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Anche il Tour cambia rotta - Nel 2005 meno crono e più salite

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Si saranno annoiati anche loro, quest'anno. Avranno saputo fare un confronto fra lo scialbissimo Tour 2004 e la fenomenale edizione del Centenario, 12 mesi prima. Avranno pensato che l'Armstrong del 2003 non era quello che tutti conoscevano, ma anche che abbondando con terreni da attaccanti e limitando i chilometri a cronometro lo spettacolo non ne avrebbe certo avuto da perdere.
E così, facendo leva su un minimo di coraggio che un organizzatore dovrebbe avere nel Dna (ma che Leblanc e soci hanno sempre dimostrato di non possedere, schiavi di inutili tradizioni e di un inconcepibile conservatorismo), hanno, se non tirato una linea sul passato buttandolo giù, quanto meno dato una scossa, lanciato un esperimento che potrebbe dare frutti buoni.
Hanno limitato i chilometri a cronometro. A dire il vero, è una tendenza in atto da qualche tempo. Due cifre chiarificatrici non fanno mai male: nel 2002 un prologo e due crono individuali diedero un totale di 114 km, più 68 di cronosquadre. Nel 2003, stesso programma, si scese a 102,5 km individuali e si rimase più o meno invariati (69) con la cronosquadre. Nel 2004 la prova per i team fu di 64,5 km, e le tre prove individuali furono di complessivi 76,6 km. Quest'anno siamo arrivati a 74+66.
Più o meno come un anno fa? No, per niente. Perché nel 2004 i 15,5 km della cronoscalata all'Alpe d'Huez valsero come e più di una lunga crono piatta (i distacchi furono enormi). Invece nel prossimo Tour il cronoprologo verrà sostituito da una vera prova contro il tempo, ma breve: solo 19 km, in avvio di corsa (con le forze intatte, si presume): bisognerà davvero impegnarsi per prendere una batosta su una distanza simile. Poi la solita cronosquadre (vera piaga della situazione), e quindi una crono solo alla penultima giornata, a Saint-Etienne: 55 km, esattamente come nel 2004. A parità di questo dato rispetto all'ultima Grande Boucle, è chiaro che le crono che vengono prima avranno un'incidenza minore sulla classifica.
Insomma, se un anno fa parve (e poi ci fu la conferma dei fatti) che Leblanc stendesse un tappeto rosso per Armstrong in caccia del suo sesto Tour, stavolta le cose non sono così scontate. Le prime salite arrivano, con la consueta calma, solo alla nona tappa, per un semplice antipasto (con il Grand Ballon dal versante più facile e il Ballon d'Alsace, ma lontani dal traguardo). Poi, dopo il primo riposo, si affronteranno le Alpi, con arrivo in salita a Courchevel, tappone classico a Briançon con Madeleine, Télégraphe e Galibier, quindi uscita soft verso Digne-les-Bains, attraverso cinque salitelle sulle quali nessuno si strapperà i capelli. Tutto sommato, si poteva fare di più.
Un giorno interlocutorio e poi, dalla tappa numero 14, ecco i Pirenei: due tappe e mezza (nel 2004 sono state 2, quindi accontentiamoci) con arrivo in salita ad Ax 3 Domaines, poi frazione di Saint-Lary-Soulan con 5 belle montagne più l'arrivo in salita, infine, dopo il secondo riposo, solita tappa sprecatissima a Pau, con l'Aubisque e il Soulor seguiti da 60 km di discesa e pianura. E qui ci si ferma, in teoria, alla sedicesima tappa e con cinque giorni di gara davanti (tra i quali la crono del sabato).
E invece, ecco la vaga genialata, anziché propinarci 3 tappe veloci + crono + Campi Elisi, Leblanc ci porterà sul Massiccio Centrale, per due frazioni (giovedì e venerdì) a Mende e a Le-Puy-en-Velay nelle quali ci sarà spazio per sparare ancora cartucce importanti: non sono arrivi sul Mortirolo, ma in salita sì, ed offrono terreno valido agli attaccanti volenterosi, prima dell'ultimo abbraccio ("letale" o no, lo scopriremo) dei cronoman.
Non è ancora il Tour dei nostri sogni, intendiamoci (in questi termini non lo sarà mai, purtroppo), ma è una corsa finalmente più equilibrata, che si presta a colpi di mano e sorprese, e che quindi rischia di non morire dopo neanche due settimane di gara. Poi, come si dice con un abusato luogo comune, saranno gli uomini a fare la corsa, dura o meno, bella o brutta. Chi ci sarà ancora non lo sappiamo, a partire dalla stella polare Armstrong che non ha ancora sciolto la riserva, per proseguire con i nostri paladini Cunego e Basso. Ma di certo questi ultimi, visto il percorso, avranno un motivo in più per farcelo, un pensierino, sul Tour 2005.

Marco Grassi



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