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La sbornia di Liegi - Bettini vince, l'Italia trionfa

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Da non crederci: cinque italiani ai primi cinque posti della Liegi-Bastogne-Liegi, un successo collettivo che va a sommarsi alle vittorie di Cipollini (Sanremo e Gand-Wevelgem) e Tafi (Fiandre) ed è già molto più che sufficiente per far gridare alla venuta di una nuova Primavera del nostro ciclismo.
Una rinascita che paradossalmente avviene nel segno dei "vecchi". Ma i giovani ci sono (Ivan Basso, per esempio, è arrivato terzo alla "Doyenne"), anche se qualcuno ha un po' deluso (è il caso di Danilo Di Luca, che puntava decisamente sulle classiche e non ha raccolto niente).
La generazione di mezzo è invece rappresentata dagli eccezionali Bettini e Garzelli, che hanno dominato la Liegi, ma anche da Celestino e Codol (quarto e quinto), e anche, ancora, da Francesco Casagrande e Rebellin (ottavo e nono). Una presenza talmente massiccia da far letteralmente scomparire tutte le altre "scuole", da quella belga padrona di casa (che pure ha raccolto, nella campagna del nord, due significativi successi, tra la Roubaix di Museeuw e la Freccia di Aerts) a quella francese a quella spagnola a quella olandese a quella tedesca.
Per tornare al vincitore di Liegi, Paolino Bettini è un corridore che non sorprende ormai più nessuno: ricordate l'eccezionale ordine d'arrivo dei Mondiali dilettanti del 1996, con Figueras, Sgambelluri e Sironi sul podio? Quarto arrivò proprio Bettini, unico non medagliato di quella fenomenale squadra: aveva pagato il gran lavoro fatto per i compagni. Un campioncino generoso che ha poi consacrato i primi anni da professionista nella copertura del ruolo di spalla del Bartoli delle stagioni migliori. Poi è cresciuto, pian piano, fino ad esplodere proprio a Liegi nel 2000, fino a sfiorare un Campionato del Mondo (secondo di un soffio lo scorso anno dietro a Freire), fino a rivincere la Liegi facendo capire di puntare decisamente alla Coppa del Mondo. Di quel quartetto di dilettanti, oggi, Bettini è il migliore: una "rivincita" attesa a lungo, ma limpida e inequivocabile.
La Rinascita italiana di cui si parlava sopra, insomma, fa ben sperare per i prossimi mesi (o anni). Manca ancora un nuovo Pantani, in grado di entusiasmare le folle, ma prima o poi arriverà. Solo, ci torna in mente l'ultima volta che si parlò di Primavera italiana, meno di una decina di anni fa: grandi vittorie e, anche all'epoca, ordini d'arrivo monopolizzati. In seguito si venne a sapere che tutta quella messe di risultati nascondeva, in molti casi, pratiche poco lecite. Speriamo che questa, al contrario, sia una Rinascita del tutto pulita. Per noi che tifiamo, per loro che vanno in bicicletta.

Marco Grassi

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