Più la guardo Più mi piace - Ballerini: «L'Italia è fortissima»
Versione stampabile Siamo vicini ad una nuova avventura Mondiale e a Hamilton partiamo col ruolo di detentori del titolo oltre che, come sempre accade, di favoriti. Quella che per i francesi è la "Squadra" per antonomasia, da un anno lo è molto di più. Nel senso che il ct Ballerini ha voluto dare una forte impronta di gruppo alla nazionale, perché, come dice lui stesso, «il ciclismo è uno sport individuale ma anche (e in certi casi soprattutto) di squadra». Non per niente, se gli si chiede quale sia la cosa più bella che abbia letto dopo Zolder, lui non ha dubbi: «L'Italia Campione del Mondo». L'Italia, e non Cipollini.
Questa impostazione, nata verosimilmente dopo il pasticcio di Lisbona (quando Lanfranchi in gruppo inseguì Simoni che era in fuga, nell'ambito di una nazionale con (forse) troppi capitani, si riverbera ovviamente nelle scelte del Ballerini 2003: un solo capitano riconosciuto (Bettini quest'anno come Cipollini l'anno scorso), un'eventuale seconda scelta (Di Luca), qualche uomo buono sia per dar fastidio da lontano che per lavorare duro (Basso, Casagrande) e tanti "gregari". Con questi presupposti si va a Hamilton, e prima che partisse per il Canada abbiamo intervistato il commissario tecnico.
Qual è la percentuale di bissare Zolder?
«Io sono molto fiducioso, credo molto in questa squadra, e più la guardo più mi piace. E' un bel gruppo, completo, c'è tutto. E gli uomini sono in condizione crescente».
Sarà più facile gestire la gara rispetto a un anno fa?
«A Zolder il percorso era più semplice, e quindi la gara era più aperta a soluzioni a sorpresa: in fondo non ci vuole molto a perdere una volata. Stavolta invece emergeranno fatalmente i più forti su un tracciato così difficile, e quindi la corsa avrà uno svolgimento lineare, logico. Con questo non voglio dire che il fattore fortuna non abbia sempre un'importanza altissima».
Ma dopo la vittoria di dodici mesi fa c'è una nuova autocoscienza nella nazionale italiana?
«C'è maggiore fiducia nel lavoro di gruppo, e la consapevolezza che la coesione tra gli atleti può portare grandi risultati».
La notte dorme o pensa a come si potrà svolgere la corsa?
«Dormo, e benissimo. Anche per quanto riguarda le scelte che ho fatto: in Italia abbiamo tanti corridori bravi per le gare in linea, cosicché se pure se ne potessero convocare 30, sarebbe scontento il trentunesimo».
Ecco, le scelte: da quanto tempo aveva in mente questa squadra?
«Da un bel po', almeno da quando ho visionato il percorso. A Zolder avevo fatto un investimento con un punto interrogativo, e i risultati sono stati lusinghieri. Ora so per certo che lavorare con un gruppo unito e un unico progetto significa poi raccogliere frutti importanti».
Da Zolder è tornato con qualche debito d'onore (mi riferisco a Scirea, Lombardi...)?
«Assolutamente no. Ci sono delle amicizie, non lo nego, ma non interferiscono col lavoro. Tutti gli uomini che ho convocato si sono meritati sul campo la chiamata».
Devo proprio romperle le scatole: perché Casagrande sì e Bartoli o Rebellin no?
«Perché Casagrande è più versatile. Può andare all'attacco ma anche fare un certo tipo di lavoro "pesante"».
Non è strano che Bartoli, che ha caratterizzato l'ultimo decennio nelle prove in linea, non abbia mai vinto un Mondiale? Tantopiù che ha 33 anni, e, se continua ad avere davanti questo Bettini, difficilmente avrà altre chance...
«Io non sarei così drastico. I corridori non sono macchine, non hanno sempre 400 cavalli di potenza, e non tutti gli anni sono uguali: ci sono stagioni eccellenti e altre meno buone, per tutti. Magari nel 2004 toccherà di nuovo a Bartoli».
Lei si è mai trovato nella sua situazione, "sentire" fortemente una maglia ma non poterla indossare?
«Io mi riconosco piuttosto nel ballottaggio tra Mazzanti e Giunti: quando correvo andavo bene nelle classiche del Nord, ma per il Mondiale avevo un ruolo non da protagonista, ma di appoggio per i capitani».
Invece Cipollini, che il posto ce l'aveva riservato, non verrà in Canada.
«Siamo con lui e con la sua scelta. Certo, mi spiace che non ci sia, ci sarebbe stato utile. Ma devo dire francamente che forse anche il Cipollini nella migliore condizione sarebbe stato in difficoltà su questo percorso».
Diciamo la verità, non è venuto perché non si allenava da maggio.
«Al di là dell'allenamento, conta anche avere nelle gambe un certo numero di giorni di gara. Anzi, lui ha aspettato fino all'ultimo per decidere se venire o meno, perché voleva esserci: mi sembra un buon esempio della sua professionalità».
La presenza di Cipollini avrebbe anche tolto un po' di pressione intorno a Bettini.
«Indubbiamente. Mario ha l'esperienza giusta per gestire certi appuntamenti delicati».
E' per allentare la pressione su Bettini che qualche giorno fa lei ha ricordato a tutti che c'è anche Di Luca?
«Ho semplicemente detto che nel gruppo ci sono tanti uomini importanti, e fra questi Di Luca, che potrà dire la sua anche in prima persona».
Magari Di Luca preferiva restare al coperto...
«Decideremo in tempo reale, a Hamilton, se Di Luca starà al coperto o se verrà fuori».
Il fuso orario sarà un problema?
«Non particolarmente grave: in due o tre giorni contiamo di assorbirlo».
Ci dica un nome, uno solo, da marcare a uomo dall'inizio alla fine.
«Non un nome ma una squadra: la Spagna. Freire ha sempre un feeling particolare con questa corsa; Valverde, lo abbiamo visto alla Vuelta, è veloce in volata e non si stacca in salita; e intorno c'è una squadra importante. Ma di certo non ci dimenticheremo di Camenzind, o di Hincapie; Boogerd invece l'ho visto meno brillante del solito».
Non sarebbe più bello se tra gli uomini da battere ci fossero anche Armstrong e Ullrich?
«Se devo essere sincero, li temerei se il Mondiale si disputasse a tappe... Comunque sì, sarebbe meglio se gli uomini importanti ci fossero tutti, ma bisognerebbe cambiare data alla corsa: così com'è è troppo in là nella stagione».
Parentesi su Frigo: può entrare nei primi dieci nella cronometro?
«Il miglior Frigo può aspirare al podio. E il percorso canadese è adatto a lui, con salite da affrontare col rapportone».
Un podio a cronometro malgrado ai campionati italiani ci fossero solo 7 concorrenti (e 5 all'arrivo)?
«Conosciamo i nostri limiti nella specialità, purtroppo. Ma spero e credo che l'anno prossimo anche i campionati italiani abbiano maggior successo».
Tornando alla prova su strada, quale sarà l'ultima cosa che dirà ai ragazzi prima della partenza?
«Non lo so ancora. Mi verrà spontanea, da dentro. Di certo non transigerò su una cosa: sulla compattezza della squadra. Abbiamo delle responsabilità e dobbiamo rispettare i tifosi: possiamo anche perdere il Mondiale, ma solo perché abbiamo trovato qualcuno più forte di noi, e non per aver commesso errori nel nostro lavoro».
Marco Grassi