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Hai voluto la bicicletta? - Scopriamo il mondo di William Galli

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William Galli ha 23 anni (li compie proprio in questi giorni, essendo nato il 25 agosto del 1979), voglia di fare e poca esperienza da professionista, essendo "passato" all'inizio di quest'anno. La Mobilvetta Design-Formaggi Trentini, squadra nella quale milita, ha fatto con lui un investimento sul futuro, e il team manager della formazione, Stefano Giuliani, è l'uomo della svolta nella carriera del giovane marchigiano di San Benedetto del Tronto, come lui stesso spiega a Cicloweb.it: «Non finirò mai di ringraziare Giuliani, ha creduto in me quando ero fermo da un anno, mi ha chiamato e addirittura mi ha fatto esordire tra i professionisti, dando un senso a questo mio nuovo inizio».
Come mai sei stato fermo per una stagione?
«Per mancanza di stimoli. Corro da 15 anni, probabilmente ho iniziato troppo presto, e l'anno scorso non ne potevo più. Per questo mi sono fermato, ho riconsiderato un po' di cose, finché non è arrivato Giuliani con la sua proposta, ed eccomi qui: ora spero, nell'immediato futuro, di fare bene per ripagare la fiducia riposta in me».
Che effetto fa essere tra i più giovani del gruppo?
«Dà una grande soddisfazione, perché essere professionista significa aver coronato 15 anni di sacrifici. E poi è un grande piacere stare a contatto con corridori che prima potevo solo vedere in televisione».
Tre aggettivi per definire William Galli.
«Scaltro, sia in corsa che nella vita quotidiana; disinvolto; e diciamo pure simpatico».
Ti doperesti se avessi la certezza di non essere mai "beccato"?
«Ma piuttosto smetto! Sono qui per divertirmi, e fin quando vedo che riesco a farcela con le mie forze vado avanti. Quando l'impegno diventerà troppo gravoso, allora mi ritirerò e andrò a lavorare con mio padre nella sua industria di lavorazione del ferro».
Quale corridore è il tuo modello?
«Purtroppo non corre più: è Gianni Bugno, un grande, uno che prima di essere un ciclista era (ed è) un uomo vero. Tra quelli ancora in attività mi piacerebbe assomigliare un po' a Bartoli».
Qual è stato, finora, il giorno più bello da professionista?.
«La prima gara in Italia: era il Trofeo Coppi e Bartali. Prima avevo corso solo una prova a tappe in Cile, ma solo tornando in Italia e scendendo in strada al fianco di tutti i protagonisti del ciclismo mondiale ho preso coscienza del nuovo ambiente in cui mi trovavo: era venuto il momento di fare sul serio».
La corsa più bella tra quelle disputate?
«Il Giro di Toscana, il percorso era adatto a me, con un po' di saliscendi, e ho fatto meno fatica di altre volte a fare la mia corsa».
E la più bella tra quelle da vincere?
«Come tutti rispondo la Milano-Sanremo: mi difendo in salita, e sono veloce in caso di arrivi con pochi corridori (sono un "uomo da gruppetti"). Quindi credo che la Classica di Primavera potrebbe essere un traguardo da sognare, per le mie caratteristiche. Anche se da qualche anno vincono sempre i velocisti».
Quali sono i tuoi hobby?
«Mi piace andare a pesca e sono appassionato di auto sportive. Non per niente ho un'Audi TT».
Qual è il tuo film preferito?
«Non ne ho uno in particolare».
E il libro da portare in ritiro?
«Scelgo "Se questo è un uomo" di Primo Levi».
La canzone della tua vita?
«... Non mi ricordo qual è il titolo...».
C'è qualche cruccio che ti porti dietro?
«Dal punto di vista ciclistico non mi posso lamentare. Anche se ogni tanto ripenso al Mondiale juniores del 1997, quando vinse il titolo Crescenzo D'Amore: in quell'occasione mi sarebbe potuta andare meglio».

Marco Grassi

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