Occhio Lance, Mayo cresce - Il basco imprendibile al Delfinato
Qui c'è un corridore che sta mantenendo alla grande le promesse: Iban Mayo da Igorre, Paesi Baschi. Per chi si fosse distratto, è il ragazzo che l'anno scorso entusiasmò tutti con il suo attacco vincente all'Alpe d'Huez. Ed è quello che, dopo aver messo in seria difficoltà Lance Armstrong al Delfinato 2003, quest'anno lo ha strabattuto.
E se Lance è chiaramente il Re di Francia, Mayo può legittimamente (lo dicono i risultati) ambire ad essere considerato, appunto, il Delfino. Sono diversi anni che Iban è predestinato a grandi imprese. Ma mentre prima si segnalava in brevi gare a tappe (seppur non facili, come il Giro dei Paesi Baschi), lo scorso anno compì un'impresa che lo impose incontrovertibilmente all'attenzione di tutti. E chiuse il Tour de France con un sesto posto che non fu un piazzamento migliore a causa di una certa idiosincrasia con le cronometro.
Già, perché a Cap'Découverte Mayo perse quasi tre minuti e mezzo da Armstrong (ma addirittura più di 5 da Ullrich, quel giorno scatenato), altri due li perse a Nantes, e a quelli vanno sommati i 12" del cronoprologo e soprattutto i 3'22" della cronosquadre. A conti fatti, un gap enorme, se si considera che il basco in classifica generale perse 7'06". Come dire: toglietemi le cronometro e vincerò il Tour.
Ma siccome tale eventualità non è verificabile, Mayo ha battuto l'unica strada alternativa possibile: migliorare nelle prove contro il tempo, possibilmente non perdendo brillantezza in salita. Se è rimasto il camoscio che conoscevamo, lo scopriremo solo al Tour (le montagne del Delfinato erano ben più abbordabili); ma per il momento il fatto che Iban vada più forte a cronometro è una certezza: ha vinto il cronoprologo del Criterium (ma aveva compiuto identica impresa un anno fa, diranno i pignoli); ma in più ha vinto la cronoscalata del Mont Ventoux, assestando in quell'occasione un fendente non più assorbibile da Armstrong, ma riducendo alla ragione anche altri rivali, primo su tutti Hamilton.
L'esperienza ci ha insegnato che nella parola composta "cronoscalata" ha rilevanza maggiore il primo dei due termini: crono. Infatti i grimpeur puri vanno nel pallone, in genere, in queste prove individuali, anche se disputate sul terreno a loro amico. Invece Mayo ha dimostrato di poter reggere un ritmo potente e regolare per chilometri e chilometri, e di poter risultare quindi sensibilmente più vicino agli specialisti.
Ma il dato che emerge ancora più prepotentemente è che al Tour ci sarà un'altra cronoscalata, all'Alpe d'Huez, proprio la salita di Mayo. Come si potrà, quel giorno, non mettere il basco tra i favoriti? Come si potrà, alla luce di questa sua spiccata qualità in questo tipo di prova, non considerare Iban ben più di un terzo incomodo (ruolo riservato a Vinokourov, a Hamilton, a Simoni) nella lotta tra Armstrong e Ullrich?
E' anche vero che il texano (così come il tedesco) hanno ancora grandi margini di crescita della loro condizione, e che fra un mese saranno molto più forti di adesso. Ma se al Tour Iban recupererà anche 2 di quegli otto minuti e mezzo pagati nel 2003, sarà già un grande successo. Ha ventisei anni, l'intrepido Mayo, e quindi ancora molto tempo per vincere. Ma quando il talento esplode, è il futuro a venirti incontro: e forse il momento di Iban è già maturo. Non vediamo l'ora di scoprire se è così.
Marco Grassi
La metamorfosi di O'Grady
Stuart O'Grady è sempre un tipo interessante. Nel 2001 indovinò una fuga fiume al Tour (in compagnia di altri uomini, tra cui il povero Kivilev), e per qualche giorno il suo vantaggio su Armstrong & C. era talmente ampio da far pensare a qualcuno che potesse accadere l'impossibile.
Ma l'australiano si dimostrò sempre fedele al suo ruolo di ottimo sprinter, ruolo che gli era valso tante vittorie in passato. Solo che i piazzamenti iniziavano ad essere troppo numerosi, e fastidiosi. E allora in O'Grady è scattata una molla. Perché aspettare lo sprint di gruppo? Perché non provare ad anticipare? Una prima avvisaglia la avemmo al Fiandre 2003, corso dall'australiano sempre in prima linea e chiuso al terzo posto (identico piazzamento ottenuto da O'Grady a Sanremo e Tours, l'anno scorso).
Ora, al Delfinato, un'eccellente doppia conferma: O'Grady resta una ruota veloce del gruppo, ma attenzione a lui soprattutto se parte da lontano. Analizziamo tappa per tappa il suo Criterium: a Bron, prima frazione, Stuart si arrende a Hushovd nello sprint generale, e capisce che così non si può continuare. A Saint-Etienne e a Aubenas, seconda e terza frazione, si piazza, ma lo colpisce il fatto che in entrambi i casi il gruppo è anticipato da uomini in fuga. "Anch'io, anch'io!", pensa mentre si risparmia nella cronoscalata al Mont Ventoux. E allora si arma di coraggio e nella quinta tappa, verso Sisteron, parte a 112 km dal traguardo insieme a 8 colleghi, poi attacca ancora a 45 km dalla fine, e stavolta solo Hincapie gli resiste: battere l'americano è quasi uno scherzetto.
Non contento di tale impresa, O'Grady decide che è il caso di bissare, magari nella tappa finale, a Grenoble. E anche lì scatta, va in fuga, anticipa tutti, corre a cogliere il secondo successo "atipico" per uno sprinter come lui. Due vittorie figlie di fughe su sei tappe in linea. Con questa media, al Tour de France il buon Stuart potrà addirittura pensare di battere qualche record...
Ma.G.
E in Austria risorge Evans
Per un Mayo scintillante dominatore al Delfinato, c'è un Cadel Evans che finalmente ha messo un punto a due anni grotteschi. Tutti lo ricorderanno in maglia rosa al Giro 2002, per un solo giorno, dopo la tappa di Corvara (24 ore dopo, a Folgaria, beccò un quarto d'ora). Ma in pochi sanno che dopo quel suo discreto esordio al Giro il buon Cadel infilò, nel 2003, tre fratture alla clavicola, una dietro l'altra. Si può essere più sfortunati? Sì, certo, ma quegli incidenti sono di fatto costati all'australiano una stagione e mezza di stop, tra riabilitazioni e recuperi vari.
Una stagione e mezza perduta nel momento in cui il ragazzo, professionista dal 2001, iniziava a verificare sul campo i suoi miglioramenti. Tutto bloccato, tutto rimandato.
Fino al Giro dell'Austria di quest'anno, una corsa in cui Evans ha conquistato la maglia di leader al secondo giorno, con una bella azione sul Corno di Kitzbühel, azione nella quale il corridore della T-Mobile ha staccato anche uno specialista delle salite come Scarponi, a sua volta fresco reduce da una bella consacrazione alla Corsa della Pace.
Presa la testa della classifica, Evans non l'ha più mollata, controllando i ritorni di fiamma dell'italiano e conducendo in porto un successo ben meritato. Ora i manager dello squadrone tedesco non potranno non schierarlo alla partenza del Tour. Ma il ruolo di gregario rischia di andare un po' stretto a Evans: piuttosto, l'australiano potrà gestirsi da battitore libero, aiutando all'occorrenza Ullrich (o Vinokourov), ma risparmiando qualche energia per tentare di giocare qualcuna delle sue carte. In fondo, ampi crediti con la fortuna li ha accumulati: sarebbe giusto se, ora che ci si è messo, continuasse a riscuoterne qualcuno.
Ma.G.