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Primavera italiana - Un Bartoli rinato plana sull'Amstel

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Non finisce più il grande risveglio dei campioni italiani in questa primavera di ciclismo e di classiche: l'ultimo in ordine di tempo ad essere tornato il campione che fu e che ultimamente si era un po' nascosto è stato Michele Bartoli, che all'Amstel Gold Race ha domato la resistenza di un certo Lance Armstrong e di un uomo del valore di Michael Boogerd.
Il pisano ha corso da vecchia volpe, rimanendo nascosto all'ombra della furia del suo compagno Serguei Ivanov, in fuga con lui e che con continui scatti ha fiaccato la resistenza di Lance Armstrong, che rispondeva ad ogni punzecchiatura, e anche di Michael Boogerd, che invece aveva scelto una tattica più attendista. Il risultato è stato una volata in cui Bartoli non è stato sfiorato nemmeno dall'ombra di cotanti rivali, e ha dovuto sudare solo per piegare la resistenza, strana la vita!, del suo luogotenente. Tanto di cappello a Ivanov, che dopo tanti sforzi ha trovato ancora l'energia per essere in testa fino a pochi metri dal traguardo, prima di essere bruciato di un niente dal ritorno prepotente di Bartoli. Ma l'Amstel Gold Race ci lascia nella mente un ricordo assai più dolce di quello dell'impegno del russo: il ricordo di una giornata che ha, ancora una volta, confermato che allo stato attuale delle cose il ciclismo italiano non teme rivali al mondo. Nelle corse di un giorno ma anche nelle corse a tappe, se solo uno dei "nostri" si decidesse a incentrare, come fanno Armstrong e Ullrich, la stagione sul Tour de Fracne: forse un Simoni al massimo della forma non si farebbe piegare facilmente dal campione texano.
Ma ci piace tornare su Bartoli: il pisano, dopo un periodo di effettivo appannamento, ritrova forza e stimoli, e coglie un successo che, nella scia del suo Fiandre e delle sue Liegi, lo riproietta nella prima fila degli uomini d'oro del ciclismo in linea. Peccato solo che quest'anno il Mondiale, da sempre il suo più grande cruccio, si svolgerà su un tracciato che con Bartoli ha poco da spartire. Perché qualcosa ci diceva che, per il grande sconfitto iridato degli ultimi anni '90, questa sarebbe stata l'annata buona.

Marco Grassi

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