Isidro, che progetti hai? - Nozal guida la Vuelta, ma Frigo c'è
Versione stampabile Il protagonista di questo racconto aveva il dente avvelenato perché il suo compagno di squadra Joaquin Rodriguez, sulla carta predestinato più di lui ad un futuro luminoso, aveva fatto male i conti e non era riuscito a piazzarsi abbastanza dietro da cedergli la maglia oro a Santander, nella terza tappa. Perché Isidro Nozal ci teneva, a quel simbolo del primato, proprio quel giorno, essendo egli originario appunto di Santander. Incavolato nero per l'omaggio sfumato, il prossimo 26enne iberico decideva allora di fare da sé, e il giorno dopo promuoveva verso Burgos una fuga che gli avrebbe permesso di vestirsi tutto d'oro (o di amarillo, se preferite).
Iniziava così, con un'aura di casualità, l'epopea di Nozal alla Vuelta 2003. Epopea (ci sarà Freud dietro la scelta di questo vocabolo?) che si sviluppava in maniera del tutto insospettata, con una prestazione magistrale di Isidro nella cronometro di Saragozza. Tutti, alla vigilia, pensavano: "Va bene, è stato i suoi bravi due giorni in testa alla classifica, ora si farà da parte e lascerà il proscenio a Gonzalez de Galdeano, suo capitano, e ai rivali di costui, i vari Aitor, Frigo, Beltran, Heras e compagnia bella". Tutti lo pensavano meno Nozal stesso, che ha dipinto il suo capolavoro, vincendo e rifilando dal minuto e venti in su a tutti gli specialisti (da Millar a Hruska ai personaggi da classifica testè citati), e issandosi molto più su di quanto tutti saremmo stati disposti a pronosticare.
"Va bene, in fondo aveva vinto una crono ad Alcobendas l'anno scorso (ma una crono breve, 9 e non 43 chilometri come questa!), ma ora arrivano le montagne, i Pirenei, ben tre traguardi in quota consecutivi, alla fine della settimana di questo ragazzo non ricorderemo neanche il nome", continuavano a vociare gli esperti. E invece Nozal seguita a meritarsi titoli e prime pagine, e baci di miss e bagni di spumante sul podio, perché, malgrado un leggero passaggio a vuoto (costatogli due minuti e mezzo) a Cauterets, si è ripreso ed ha nuovamente allungato in classifica ad Andorra.
Il suo capitano Igor continua a fare il vago, ma quanto gli rompa avere un altro galletto nel pollaio è facilmente intuibile. Triki Beltran sembrava avesse qualcosa in più rispetto a Galdeano (che soffre troppo in salita), ma è in netto calando. Heras può fare il numero in montagna, ma paga uno sproposito a cronometro. Aitor Gonzalez, campione uscente, è lontanuccio in classifica.
E così, per non tediare oltre il lettore, arriviamo al dunque: se c'è un uomo che può sperare veramente di "ganar" a Madrid, quell'uomo è Dario Frigo. Il nostro uomo di scorta per le corse a tappe, non un Simoni e forse neanche un Garzelli, ma uno che sa il fatto suo, che preferisce il freddo al caldo (l'estate sarà finalmente alle spalle?), che va bene a cronometro e che in salita sa pure vincere, se solo si decidesse a provarci, ad attaccare, a non fare la corsa attendista che abbiamo visto nelle tappe pirenaiche. Il secondo posto di Port d'Envalira (ma i rivali erano praticamente tutti lì) dev'essere un punto di partenza, di rilancio per Frigo, che è in crescita di condizione. Tenere nella crono di Albacete e poi dare una stoccata a Sierra de La Pandera o a Sierra Nevada (o in tutte e due le occasioni) a Nozal. Ce la può fare. Il bravo Savoldelli ha vinto un Giro d'Italia, l'anno scorso: volete che il bravo Frigo non possa provarci con la Vuelta?