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Corsivo - Niente Erbe: quando la tv crea la realtà

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Una delle tappe più attese del Giro d'Italia 2006 si ritrova storpiata, tagliata, rimaneggiata. C'è maltempo, e allora il Passo delle Erbe, previsto dopo 96 dei 133 km in programma, salta, non si fa più, viene cancellato dall'altimetria. Ad un primo sguardo, niente di cui stupirsi, niente di sconvolgente: quante volte ci siamo ritrovati in situazioni simili?
Vero. Ad un primo sguardo viene da fare spallucce e puntare gli occhi all'arrivo, che rimane invariato malgrado la neve caduta. Ma se si analizza il modo in cui la decisione degli organizzatori è maturata, viene da storcere un po' il naso.
Cos'è successo? È successo che Paolo Bettini, tranquillo e spensierato, si è presentato al microfono di Alessandra De Stefano nella trasmissione mattutina della Rai, SiGira. E lì la giornalista gli ha fatto vedere un collegamento con l'arrivo, dove stava in quel momento nevicando. L'umore del Grillo è cambiato di colpo. "Nevica, nevica". "Si dice che la situazione sul Passo delle Erbe sia ancora peggio!". Chi lo dice? Lo dice un meteorologo lì presente, che parla di modelli matematici secondo cui "la situazione sul Passo delle Erbe POTREBBE essere addirittura peggio che sul Plan de Corones".
Sul Plan c'è un grado sottozero. Quindi, sillogicamente, sulle Erbe ce ne saranno 2 o 3 in meno. Il passaparola è rapidissimo, si crea un assembramento davanti ai monitor Rai, cresce il malcontento tra corridori già esasperati dai troppi trasferimenti previsti in questo Giro.
La De Stefano, bontà sua, non fa niente per placare gli animi, tutt'altro: rinfocola in maniera esasperata la polemica, e gli animi si scaldano. A che serve che Vegni, direttore della corsa, asserisca che ha sul Passo delle Erbe due persone che garantiscono che si può passare senza troppi problemi? A niente! L'orgasmo mediatico è inarrestabile, il caso è ormai creato, bisogna andare avanti a tutti i costi. Parla Rubiera, si lamenta dei trasferimenti, d'accordissimo Chechu, ma che c'entra col Passo delle Erbe?
Vegni si affanna a dire che l'organizzazione non vuol giocare sulla pelle dei corridori, ma dall'altra parte c'è il colonnello Tajani che dice che FORSE su quella salita potrebbero esserci precipitazioni a carattere ANCHE nevoso. I corridori vogliono evitarsi una discesa al freddo, una discesa che in realtà è di pochi chilometri, e protestano, non vogliono partire. De Stefano è il loro megafono, ma è anche le batterie che attivano il megafono.
Mauro Vegni è un irresponsabile, a quanto pare. Malgrado le sue garanzie (ci sono 3-4° sul Passo!), fanno più notizia le anticipazioni sensazionalistiche (ma fatte da km di distanza dal posto in esame) dei meteorologi. Un po' come quando in quel famoso derby di Roma, non servì a niente che il prefetto della Capitale (Serra) dichiarasse ufficialmente che non c'era nessun bambino morto in seguito ad un investimento da parte di una gazzella della polizia. Era una leggenda metropolitana, ma la leggenda ebbe la meglio e la partita di calcio non venne portata a termine. Avevano deciso gli ultrà.
In questo caso, gli studiosi di comunicazione andrebbero a nozze: perché deve avere più credito un personaggio con un microfono in mano, piuttosto che un responsabile pagato per garantire certe condizioni di gara? Se non ci fosse stata quella trasmissione mattutina della Rai, probabilmente si sarebbe passati tranquillamente sul Passo delle Erbe, come in altre mille occasioni in cui si è affrontato un passo alpino pur con delle avverse condizioni climatiche.
Oppure, se le condizioni fossero peggiorate, l'organizzazione avrebbe dirottato altrove la carovana, esattamente come successo poi per l'arrivo di Plan de Corones, cancellato a causa di una bufera di neve scatenatasi nel pomeriggio. Ecco, così si può accettare: persone responsabili prendono decisioni responsabili. In altra maniera, con la tv che decide per tutti, non va più bene.
Anche perché poi che ce ne facciamo di tutti i pistolotti sul ciclismo che fu, sull'impresa di Gaul e sulla bufera del Bondone del 1956? Non parliamone più, mettiamoci l'anima in pace, quel ciclismo non esiste più e possiamo tranquillamente parlare d'altro.

Marco Grassi

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