Corsivo - Caro Castellano, ora rubi al Tour i suoi "Big"
Versione stampabileBel Giro, complimenti. L'avvocato Carmine Castellano anche stavolta non si smentisce e ci propone una corsa rosa all'altezza della sua recente fama: tante montagne, poco cronometro, tanto divertimento così promesso agli appassionati. Che gioiranno per le sicure imprese dei Simoni, dei Garzelli, magari dei Savoldelli, e che scopriranno il campione del futuro (vedi Popovych), pronto a tradirli presto per il Tour, o accompagneranno il tramonto di primedonne del passato (vedi Tonkov). Ma che poi resteranno con un dubbio tenace: ma non è che i Nostri vincono per mancanza di alternative decenti?
"Quest'anno al Giro c'era il vincitore della Vuelta 2002, Aitor Gonzalez", ricordano alla Rcs. Ma anche ad avere il prossimo anno l'intero podio della corsa spagnola, avremmo un Heras che ha consacrato la sua carriera (al di fuori della stessa Vuelta) a un ruolo di attendente di Sua Maestà Armstrong; un Nozal, oscuro pedalatore da crono; e un Valverde, notevole promessa iberica che però in montagna pare ancora un gradino sotto al miglior Simoni.
Quindi, a conti fatti, il Moloch da saccheggiare è il Tour. E' al Tour che il buon Castellano (coi suoi collaboratori) deve scippare qualche nome da mettere in cima ai cartelloni di presentazione dello show. Perché poi il rischio di avere un Simoni in rosa a Milano e in grigio, grigissimo sulle strade di Francia, non vorremmo più correrlo. E allora sarebbe bello che il nostro Gilberto, prima che l'età che avanza glielo renda improponibile, potesse misurare se stesso e le sue ambizioni Touristiche in casa sì, ma con qualche rivale che solitamente sa fare la voce grossa anche in Francia.
Posto che Armstrong, tutto assorto nel novo destino (ovvero vincere il sesto Tour, impresa mai riuscita a nessuno), in Italia non verrà; posto che Ullrich, grande a cronometro e meno in salita, si sarà fatto una risata davanti all'altimetria del prossimo Giro; e posto che in ogni caso non conviene avere dei corridori che, alla maniera antica di Lemond, vengano da noi a preparare la Grande Boucle, e con evidente spregio del risultato e dell'immagine si dispongano a figure barbine dagli Appennini alle Alpi (vedi, appunto, l'ultimo Aitor); posto tutto questo, occorre attrarre gli altri, e occorre dar loro motivazioni forti.
Non è così pacifico che un Vinokourov, un Mayo, un Beloki, bravi, bravissimi in montagna, preferiscano sempre accontentarsi delle briciole al Tour anziché venire a vincere (Simoni permettendo, è naturale) un bel Giro, un Giro nel quale non dovrebbero sacramentare per la partenza ad handicap data dalla cronosquadre, e per il gap che comunque va messo in preventivo nelle cronometro.
E siccome qualcuno di loro sarebbe sicuramente affascinato dalla corsa rosa, il lavoro di convincimento va fatto con le squadre, che invece continueranno a preferire le sterminate platee televisive e i ricchi premi del Tour alla realtà certo più austera del Giro. I riconoscimenti in denaro per vincitori e piazzati in Italia sono circa la metà che in Francia, sia per le singole tappe che per i traguardi volanti che per le varie classifiche; anche alla Vuelta questi premi sono superiori. Proprio in questi giorni gli organizzatori della Rcs festeggiano un ritorno degli sponsor al Giro: bene, con l'aiuto dei nuovi sponsor aumentiamoli, allora, questi premi.
Sul versante televisivo, invece, qualche passo in avanti è all'orizzonte: "Cercheremo di allargare la visibilità televisiva del Giro all'estero, è un impegno che ci prendiamo", fa sapere Ennio Mazzei, amministratore delegato di Rcs Sport. Bene, benissimo. Ma non è tutto: "Si può migliorare il marketing legato alla corsa rosa: sul marchio Giro, sul merchandising, sull'immagine complessiva del prodotto si può e si deve investire".
Musica per le nostre orecchie.
Vogliamo perciò avere fiducia e sperare che il lavoro degli uomini rosa renda il nostro amato Giro un po' più internazionale. Per non lasciarci per l'ennesima volta con l'idea di una torta bellissima a vedersi ma che poi, al momento dell'assaggio, manca sempre di qualche ingrediente.