Lo spettacolo continua - Petacchi bis ventoso a Saragozza
Diciamo la verità: l'avevamo proprio sognata così, questa Vuelta. Una cronosquadre in salita (nel senso dei risultati), un velocista di gran lunga più forte degli altri per dominare le volate, Valverde che squilla per primo con Cunego e Garzelli in agguato, Cioni lì a un passo dai migliori, Vinokourov pronto a stoccare a sua volta... E la lista delle montagne da affrontare ben fornita di momenti che solleticano la nostra immaginazione. Tutto perfetto, tutto in linea.
Come tutto perfetto, quasi sempre, è il lavoro che porta a termine il velocista a cui accennavamo sopra, quel tal Alessandro Petacchi. Per un attimo ci ha fatto pensare che stavolta lo avessero infilato: quando, ai 250 metri dal traguardo, finita con Trenti l'azione del treno Fassa Bortolo, in testa al gruppo si era ritrovato un po' lungo, con Zabel e Freire a ruota, abbiamo immaginato che a Saragozza Petacchi si sarebbe dovuto accontentare di un piazzamento.
Ma siccome il ragazzo è molto più affidabile di un conto bancario, anche in quest'occasione non ci ha fatto mancare il nostro anelato dividendo, e con uno sforzo supplementare si è confermato in testa, respingendo i suoi colleghi e lasciando loro, ancora una volta, nient'altro che le briciole.
Esattamente come due giorni prima a Burgos, con il particolare di un ordine d'arrivo fotocopiato: Petacchi-Zabel-Freire-O'Grady, segno che le gerarchie sono quelle, e non si scappa.
La vittoria dello spezzino è giunta in fondo ad una tappa che ha regalato più spunti di cronaca di quanti ne aspettassimo. Il vento, furioso, ha soffiato in faccia al gruppo, spezzandolo di quando in quando (a un certo punto si è ritrovato attardato Caucchioli), e provocando un bel po' di capitomboli. Tra i caduti non poteva mancare Hamilton, che se non finisce sull'asfalto quel paio di volte (almeno) in ogni giro va in crisi d'identità. Non caduto, ma incappato in una foratura invece Cunego, nel finale (stessa sorte per Astarloa, Beloki e Menchov). Ma la Saeco, benemerita, ha organizzato un treno a sei per riportare in gruppo il Principino.
C'è fermento, insomma, e si capisce anche perché: domani si sale. Poco, ma si sale: Torremiró a 11 km dal traguardo, poi si scende e si risale per arrivare in quota a Morella. Le pendenze non sono tremende, ma la classifica si muoverà, che poi è quello che noi poveri mortali chiediamo ad una grande corsa a tappe, sin dai primi giorni e non soltanto nell'ultima settimana. Perché la questione è (scusate la digressione): è più meritevole un vincitore di giro che va forte dal primo all'ultimo giorno, o uno che traccheggia all'inizio, favorito da percorsi grigi, e poi va benissimo nelle restanti due settimane? Fine della digressione, inizio del rischio (nostro): contravvenendo alle norme del buon senso, che dovrebbero sconsigliarci simili esercizi, ci sbilanciamo (ma solo perché il pronostico è facile), sui favoriti per la tappa di domani: nell'ordine Valverde, Garzelli, Cunego, Menchov.