Il Portale del Ciclismo professionistico

.

Ballerini indica la via - Il ct guarda a Zolder con fiducia

Versione stampabile

E' un luogo comune dire che in Italia ci sono 60 milioni di commissari tecnici. Questa teoria, nata per il calcio, è facilmente estensibile al ciclismo: con l'avvicinarsi dell'appuntamento mondiale tutti hanno qualcosa da dire, da suggerire, da specificare (in particolare quest'anno). Tutti, alla fine, avranno ragione. Tutti meno uno, Franco Ballerini. A meno che l'Italia non centri l'obiettivo che le sfugge dalla bellezza di dieci anni, quella maglia iridata che non vediamo sulle spalle di un azzurro da quando Bugno la sfoggiava con la sua proverbiale eleganza.
Che il ruolo di ct sia tra i più complessi, Ballerini lo sa bene. Ma si considera un privilegiato, ed è orgoglioso «di essere stato scelto, perché se hanno puntato su di me, così giovane, significa che nel corso della mia carriera ho lanciato dei segnali diversi, non solo "atletici"».
Ma l'aver smesso di correre soltanto l'anno scorso facilita o complica i rapporti con i suoi ex colleghi?
«E' difficile scegliere di lasciare qualcuno a casa. Ma si tratta di un lavoro, e non posso dare spazio a sentimenti di amicizia, devo pensare solo al bene della nazionale. D'altro canto, il fatto di aver corso fino a poco tempo fa mi permette di conoscere bene i corridori, dal punto di vista psicologico oltre che atletico. E ciò fa sì che io possa convocare anche qualche nome meno noto».
Martini, supervisore delle nazionali azzurre, l'aiuta in qualche modo?
«Alfredo per me è un mito, un punto di riferimento. Lo chiamo se ho qualche dubbio, ne discutiamo, confrontiamo le idee. Ma non è mai invadente, mi consiglia con discrezione, senza entrare poi nel merito delle mie scelte. E' un'enciclopedia vivente del ciclismo, so di poter sempre contare su di lui».
C'è una tensione particolare a causa del fatto che non si vince da tanto tempo?
«Non più di quella che ci sarebbe avendo vinto lo scorso anno e dovendosi confermare (lo sport è crudele per questo: non ti dà il tempo di goderti un successo, che subito devi pensare al futuro). Comunque è vero che dieci anni di digiuno sono un'enormità per un movimento come quello italiano, per i corridori di cui dispone e per le vittorie nelle corse di un giorno che abbiamo raccolto in questi anni. Ma se riusciamo a creare il clima giusto in squadra, stavolta possiamo davvero fare grandissime cose».
Più facile o più difficile gestire la corsa su un circuito facile come quello di Zolder?
«Indubbiamente più difficile: se c'è la salita la corsa si fa da sé, il gruppo si screma, e tra l'altro è anche più facile allestire la formazione, sapendo bene chi va forte e chi no. In pianura invece tutti possono dire la loro, bisogna essere impeccabili per tenere in mano la corsa: se per chiudere un buco di 30" in montagna ci metti 2 chilometri, in pianura ce ne vogliono 25».
Però il ct quest'anno potrà dividersi le responsabilità con Cipollini: lei (la squadra) lo mette in condizione di fare la volata, poi tocca a lui. E se sbaglia, non si potrà certo gettare la croce addosso a Ballerini.
«In fondo è sempre così: a un certo punto tocca al capitano. A Roubaix, per fare un esempio, per me arrivava il momento di prendere in mano la situazione. Poi a volte facevo bene, a volte sbagliavo. La condivisione di responsabilità tra direttore sportivo e corridori c'è sempre. Certo, so di essere il riferimento principale per quello che avverrà: a me toccherà dare una linea, essendo consapevole che su quel circuito tutto quello che avrò studiato a tavolino potrà essere smentito in corsa, vista la difficoltà di gestire la gara. Speriamo di riuscire a prendere tutto in mano prima possibile, anche perché raddrizzare una situazione imprevista significherebbe sacrificare almeno due uomini».
C'è l'impressione che il gruppo non abbia preso bene la storia del ritiro-non ritiro di Cipollini. Ci potranno essere per questo ripercussioni sulla Nazionale?
«No, alla fine prevarrà il senso di appartenenza al clan azzurro. Anche nella vita di tutti i giorni succede che qualcuno faccia battute cattive o commenti poco teneri su qualcosa che facciamo: non mi sembra il caso di dare troppo peso a queste cose».
Ci dà qualche anticipazione sulle convocazioni? Ci sarà o no un blocco della Acqua & Sapone?
«Se chiamo, com'è probabile che avvenga, gente come Lombardi e Scirea, non è per formare un blocco della Acqua & Sapone: significa che avrebbero meritato comunque la convocazione, indipendentemente dalla presenza del loro capitano Cipollini. Ho in mente una bozza di Nazionale, mi mancano tre o quattro pedine. Da qui al 30 settembre avrò tutto il tempo per chiarirmi le idee, tenendo conto delle indicazioni che mi verranno ancora dalla Vuelta e dalle corse italiane di questo periodo».
Cipollini le suggerisce di portare uno solo tra Di Luca e Bettini, per evitare complicazioni. Cosa gli risponde?
«Niente, non so bene cosa abbia detto e non voglio dare peso a questa cosa. So che Mario è portato ad agire e parlare da capitano, visto che è la sua indole e anche il suo ruolo da molti anni. Ma è una persona molto intelligente, e sono convinto, ad esempio, che se il 13 ottobre si renderà conto di non essere al meglio, ce lo dirà in modo da permetterci di attuare una tattica alternativa a lui».
Con l'avvicinarsi del momento topico (il Mondiale) e con le responsabilità che il suo ruolo comporta, non le viene voglia di tornare a fare il corridore?
«No, se ho deciso di smettere vuol dire che volevo smettere e che ci avevo pensato bene. Ogni cosa ha il suo tempo, se avessi rimpianti significherebbe che ancora non so cosa voglio fare da grande».
Che avrebbe fatto se non le avessero dato l'incarico di ct?
«Quello che stavo già facendo: avrei lavorato per la Mapei, per la quale mi occupavo di pubbliche relazioni e di rapporti tra squadra e stampa. Magari avrei "fatto carriera", in Mapei o in qualche altra squadra».
A proposito del suo vecchio team, che lascerà le corse a fine stagione: mancherà più Squinzi al ciclismo, o più il ciclismo a Squinzi?
«Mancherà più lui a questo mondo: è difficile trovare uno sponsor che investa tanto, e che ci metta tanta passione. Ma conoscendolo so che anche lui soffre per questo distacco: la sua è una passione vera, se uno col suo impero economico trova il tempo di andare in bici, vuol dire che è innamorato di questo sport. Squinzi è una grande persona; quando mi chiamarono dalla Federazione, fu lui a incitarmi ad accettare, pur avendo io un contratto con la Mapei: "Questa cosa ti farà crescere", mi disse».
Baratterebbe una delle sue due Roubaix con un Mondiale vinto da ct?
«Sono gelosissimo delle mie Roubaix, di questi due pezzi di pietra che ho sempre sotto gli occhi (anche adesso). E' una corsa che mi ha talmente affascinato, che mi viene difficile anche pensare di poter scambiare quei successi con qualcos'altro... ecco, potrei dire "le baratto" se sapessi di avere una squadra non all'altezza, ma mentirei... Comunque il problema non si pone visto che siamo molto forti: se troveremo l'accordo, le mie Roubaix potranno convivere tranquillamente con la maglia iridata».
Ha più sentito Lanfranchi da un anno a questa parte?
«Sì, l'ho sentito e l'ho anche visto diverse volte. Si è parlato molto del pasticcio di Lisbona (con Simoni in fuga nel finale, Lanfranchi si mise all'inseguimento collaborando a riportare sotto gli avversari e vanificando il lavoro della Nazionale azzurra, ndr). Io continuo a credere che sia stata una svista, che Lanfranchi non sapesse effettivamente che c'era Simoni in fuga (anche Cicloweb.it lo crede); ma non gli perdono l'errore tattico, che, anche se in buona fede, c'è stato ed è stato grosso: è scattato forse pensando, in quel modo, di farsi vedere dal mondo intero. Ma non era il suo compito: se si fosse portato appresso tre o quattro avversari più veloci di lui?».
Lo sa che tutta Italia le fa l'in bocca al lupo sperando di esultare insieme a lei il 13 ottobre a Zolder?
«Lo so, e spero di vincere non per me ma per i tifosi, che ci sono rimasti vicini malgrado tutto quello che è si è scatenato ultimamente intorno al ciclismo. Per questo motivo prima ho detto che non scambierei le mie due Roubaix: perché la maglia iridata non sarebbe un premio per me, ma, appunto, per i tifosi, che sappiamo ci seguiranno in tantissimi, sul circuito e in televisione, e a cui vogliamo dare una grande gioia».

Marco Grassi

RSS Facebook Twitter Youtube

30/Jul/2017 - 20:30
ESCLUSIVO: le immagini del folle che ha tagliato la strada al gruppo facendo cadere decine di corridori al Giro d'Italia

24/May/2016 - 21:06
All'An Post Rás giornata di gloria per James Gullen nella tappa "di montagna": Fankhauser diventa leader

24/May/2016 - 17:07
Giro, nel giorno della nuova delusione di Vincenzo Nibali vince Alejandro Valverde davanti a Kruijswijk e Zakarin

23/May/2016 - 22:12
An Post Rás, nella seconda tappa vince il padrone di casa Eoin Morton

23/May/2016 - 16:00
Giornata di rinnovi: André Greipel e Marcel Sieberg alla Lotto Soudal fino al 2018, Geraint Thomas prolunga con la Sky

23/May/2016 - 13:11
Benjamin Prades vince l'ultima tappa del Tour de Flores ma non basta, la generale va a Daniel Whitehouse

23/May/2016 - 12:39
Brutte notizie per il ciclismo elvetico: l'IAM Cycling comunica che cesserà l'attività a fine stagione

23/May/2016 - 11:22
Conclusi i Campionati Panamericani: l'ultimo oro è dell'ecuadoriano Jonathan Caicedo

22/May/2016 - 23:59
Il Tour of California si conclude con una imperiosa volata di Mark Cavendish. Classifica finale a Julian Alaphilippe

22/May/2016 - 23:39
Il Tour of Bihor si chiude nel segno dell'Androni Giocattoli-Sidermec: tappa a Marco Benfatto, generale a Egan Bernal

22/May/2016 - 23:20
Women's Tour of California: gioie finali per Kirsten Wild e Megan Guarnier. Le altre corse: ok Bertizzolo e Lepistö

22/May/2016 - 22:44
Velothon Wales, Thomas Stewart supera Rasmus Guldhammer e Ian Bibby

22/May/2016 - 22:24
Dilettanti, ulteriori vittorie per Nicola Bagioli e Riccardo Minali alla Due Giorni Marchigiana

22/May/2016 - 22:22
Scatta l'An Post Ras: la prima tappa va all'olandese Taco Van der Hoorn grazie ad un colpo di mano