa diventare un protagonista per le gare a tappe. Era magro, molto magro. Alla penultima tappa ha fatto lui la differenza andandosene su di una salita lunga circa quattro chilometri insieme al suo compagno di squadra Contador Velasco».
Il tuo esordio nella compagine di Reverberi risale però allo scorso settembre, quando debuttasti in Inghilterra.
«Sì, con Reverberi firmai un pre-contratto già due anni fa, quando svolgevo la mia attività di corridore dilettante alla Ceramiche Pagnoncelli. Con la maglia arancione della Panaria ho esordito lo scorso anno al Giro d'Inghilterra, dove alla terza tappa riuscii ad essere secondo dietro ad un campione come Tom Boonen. Non è che avessi un'ottima condizione, però ottenni anche altri piazzamenti. Adesso spero di festeggiare presto la mia prima vittoria tra i pro».
Quando si parla di velocisti italiani, oltre ai nomi di Petacchi, Cipollini e Quaranta, sarà allora il caso di inserire anche quello di Paride Grillo. Dove farai il tuo debutto in Italia?
«Il prossimo 6 febbraio a Donoratico al GP Costa degli Etruschi. Speriamo di far bene! Luca Paolini, che abita dalle mie parti e con il quale mi alleno spesso, mi ha detto che il percorso seguirà le strade sulle quali pedala di frequente, in compagnia del suo capitano Paolo Bettini».
Dopo Donoratico, quale sarà il tuo programma?
«Dovrebbe prevedere Laigueglia e Tirreno-Adriatico; e se ci fosse anche la Milano-Sanremo sarebbe per me il coronamento di un sogno».
Qual è il tuo rapporto con la salita? Ti fa paura l'ascesa della Cipressa nella Classicissima?
«La Sanremo mi piacerebbe moltissimo correrla, a prescindere dal risultato. Comunque, tra i dilettanti ero il velocista che teneva di più in salita. In particolare, come ho già detto, ad inizio stagione, quando ho sempre una buona condizione, riesco a tener bene sulle salite di tre, quattro chilometri».
Quella tenuta che ti consente di giocarti poi la corsa in volata?
«In teoria sì. Anche al Tour Down Under in salita non sono andato male ed alla fine ho concluso all'ottavo posto della classifica generale».