La rivincita dei secondi - Big svagati, Fiandre agli outsiders
Era un bel po' di tempo che non si assisteva ad una corsa così atipica a questi livelli. I big, gli uomini più attesi del Giro delle Fiandre, non hanno mai dato la netta impressione di controllare la situazione nella gara fiamminga. Una fuga a 26 allo scoperto sin dal mattino, uno di quei 26 che riesce nell'incredibile impresa di riciclarsi anche nel terzetto che si gioca la vittoria, le trenate del T-Mobile Team, e Bettini, Museeuw, Van Petegem, Hincapie, Vandenbroucke, Bartoli, Boogerd che mai hanno dato vita ad azioni che avessero almeno la parvenza di attacchi decisivi. Scatti dimostrativi, marcamento a uomo, più attenzione a quello che succedeva alle spalle che non a quello che avveniva davanti. In queste condizioni si consuma, di tanto in tanto, la rivincita degli outsider. Uomini che non vengono mai messi in prima fila nei listini dei pronostici diventano padroni della situazione. Al Fiandre è successo proprio questo.
Il momento esemplificativo della giornata è quanto accaduto poco prima del Grammont: i fuggitivi della prima ora erano lì a poche centinaia di metri, eppure Bettini, Bartoli, Museeuw, Freire non avevano la lucidità per chiudere prima della salita, e restavano invece a guardare Hincapie, Boogerd e Vandenbroucke che riuscivano a portarsi sui primi. Su una salita come il Grammont, anche partire con 100 metri di distacco può essere decisivo; nessuno ci convincerà che se Bettini non avesse dovuto chiudere il buco, non avrebbe potuto essere più efficace nel momento dell'allungo di Wesemann e Bruylandts.
Ma già prima era stato seminato molto vento: si è lasciato troppo spazio alla fuga, col risultato che si è dovuto porre rimedio con un certo affanno. E malgrado Quick Step e Rabobank fossero presenti in forze nel gruppo, nessun team è riuscito a prendere saldamente in mano le redini della corsa.
Detto delle recriminazioni degli uomini forti, si può passare senz'altro a dire tutto il bene possibile dei veri protagonisti della giornata. Steffen Wesemann non è un nome che solletichi particolari entusiasmi, eppure è un corridore solido, che sa stare bene in corsa, e che ha eletto le Fiandre come teatro delle sue imprese: secondo alla Roubaix del 2002, terzo alla Gand del 2001. A dire il vero non era inopinato che il tedesco potesse imporsi, prima o poi, in una di queste corse: gare che favoriscono spesso i diesel, i corridori anziani (Wesemann ha 33 anni), i fisici più abituati al fondo. Ce lo aspettavamo più nella Roubaix, pensando che i muri della Ronde gli fossero più indigesti. Bene lo stesso per lui.
Dave Bruylandts è forse la più grande promessa del ciclismo belga. Ha corso in maniera arrembante, ha attaccato diverse volte prima di prendere il treno giusto dietro la locomotiva Wesemann, e anche se non è riuscito a vincere il futuro è tutto dalla sua parte. Ma dovrà migliorare in volata: al Fiandre è partito all'ultimo chilometro, ma ha fatto i conti senza... Hoste. Proprio il connazionale l'ha inseguito, per motivi che i belgi indagheranno in casa propria. Ma se Bruylandts vuol essere un vincente, ed evitare simili spiacevoli epiloghi, qualche provvedimento lo dovrà prendere.
Di Leif Hoste che dire, ha fatto qualcosa che ci raccontano fosse una specialità di Gino Bartali: in fuga dal mattino, ripreso dopo 230 km all'attacco, si è tenuto attaccato al gruppo dei migliori, e alla fine è riuscito ad inserirsi nel terzetto vincente. Ciliegina sulla torta - essendo la vittoria veramente impossibile da pretendere - ha conquistato il secondo posto davanti al connazionale-rivale. Chapeau.
Marco Grassi
Le pagelle del Fiandre
Museeuw - 8
Non si poteva chiedere più nulla a un campione che al Fiandre ha corso solo per fare passerella (e gamba per la Roubaix). Nonostante tutto ha chiuso 15esimo. Ciao campione.
Wesemann - 8
ha finalmente vinto qualcosa di importante dopo anni di piazzamenti sul pavé. E' semplicemente andato più forte degli altri. Ha usato la testa solo al momento dello sprint.
Hoste - 8
Merita lo stesso voto del vincitore perché è stato in fuga per più di 200 chilometri e ha avuto la forza di seguire il tedesco sul Grammont e di non arrivare ultimo in volata. Un solo appunto: perché è andato lui a riprendere Bruylandts all'ultimo chilometro?
Zanini - 7
Uno degli autori della fuga di giornata. Se fosse arrivata al traguardo avrebbe avuto ottime possibilità di vittoria. Comunque un bel numero.
Bruylandts - 6,5
Non sono stati in molti ad avere lo spunto buono sul Grammont. Lui sì. E' fermo allo sprint e ha provato ad andarsene allo striscione dell'ultimo chilometro. Se pensava di sfiancare Wesemann si è sbagliato: è stato Hoste a inseguirlo!
Freire - 6,5
Su un terreno che non è il suo ha provato a difendersi. E ci è riuscito meglio di molti altri. E' giunto 23esimo e, conquistando tre punti, ha mantenuto il primo posto nella Coppa del Mondo.
Bettini - 5,5
Ha sbagliato la marcatura. Sul Grammont, dove si è fatta la differenza, ha controllato Van Petegem. Un corridore della sua esperienza dovrebbe capire prima chi sta bene e chi no. Peccato perché stava bene.
Van Petegem - 5,5
Non aveva la gamba ed è rimasto coperto fin quando ha potuto. Poi la verità è venuta fuori.
Bartoli e Vandenbroucke - sv
Oscar della sfortuna a tutti e due. Hanno forato ai piedi del Grammont, quando si è decisa la sfida. Per Bartoli sfortuna doppia visto che alla Sanremo è caduto proprio mentre la gara si incendiava.
Pieri - sv
Frenato da un problema fisico, non si allenava da tre giorni. Si è ritirato dopo 230 chilometri di corsa.
Maurizio Radente
La chiave tattica
La chiave tattica in questa edizione del Fiandre è che non c'è stata una tattica. E' andata via la fuga e nessuno ha inseguito. Il gruppo in avanscoperta è stato ripreso soltanto perché aveva finito le energie. Sul Grammont chi ha avuto più energie è partito, chi ne ha avute meno è rimasto attardato. Soltanto in due hanno provato a inventarsi qualcosa: Bruylandts che se n'è andato a un chilometro dalla fine e Wesemann che ha deciso di non andare a prenderlo lasciando il compito al già sfinito Hoste. Il tedesco ha inoltre avuto il merito di partire in terza posizione, la più utile, nella volata finale.
I big si sono controllati e nessuno ha preso l'iniziativa.
Probabilmente non c'era nessuno superiore agli altri. Che sia finalmente finita un'era del ciclismo?
L'Errore - A un certo punto, sul Tenbosse, Van Petegem ha azzardato uno scatto, dopo essersi staccato in pianura poco prima e dopo essere rientrato al rallentamento del gruppo. Bettini l'ha immediatamente seguito, credendo di vedere nell'azione del belga uno snodo centrale della corsa. Bettini è poi partito in contropiede, portando via un gruppetto, che però è stato ripreso di lì a poco, visto che nessuno ha collaborato seriamente. Poi si è visto che Van Petegem era in riserva, e quello scatto era probabilmente uno specchietto per le allodole, piazzato lì in favore dei compagni Van Bon, Hoste e Marichal, per spingere qualche rivale a faticare senza costrutto prima del Grammont. Se è stata una trappola, ha funzionato alla perfezione: Bettini se la dovrà riguardare bene alla moviola. Per non ricascarci.
Maurizio Radente
L'importanza di chiamarsi Zanini
L'anno scorso vinse una gara in America, ma era una corsa di secondo piano, e nella sua biografia ufficiale, se mai sarà pubblicata, non occuperà più di un paragrafetto. Nel 2002 l'ultima affermazione da Zanini, una tappa a La Panne. Ma la misura di un corridore non è solo nelle sue vittorie. E' anche nelle imprese tentate, tentate anche quando non sarebbero strettamente necessarie. Tentate come l'ha tentata Zanini al Fiandre. In fuga da prestissimo, forse dalla corsa precedente, chissà. In fuga perché il gioco di squadra lo imponeva, nel giorno in cui la Quick Step dei cento capitani (Museeuw, Bettini, Paolini, Boonen, Knaven...) gettava bislaccamente la vittoria alle ortiche per scarso controllo della corsa. Troppi capitani e Zanini, uno col suo passato, l'uomo dell'Amstel e dei Campi Elisi, gettato allo sbaraglio dal quindicesimo chilometro. Sì, l'ha fatto per la squadra. Ma quante volte, in quei 200 e passa chilometri di fuga, la sua mente sarà stata sfiorata da quel persistente pensiero? "In fondo, se arrivassimo al traguardo, io in volata li straccerei tutti, questi ragazzetti". Ci ha pensato, ci ha pensato. E quando sul Grammont lo hanno risucchiato, così vicino alla meta, si è rasserenato per aver comunque fatto il suo dovere. Ma non si è rassegnato. No, sul Grammont Stefano Zanini si è dato appuntamento, con se stesso, per il 2005. Bello, questo Fiandre: bisognerà proprio riprovarci.
Ma.G.