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Hai voluto la bicicletta? - Scopriamo il mondo di Alberto Loddo

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Anche a girare da cima a fondo il gruppo, non ne troverete un altro come lui: Alberto Loddo, 23 anni (nato il 5 gennaio del 1979), corridore della Lampre, è infatti l'unico professionista sardo. E' passato quest'anno nel ciclismo che conta, e non ha ancora confermato gli ottimi risultati ottenuti nelle categorie inferiori, ma ha tanto tempo davanti. Tempo e voglia, visto che se «per quest'anno mi sono limitato ad imparare ed aiutare i miei compagni di squadra, nel 2003 voglio riuscire a combinare qualcosa di buono per me stesso».
Ma cosa significa, per un ciclista, essere sardo?
«Significa faticare il doppio per emergere, perché qui da noi, come anche nel resto del meridione, non c'è una tradizione: nessuno capisce di ciclismo, nessuno investe, e a chi vuole pedalare tocca emigrare: io me ne andai di casa a 16 anni, e arrivai in Lombardia, a Varese».
Hai dei rimpianti per questo? Credi di esserti perso qualcosa?
«No, perché sono sempre stato fortunato».
In Sardegna sei comunque seguito con molta attenzione ed affetto. Cosa ti suggerisce il tifo dei tuoi conterranei?
«Lo stimolo a far bene e la speranza di poter fungere da esempio per qualche giovane che, come me, ama il ciclismo e vuole mettersi in bicicletta. Anzi, spero che qualche altro sardo si avvicini a questo sport grazie alla mia presenza».
Tre aggettivi per definire Alberto Loddo.
«Sono abbastanza tranquillo ma anche un po' matto, nel senso che se voglio fare qualcosa la faccio. E sono un giocherellone».
Cosa sognavi quando hai iniziato e cosa sogni adesso?
«Da dilettante sognavo di diventare professionista, e ci sono riuscito, malgrado il salto tra le due categorie sia enorme: ora, al primo anno da pro', mi rendo conto di quanto sia difficile fare questo mestiere, ma malgrado ciò sogno di diventare un signor corridore».
E quando ti sentirai arrivato?
«Quando inizierò a vincere qualche corsa prestigiosa».
Come per esempio...
«La Milano-Sanremo, difficilissima, ma forse la più adatta alle mie caratteristiche».
Chi è il tuo idolo in corsa?
«Nasco tifoso di Bugno, ma ora ammiro tantissimo Zabel: mi piace tanto il modo in cui corre, ma pur avendolo visto varie volte in gruppo non sono ancora riuscito a parlargli».
Quale corsa, tra quelle disputate, ti è piaciuta di più?
«Sicuramente la Parigi-Roubaix, nella quale mi sono anche comportato benino: ero nel gruppetto in fuga prima della Foresta di Arenberg, poi forai e addio sogni. Ma fu bellissimo anche per l'accoglienza del pubblico: 280 chilometri di strada piena di gente colma di entusiasmo».
Quali sono i tuoi hobby?
«Quando posso, vado a ballare: ma solo a fine stagione, sennò chi li sente i direttori sportivi!».
Qual è il tuo film preferito?
«"Salvate il soldato Ryan" è quello che più mi è rimasto impresso».
E il libro da portare in ritiro?
«Uno qualsiasi di Sciascia».
La canzone della tua vita?
«Non una, ma parecchie. In generale direi Battisti».
Navighi in internet?
«C'è stato un periodo in cui mi ci ero fissato, ci stavo ore ed ore: funziono così, quando mi appassiono a qualcosa, quella cosa diventa per me come una droga».
Sei innamorato?
«Per il momento no. Mi piacerebbe innamorarmi della persona giusta, altrimenti meglio star solo».

Marco Grassi

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