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La Vuelta buona - Simoni ci parla del sogno spagnolo

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Non è mai facile avere una propria verità e lottare contro tutto e tutti per imporla: spesso se ne esce con le ossa rotte, e quanto più questa verità è incredibile, tanto più scarse sono le possibilità di difenderla. Nei giorni successivi al suo stop al Giro d'Italia per la positività alla cocaina, Gilberto Simoni si affannava a dire e giurare che lui non c'entrava, che non aveva preso niente, che non si spiegava da dove venisse quella droga nel suo sangue. Poi trovò la risposta, e la trovò nelle caramelle peruviane della zia.
Sembrava l'ennesima scusa di un corridore improvvisamente caduto dal piedistallo. Invece era andata proprio così, la colpa di tutto era di quelle caramelle alla cocaina che sua zia gli aveva offerto: noi di Cicloweb.it ci sentivamo in dovere di porgere a Gilberto le nostre scuse, perché anche noi non avevamo voluto credere a quell'assurda storia.
«Una storia assurda anche per me. Faccio un esempio: da noi è abitudine comune bere un bicchiere di vino a tavola, ma berne un litro dà qualche problema; in Sudamerica sarà la stessa cosa con la cocaina. In un mondo globalizzato come il nostro dobbiamo abituarci a entrare a contatto con gli usi degli altri. Se avessi bevuto del tè, o avessi mangiato qualche altro cibo esotico, magari sarei risultato ugualmente positivo, e questo non avrebbe voluto dire che io sono un dopato o un drogato. Poi i giornalisti scrivono quel che gli pare, ma dovrebbero quanto meno distinguere tra positività e positività: un conto è mangiare qualcosa di sbagliato, un conto è farsi le punture».
In questo senso Simoni non ce l'ha solo con la stampa.
«Non capisco la posizione della Federciclismo: riconosciuta la mia estraneità ai fatti e buona fede (sono stato assolto dall'accusa di frode sportiva), perché non mi hanno riassegnato la vittoria di Campitello Matese al Giro d'Italia?».
Come si riparte dopo una vicenda del genere?
«Non dovevo ripartire perché io non ho fatto niente di male: sono il Simoni di prima».
Ma come si vive "al centro del mirino"?
«Come sempre. Lo ripeto, sono sempre stato sereno, anche se poi la gente pensa (e scrive) ciò che vuole».
Voltiamo pagina: qualche giorno fa (il 25 agosto) è stato il suo compleanno. Che regalo le piacerebbe farsi?
«Mi piacerebbe regalarmi la Vuelta, sarebbe una bella rivincita, la soddisfazione più grande per me e per la squadra dopo tutto quello che è successo».
In effetti una decisione discutibile degli organizzatori del Tour l'ha privata della possibilità di riscatto in Francia.
«Ammetto di aver dato adito a tutto quello che è successo. Poi i giornali ne hanno approfittato, descrivendo una realtà diversa da quella effettiva; e al Tour hanno subìto il peso di tante opinioni avverse a me. Certo, avrebbero potuto essere più signorili e confermare l'invito che ci avevano fatto in un primo momento: la Saeco aveva fatto investimenti e impostato programmi su quella corsa, chi ripagherà i miei sponsor? Il problema è che siamo nelle mani di tutti e di nessuno, mentre penso che si dovrebbe dare maggiore spazio ai corridori, anche in materia decisionale».
Torniamo alla Vuelta. Chi è da temere nella corsa al successo?
«Gli spagnoli ovviamente: Casero, che ha vinto lo scorso anno (ma quest'anno non è sembrato finora al massimo); poi Heras, che viene da un grande Tour de France, e Sevilla, che può fare qualsiasi cosa. Controllerò anche Botero, sempre temibile, e Casagrande: anche lui ha voglia di riscatto dopo il Giro».
Al Mondiale ci pensa?
«Perché no? Se farò una bella Vuelta vorrà dire che avrò un'ottima condizione, e il Mondiale è pur sempre corsa di capitani: non è affatto scontato che si arrivi in volata, sarà difficile per i velocisti».
L'Italia potrà contare su Cipollini, appena rientrato in gara.
«Si sapeva tutto fin dal giorno del suo "ritiro": non solo che sarebbe tornato, ma anche quando sarebbe tornato. Purtroppo lui s'è autoproclamato Campione, e allora è convinto di dover ricevere certi trattamenti particolari, dovuti a Cipollini perché lui è lui. Io penso invece che debba essere la gente a proclamarti campione».
Qual è l'età più bella?
«Facile dirlo: i 20 anni».
E come saranno i prossimi 10 anni di Simoni?
«Di certo non correrò fino ai 41! Quando smetterò me ne andrò in ferie, farò una lunga vacanza, magari un giro del mondo in bici, ma senza agonismo: la bici è la mia passione e tale resterà; della competizione, che invece è il mio lavoro, farò a meno».
C'è una cosa che le sarebbe sempre piaciuto fare ma che non ha mai fatto?
«No, finora ho sempre fatto quello che ho voluto; per qualche sfizio ci sarà tempo in futuro. Però, a pensarci bene, c'è una cosa che mi manca e che vorrei provare: fare un giro su un caccia, un aereo militare».
Simoni è appassionato di internet?
«Sì, mi piace ma mi perdo: sono un navigatore senza bussola».

Marco Grassi

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