Ballerini: "I nostri uomini al Nord" - Il ct parla della spedizione italiana alle grandi classiche
Tutti ricordano la maglietta con cui salutò il ciclismo e il suo pubblico alla fine di una Parigi-Roubaix. Quel "Mercì Roubaix" stampato sulla t-shirt sotto la maglia della Mapei fece il giro del mondo. Franco Ballerini ha domato per due volte l'Inferno del Nord e in un altro paio di occasioni ha perso per clamorose ingenuità, come quella di fidarsi di Duclos-Lassalle che gli aveva chiesto di non staccarlo in cambio del successo. Per parlare di classiche del Nord il Ballero, attualmente ct della nazionale italiana su strada, è sicuramente la persona più adatta.
«Lo scorso anno siamo tornati senza nemmeno una vittoria. Quest'anno le condizioni perché ciò non avvenga ci sono».
La campagna si divide come al solito in due parti distinte. Si comincia con il Giro delle Fiandre, poi la Parigi-Roubaix, quindi le Ardenne con l'Amstel e la Liegi. E in mezzo corse storiche come la Freccia Vallone e la Gand-Wevelgem, insomma, un piatto ricco. Noi su chi puntiamo, ct?
«Per la prima parte delle classiche il primo nome che viene in mente è quello di Dario Pieri. Gli auguro tutta la fortuna che ci vuole in queste occasioni. Lui è un talento vero. Sui sassi scivola meglio di chiunque altro, meglio anche dell'altro emergente Boonen, ad esempio».
Mentre dice queste cose, però, il suo sorriso si trasforma in una smorfia di disappunto.
«Però non va. Deve migliorare nella gestione del suo quotidiano, della sua vita da atleta».
L'incognita è questa. Come al solito Pieri si è presentato a inizio stagione in sovrappeso, un Ullrich di casa nostra, insomma. E per vincere la Roubaix o il Fiandre devi essere al cento per cento.
«Che peccato. Se io avessi avuto la sua classe avrei vinto sicuramente un Fiandre, una Gand e almeno un'altra Roubaix».
L'Italia punta su pochi altri. Del resto la Roubaix e il Fiandre sono due mostri difficili da domare. Quest'anno pare ci voglia provare anche Michelino Bartoli, in Francia sarebbe la sua prima volta.
«Può farla e puntare anche al risultato, ma non credo che la farà. Non sa come ne esce e rischia di giocarsi delle possibilità per le gare successive che gli sono più congeniali. Certo se la corresse ne sarei fiero. E poi è in ottima condizione, si è visto alla Sanremo. E' stato con i primi finché non è caduto. Poi vedo bene Nardello, Baldato, poi il solito Tafi, uno che non si può giudicare per quello che fa prima. Sembra lontano dalla forma e magari al Fiandre e alla Roubaix scopri che è in grande condizione. Lo scorso anno è stato sfortunato perché ha forato cinque volte, colpa anche di una scelta di ruote azzardata. Poteva andargli bene e invece gli è andata male. Per vincere la Roubaix oltre a una grande condizione ci vuole un po' di fortuna in più rispetto ad altre corse».
Sarà l'ultima campagna del Nord di uno dei grandi interpreti delle Fiandre, Johan Museeuw.
«Ha una forza atletica spaventosa, una grande potenza. E' un sopravvissuto perché era 'morto' due volte (due incidenti gravi, ndr). Gli manca solo di essere veramente personaggio. E' uno che ha dato poco in Italia. Prendete Cipollini ad esempio: lui ha dato tanto all'Italia, tanto al Belgio, tanto alla Francia».
E le Ardenne? Quest'anno ci sarà anche Bettini che l'anno scorso fu costretto a rinunciare per un infortunio.
«E forse quella fu la sua fortuna, perché quel periodo di riposo dopo aver vinto la Sanremo gli permise di tenere una grande forma fino alla fine della stagione».
Tra Amstel e Liegi, senza contare la Freccia Vallone, il numero degli italiani che possono vincere è sicuramente maggiore.
«C'è Pozzato che corre già come un veterano, c'è Di Luca che deve dimostrare qualcosa a se stesso, c'è Paolini, lo scudiero di Bettini che va molto forte. Paolo è ancora un po' al di sopra ma Luca può dare molto in un altro tipo di corsa come il Fiandre ad esempio. Del resto Paolini da dilettante ha fatto vedere qualcosa in più di Bettini. C'è Scarponi. Non è ancora come Di Luca ma ha personalità, lo si è visto alle classiche dello scorso anno. Può far bene anche adesso. E poi non dimentichiamo Garzelli. Ha una bella velocità. Alla Liegi ha già dimostrato di saperci fare quando portò Bettini alla vittoria nel 2002. A lui non importa che il percorso sia particolarmente duro, gli basta essere motivato e in condizione».
E, infine, c'è chi il Nord non lo fa per scelta o perché non ha la squadra.
«Come Figueras ad esempio. E' davvero un peccato che la Panaria non sia stata invitata. Quest'anno lo vedo con una luce diversa negli occhi. O come Petacchi che ha un programma importante e pesante, perché non è facile ripetersi. Lui ha vinto 13 tappe di grandi giri in una sola stagione, Zabel 13 ne ha vinte in 15 anni di professionismo tanto per fare un paragone. Però deve puntare a qualche gara di Coppa del Mondo. E' quella che ti fa fare il definitivo salto di qualità. In carriera può provare a vincere Sanremo e Parigi-Tours».
Maurizio Radente