Quest'anno tocca a me! - Casagrande cerca il riscatto
Versione stampabile Passato attraverso le più varie avversità e superati colpi di sfortuna epocali, Francesco Casagrande vuole lasciarsi tutto alle spalle e ripartire alla conquista dei traguardi sempre sognati. Uno su tutti: il Giro d'Italia, intorno al quale ancora una volta ruoterà la stagione del toscano. Chiamato, a 32 anni, a compiere l'impresa spesso sfiorata ma mai compiuta, Casagrande ci riproverà con una nuova maglia indosso, quella della Lampre. Una casacca con cui lo vedremo lottare, come sua abitudine, per tutte le corse possibili, da marzo a ottobre.
Una poliedricità che a volte può essere quasi un limite.
«Ho sempre corso per vincere sia le gare a tappe che quelle di un giorno, e mi sono dovuto scontrare con gli specialisti da una parte e dall'altra».
E' la mancata specializzazione che le ha impedito di diventare un punto di riferimento come Bartoli e, a suo tempo, Pantani, entrambi passati al professionismo insieme a lei?
«Penso di sì. Solo da tre anni a questa parte ho concentrato le massime attenzioni sul Giro. E' anche vero che da giovane ci provai, ma incontrai corridori molto più forti, e forse all'epoca ero troppo immaturo io. Comunque a me piace lottare per le corse in linea, e due prove di Coppa del Mondo le ho pure vinte».
Il Giro invece lo ha solo sfiorato.
«Ci riproverò: i programmi per quest'anno prevedono sempre la corsa rosa, con qualche spazio da dedicare alle prove di Coppa del Mondo e con un occhio di riguardo ai Mondiali di Hamilton».
Nel 2000 Garzelli la beffò all'ultima crono: una delusione che avrebbe ucciso un toro; poi un ritiro per infortunio e nell'ultima edizione addirittura un'espulsione per scorrettezze. Non si può dire che lei non sia in credito col Giro.
«Tre anni fa potevo davvero vincere, se non fosse stato per un problema al nervo sciatico che ora posso dire finalmente superato; e l'espulsione del 2002 ancora non la comprendo, continuo a viverla come una tremenda ingiustizia (Casagrande fu estromesso per una presunta spinta in corsa ai danni di un avversario, ndr). Ma tutto ciò mi dà grande forza, lo considero uno stimolo in più per vincere e per dimostrare che posso sfatare questo tabù: come si dice, chi la dura la vince».
Ha anche cambiato squadra per avvicinarsi meglio al Giro.
«Non posso dire che alla Fassa Bortolo stessi male, ma la Lampre, oltre ad un trattamento economico migliore, mi offre anche un ambiente serio e tranquillo che mi permette di lavorare bene: era quello che cercavo, diciamo che questa squadra è l'ideale per il Giro». Le è capitato di pensare al ritiro, nei momenti difficili?
«Di sicuro ci sono state situazioni (principalmente l'espulsione dell'anno scorso, che mi procurò un grave danno morale) in cui mi sono trovato a pensare di mollare. Ma poi la famiglia mi ha aiutato a superare questi momenti negativi e a riprendere ad allenarmi».
Ma a 32 anni si pensa mai al ritiro?
«No, si pensa a correre anno per anno. E quando mi renderò conto che ho meno voglia e che ottengo meno risultati, mi ritirerò».
Per fare cosa?
«Non lo so, non ci ho ancora pensato. Credo che mi prenderò prima di tutto un anno di pausa, di riflessione».
Se si guarda alle spalle, cos'è che le fa dire "Ne è valsa la pena"?
«Il fatto di essere stato un buon corridore, di essermi preso delle belle soddisfazioni e di averle date ai miei tifosi e a chi mi vuole bene».
Quanto le manca Zanette?
«Tanto. Eravamo stati anche compagni di camera, in qualche corsa in Spagna. Ho tanta tristezza, e sono molto amareggiato dalla brutalità con cui gli inquirenti hanno violato l'intimità della famiglia in un momento di tale dolore. Per provare cosa, poi? Delle accuse per lo più infondate, ad una persona che nel frattempo è morta».
Chi continuerà a frequentare, di questo mondo?
«Qualche amico ce l'ho, senza fare nomi posso dire che ho stretto dei bei rapporti in questi anni».
Chi l'ha capìta meglio, nel ciclismo, e chi invece proprio no?
«In 12 anni di professione si passa inevitabilmente da una conoscenza all'altra, e anche attraverso alti e bassi, dal punto di vista umano. Con alcuni è andata meglio, con altri peggio, ma non mi metto a fare classifiche».
Come va con internet? Naviga?
«Non ho un grande rapporto con il computer e con la rete. Ho il mio sito, lo frequento in qualche modo ma è mia moglie l'esperta».
E con la guerra che rapporto ha?
«Negativo, assolutamente. Non condivido l'intervento armato in Iraq, almeno per il momento mi pare inutile e ingiustificato». C'è qualcosa che non ha mai fatto e che le piacerebbe provare?
«Per carattere non amo gli eccessi, quindi non ho particolari desideri nascosti. Per quanto riguarda il resto, se una cosa la voglio fare la faccio. Nel tempo libero, s'intende».
Qual è la sua vacanza ideale?
«Quella che da tre anni faccio alle Maldive: ho proprio il bisogno fisico di staccare, di avere due settimane di mare, pace e relax».
E quando pedala in luglio o in agosto prova invidia per quelli che sono in spiaggia in quel momento?
«No di certo! Se anche non avessi impegni me ne andrei in montagna, pur di evitare il caos e la folla del mare di luglio e agosto».
Torniamo al ciclismo: chi sarà l'uomo dell'anno in questo 2003?
«Spero di essere io!».
Emergerà qualche giovane interessante?
«Da qualche anno non è che le nuove leve si impongano troppo come protagonisti; forse l'ultimo ad aver lasciato qualche segno importante è Di Luca. Per questo continuo a dare fiducia ai "vecchi"».
Chiudiamo l'intervista con una promessa, una qualsiasi, ai suoi tifosi.
«Promettere è difficile, si può prendere qualsiasi impegno, tanto alla fine decide sempre la strada; ma non mi sottraggo: prometto ai miei tifosi di vincere almeno una prova di Coppa del Mondo».
Troppo facile!
«E prometto anche di vincere il Giro, via!».
Se bisogna sognare, meglio farlo in grande, vero?
«Sì, in questo mondo è necessario essere ambiziosi: sennò è la fine».
(Immagini tratte dal sito ufficiale del Team Lampre)