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Marco Pantani: ancora in fuga | Cicloweb

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Marco Pantani: ancora in fuga

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Un sondaggio lanciato dal quotidiano La Repubblica indica in Marco Pantani lo sportivo più amato degli ultimi 30 anni, davanti a Roberto Baggio e alla Nazionale di calcio Campione del Mondo nel 1982. Più che il Mortirolo, l'Alpe d'Huez, il Galibier.

 

La montagna domata oggi da Marco Pantani si chiama calcio. Trent'anni (1976-2006) di storia sportiva italiana, che qualsiasi giornalista di buon senso liquiderebbe come "gli anni del calcio". Parlato, politico, economico, a volte persino giocato. Che si è mangiato i due terzi dei quotidiani sportivi, in cui una Brescello-Pizzighettone di serie C ha lo stesso spazio di una Milano-Sanremo, di una maratona di New York, di molti ori olimpici. I cui divi tracimano anche in quella melassa che alla periferia dell'impero in molti si ostinano a chiamare "mondo dello spettacolo". Il calcio appena sfiorato (e quasi sempre assolto) dagli scandali del doping, gli stessi che hanno fermato, ferito e ucciso Pantani. Pantani, il simbolo dello sport marcio, il cattivo trascinato in manette, la pecora nera. Non era vero. Non era vero Pantani: troppo bello, troppo forte. Non poteva essere vero uno scalatore che con le sue sole forze, nello sport più marcio di tutti, riesce a domare il terminator Ullrich, nato per vincere un Tour de France in fila all'altro e squassato dagli scatti del Pirata, dal gelo, persino dalle discese, da quell'ultima sensazionale salita a Les-Deux-Alpes, in altre parole dal ciclismo che si vede solo nei sogni. Non poteva essere vero, nel ciclismo dei secondi che si conquistano col contagocce, uno che rimane staccato perchè ha rotto la bici e in pochi chilometri di salita supera cinquanta avversari e va a vincere. E infatti non era vero. Dopato. Lui: via, spazio agli onesti. I corridori onesti, a cominciare dall'americano Armstrong che vince sette Tour de France, che fa allunare il ciclismo nel paradiso dello sport miliardario, e che, a perfezionare lo show, era addirittura sopravvissuto al cancro? Ma sopratutto gli sport onesti, meglio se ricchi, come se il doping non avesse fiuto nel capire dove stanno i soldi. Non era vero. Il sondaggio di oggi ci dice che non era vero quello che in troppi hanno raccontato in questi anni. Ci dice che gli sportivi hanno sempre creduto al Pantani del Galibier, non a quello circondato dai carabinieri a Madonna di Campiglio. Che chi sa un po' di sport sa come la farmacia vi sia entrata da tempo e in modo molto più capillare e perverso di quanto non appaia da un test antidoping in più o in meno. Che Pantani, ancora una volta, è andato oltre l'immaginabile. Un analista elettorale osserverebbe che Baggio e la nazionale, insieme, arrivano a oltre il 30% dei voti. Certo, ma il dato più genuino di questo sondaggio è che, anche sommando come si vuole tutti i partecipanti, la certezza è che gli sport "poveri" sono amati da una netta maggioranza. Netta e, come si direbbe in politica, "plurale", con voti per Chechi, gli Abbagnale, il volley, Mennea, la Vezzali, emblemi di sport persino più poveri del povero ciclismo. Un altro dato certo è che questi voti sono stati meditati. Infatti guardano al passato: tra i primi dieci, l'unico sportivo in attività è Valentino Rossi, quarto. E lo fanno su una testata giornalistica nazionale, molto romana (e non, ad esempio, sul più "nordista" Corriere, presso un pubblico quindi che forse avrebbe premiato ancora di più il Pirata), e che è sempre stata in prima linea (e spesso si è distinta per assalti all'arma bianca) nel denunciare il doping e i dopati. Per di più lo fanno attraverso un mezzo, internet, tipicamente giovanile, alla faccia di chi descrive il ciclismo come uno sport per nostalgici passatisti. Il sondaggio ci dice qualcosa di più sul mistero Pantani. Ci dice, a scandalo ancora fresco, che quello che i media hanno descritto come il dopato e drogato Pantani è lo sportivo che più di tutti ha fatto quello che gli sportivi chiedono allo sport: di portarli con loro a velocità vertiginose su strade fantastiche. Gli ultrasuoni emessi del silenzioso Pantani hanno colpito il loro cuore più delle valanghe di chiacchiere dello sport parlato. L'uomo in fuga, nonostante tutti i suoi sforzi, ha espresso troppa bellezza per essere lasciato solo.

Guido Legnante

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