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Corsivo - Promossa la Rai, Bisteccone fuoriclasse

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Nella stagione del disimpegno (ricordate la questione Tirreno-Adriatico?), la Rai inventa una bella edizione televisiva del Giro d'Italia e ne viene ripagata in termini di ascolti. Aiutata certo da una corsa appassionante (più della media) sin dalla prima tappa, la tv di stato ha avuto la riprova che il ciclismo "tira" ancora, e ciò fa ben sperare perché evidentemente Viale Mazzini non si tirerà indietro quando si tratterà di trasmettere le corse "minori": una volta fiutato l'affare, tutto vien da sé.
La squadra della Rai al Giro si è dimostrata affiatata e capace di offrire un servizio puntuale e piacevole (complimenti al capo della spedizione, Eugenio De Paoli). In telecronaca Auro Bulbarelli cresce anno dopo anno in precisione ed efficacia, Davide Cassani al suo fianco è la solita certezza, e in quest'occasione abbiamo anche apprezzato gli interventi dalla cabina di regia di Silvio Martinello. In moto meglio Fabretti di Roata, a cui avrebbe giovato un minor uso di figure retoriche. Perfetto l'uso della telecamera dall'elicottero.
I classici programmi di contorno sono sempre ben curati (Roata si riscatta la notte, Fabretti gigioneggia la sera), e al mattino Alessandra De Stefano dimostra che non si vive di sole interviste all'arrivo. Bravissima, la giornalista, a pescare subito i personaggi del giorno dopo la conclusione della tappa, ma per il prossimo anno ci aspettiamo domande più incisive delle solite "Cosa hai provato?" e "Quali sono state le tue sensazioni?".
Ma veniamo al piatto forte della programmazione collaterale: "Stappa la Tappa", l'ex processo, ha visto il battesimo di Giampiero Galeazzi, accolto in un mondo ultraconservatore come quello del ciclismo con moti di diffidenza, dovuti al fatto che non fosse (per sua stessa sincera ammissione) un tecnico o un esperto, e forse anche per certe sue esibizioni del passato (ricordarlo a Domenica In con la Venier dà ancora brividi freddi).
"Bisteccone" ha invece affrontato la sfida con umiltà, mettendosi al servizio della trasmissione e affidandosi a chi ne sapeva di più (Claudio Ferretti, ospite fisso, e i giornalisti e i tecnici che di volta in volta si sono avvicendati in studio). Via via il conduttore (che ha esibito per l'occasione una barba nuova di zecca ed è stato affiancato da due belle gemelle bionde) ha preso coraggio, iniziando a padroneggiare l'argomento, e ciò che è emerso è stata la sua capacità di andare a fondo di ogni questione, sviscerando tutti i temi e le varie problematiche, e punzecchiando qua e là i protagonisti con domande (quasi) mai banali. Il mistero di Galeazzi, celato dalla sua strabordante fisicità, è consistito nel tenere sempre in mano la situazione malgrado desse l'impressione di perderne il controllo. Aiutato in questo dal coordinamento di Ivana Vaccari e dalla propria (giustamente rivendicata) esperienza: è chiaro che Galeazzi in uno studio televisivo è sacrificato, ha bisogno di stare sul campo per dimostrare la sua bravura (memorabili le sue interviste calcistiche per la Domenica Sportiva, quasi vent'anni fa, indimenticabili le sue cronache del canottaggio).
Ha avuto ragione, Bisteccone, e i personaggi che giorno dopo giorno ha ospitato gliene hanno dato atto. Peccato solo per i frequenti battibecchi col simpatico Gigi Sgarbozza (che ha messo la sua verve a disposizione anche della trasmissione serale): iniziato per gioco, il "duello" fra conduttore e opinionista indisciplinato (ma che in realtà chiedeva solo maggior spazio per esporre le sue tesi) ha a volte appesantito il clima della trasmissione.
L'ultimo appunto, molto bonario, è per Bulbarelli. Pare che soffra il confronto con Adriano DeZan, che lo ha preceduto in postazione di telecronaca: non dovrebbe avere di questi problemi, visto che il compianto Adriano era un vero e proprio mito, e come tale ineguagliabile. Ci piacerebbe che il buon Auro ricordasse più spesso il caro DeZan, tuttora, a quasi due anni dalla sua scomparsa, amatissimo dalle folle e celebrato su decine di striscioni.

Fiorella Merola

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