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Corse italiane in crisi? - Intervengono gli organizzatori: la parola a Eugenio Bomboni

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Da Roberto Sardelli e da Cicloweb.it arriva una pregevole nota sulle difficoltà del ciclismo, che anche il Giro d'Italia evidenzia, costretto com'è stato a rinviare la sua presentazione al 22 gennaio (in un primo momento prevista a novembre) tra l'altro, ad una settimana dall'appuntamento, cambiando ancora una volta la sua tabella di marcia (non più Tivoli ma Viterbo per una partenza).
Non è questione di Pro Tour. Le ragioni sono molteplici, alcune riconducibili alla debolezza intrinseca al ciclismo, altre al difficile momento dell'economia e particolarmente allo stato di autentica miseria in cui sono stati ridotti gli Enti locali (Comuni e Province) dalle Finanziarie governative. Il movimento ciclistico non ha un'autorevole direzione federale, dalla quale arrivano interventi mirati al favoritismo di qualche amico-elettore e mancano invece interventi di programma per determinare condizioni nelle quali l'organizzazione ciclistica avrebbe maggiori possibilità di attingere risorse necessarie.
I poveri bilanci degli Enti locali, ancorché poveri, sono per lo sport iniqui. Centinaia di Comuni non spendono un soldo per il ciclismo ed elargiscono risorse immense per altri sport, finanziando le squadre e spendendo per gli impianti. Il ciclismo è sport che accetta di essere l'unica disciplina che non ha un impianto a Roma.
Avrebbe dovuto essere compito della FCI porre le questioni inerenti l'iniqua legge in base alla quale le società di ciclismo verseranno per l'IVA incassata il 10% anziché il 20%, ma non potranno detrarre quella pagata.
Ad altri sport forse può andare bene ma il ciclismo che ricava € 100 dal marketing e realizza eventi che costano € 300, pagherà 60 di IVA a fronte dell'abbono di € 10, quando col regime normale andrebbe in credito di IVA.
Non si ha notizia di qualche iniziativa verso Regioni, Province e Comuni per ottenere se non la par condicio con gli altri sport, almeno una legittima presenza del ciclismo nei capitoli degli Assessori allo sport.
Ogni Comune ha un tale carico e tali costi per gli impianti sportivi che basterebbe fosse obbligatorio riservare il 2% al ciclismo per veder fiorire squadre ciclistiche giovanili e società organizzatrici di piccoli e grandi eventi; che tra l'altro renderebbero anche più democratico il tessuto sociale della FCI, visto che minore e quasi insufficiente diverrebbe la pratica clientelare del potere. Le società sportive del ciclismo singolarmente non hanno le possibilità materiali per organizzare azioni di marketing; purtroppo non hanno nemmeno la possibilità di sperare che queste siano praticate a loro beneficio dalla Federazione che il marketing lo pratica esclusivamente in maniera AMICALCLIENTELARE per autofinanziarsi e per sostenere alcuni eventi organizzati dagli AMICISOSTENITORI.
Della televisione ci si può lamentare quanto si vuole ma si deve anche prendere atto che nessuna azione seria e responsabile (perché anche le televisioni, compresa la RAI, hanno le loro ragioni ed esigenze) è mai stata intrapresa dalla FCI. Ogni tanto l'organo ufficiale tesse le lodi di qualche presenza RAI (sembra quasi che siano in atto smielati tentativi di procurarsi un posto di redazione) ma una trattativa seria non è mai stata intavolata; tanto meno è mai stata messa in atto una buona produzione con mezzi propri per offrire prodotti economici per le emittenti.
Il massimo impegno della FCI verso le emittenti televisive che si conosce è stato finalizzato ad ottenere telecamere accese per gli organizzatori profumatamente finanziati dalla FCI stessa e spente (nel migliore dei casi con indifferenza per gli esiti) per gli altri non allineati o aggregabili come voti favorevoli al momento delle Assemblee.
E' del tutto chiaro che il ciclismo non rappresenterà mai un business paragonabile al calcio o ad altri sport; tuttavia le sue potenzialità sarebbero notevoli se non fosse ridotto com'è ad un'armata brancaleone che vaga alla ricerca di qualche spicciolo, generando tra l'altro concorrenze sleali e devastanti tra gli operatori che altrimenti potrebbero trovare condizioni di reciproco rispetto e solidarietà destinate ad accrescere credibilità e redditi.

Eugenio Bomboni
(Patron della Primavera Ciclistica Italiana, società organizzatrice del
Giro delle Regioni, del GP Liberazione e della Coppa delle Nazioni)

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