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Corsivo - L'inutile tira e molla di Cipollini alla Vuelta

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Alla fine la cosa si è risolta per il meglio. Nel senso che Cipollini parteciperà alla Vuelta di Spagna, e l'ultimatum degli organizzatori iberici ("Senza Mario niente Domina Vacanze alla nostra corsa") non ha più ragion d'essere. Ma quanta fatica, quanta inutile fatica.
Ricostruiamo per sommi capi la vicenda, per come presumibilmente si dev'essere svolta:
- Santoni, team manager della Domina, garantisce alla Unipublic (società che organizza e gestisce la Vuelta) la presenza di Cipollini in cambio di una wild card per la sua squadra;
- gli organizzatori annunciano la presenza del campione del mondo alla loro corsa;
- il campione del mondo non vuole saperne di andare in Spagna, visto che è fuori condizione (non corre praticamente dal Giro, non si allena da quando ha saputo che non l'avrebbero invitato al Tour) e non ci tiene a raccattare figure barbine con tanto di iride addosso (si sa, tutto si può perdere fuorché l'onore);
- Santoni fa di tutto per convincere Mario, dapprima senza riuscirci;
- interviene allora il patron Preatoni, che, contestualmente all'allungamento del contratto (per due anni) a Cipollini, la sera dell'ultima domenica di agosto qualche mezza promessa deve riuscire a strapparla;
- gli spagnoli intanto strepitano: "Faremo la Vuelta con 21 squadre anziché 22, la Domina può restare a casa";
- ma Santoni finalmente può gioiosamente annunciare che Cipollini ci sarà, sarà al suo posto, con tutta la squadra, con buona pace di chi ci vuole male.
Fin qui quello che è successo. Quello che accadrà ancora non lo sappiamo, ma l'ipotesi di un Cipollini fuori forma che si ritira dopo mezza settimana di gara (magari senza aver vinto neanche uno sprint volante) non dev'essere così arcana, se Mario ha lungamente accarezzato l'alternativa, ovvero dribblare l'impegno. Del pari, la classe del campione potrebbe invece spingerlo al riscatto, traducibile in un bel paio di braccia alzate sotto un traguardo iberico. Chi vivrà vedrà; nel frattempo, per noi è possibile fare solo un paio di considerazioni.
La prima: ma Santoni e Cipollini perché non parlano fra loro? In tal modo Mario potrebbe avvisare in anticipo il suo team manager circa le corse che vuole o non vuole disputare. La seconda: posto che invece Mario abbia detto chiaramente che lui alla Vuelta non ci pensava manco morto, perché Santoni ha voluto tirare tanto la corda? Sapeva che probabilmente Cipollini avrebbe ceduto, ma a che prezzo?
Al prezzo di esporre il campione del mondo all'attenzione generale come uno che non vuole fare il proprio mestiere (nel caso, correre). Al prezzo di aver dovuto subire un ultimatum se vogliamo umiliante (uno Scarponi gettato nell'economia di una Vuelta, ad esempio, non vale proprio niente?). Al prezzo di aver dato al mondo l'immagine di una squadra in balia delle bizze di una capricciosa primadonna. E questo, solo nel caso che Cipollini vinca qualche tappa e ci renda ancora felici. Perché nel malaugurato caso opposto (tutt'altro che inverificabile, lo ripetiamo) di un Mario sotto tono, apriti cielo!, già li vediamo i Leblanc alla finestra ("Ho fatto bene a non invitarlo al Tour! L'ho sempre detto che non è un professionista serio!").
Insomma, caro Santoni, se la questione fosse stata gestita con maggior diligenza, non ne avremmo ricavato un soldo di danno. Che ciò possa almeno servire da lezione per il futuro, altrimenti sarà inutile pretendere dagli organizzatori (italiani, francesi o spagnoli che siano) maggiore considerazione di quella così meritata.

Marco Grassi

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