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L'intervista: Al giudizio della Sacra Rota - L'Unieuro: «2014 di fatica ed inverno terribile. Voglio capire che corridore sono»

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Lorenzo Rota, corridore della Unieuro-Trevigiani © Unieuro

Due anni fa, Lorenzo Rota si è affermato come lo juniores italiano più interessante della classe '95 assieme a Simone Velasco, vincendo tra le altre corse la 3 Giorni Bresciana ed arrivando secondo al Giro di Basilicata. Nell'anno della svolta continental, fa una scelta radicale: saltare uno scalino e passare direttamente alla categoria continental nella Mg.Kvis-Trevigiani, sottoponendosi al difficile giudizio dell'osservatorio dilettantistico, spesso severo come la Sacra Rota, ossia il tribunale della Santa Sede, con chi salta le categorie: per alcuni è un atto sacrilego. Un anno che l'ha visto meno appariscente del collega, passato nel frattempo in Zalf, ma i risultati di un anno passato a rincorrere i grandi vengono fuori in questa stagione, con la squadra che nel frattempo ha cambiato nome in Unieuro: esordisce con un ottavo posto al GP Laguna, internazionale in Croazia, e poi si piazza secondo alla Coppa San Geo dietro il suo compagno di squadra Davide Ballerini. Conosciamo così questo talento, che ha già toccato il mondo dei professionisti da vicino e che l'anno prossimo potrebbe già farne parte: abbiamo scoperto un ragazzo simpatico, voglioso di raccontarsi e raccontare.

Lorenzo, come andiamo? Sei reduce da un po' di corse tra Italia, Slovenia e Croazia.
«Non ci lamentiamo, la settimana scorsa ad Umag abbiamo fatto un buon risultato col 4° posto di Gasparrini, io ho fatto la mia parte aiutando la squadra. Lì in Croazia e Slovenia le continental hanno anche gente un po' vecchiotta, che corre d'esperienza, e sui percorsi pianeggianti risultano ancor più avvantaggiati perché sanno correre».

Cominciamo con un excursus sulla tua carriera: dove e quando hai cominciato?
«Io ho iniziato come G1, nell'UC Ossanesga, una squadra vicino casa mia a Sorisole. Prima avevo fatto calcio per un paio di mesi, poi un compagno di scuola mi disse: "Dài, vieni a provare la bicicletta!". Sono andato un po' così alla cieca, mi è piaciuto fin da subito. Ho anche avuto la fortuna di cominciare a vincere presto, e questo ha aiutato la mia carriera ad andare avanti, perché mi sono sentito più stimolato. È sempre andata bene in tutte le categorie».

Quindi immagino che fino agli Juniores avrai vinto un bel numero di gare.
«Da Giovanissimo, parecchie. Ma da Esordiente e Allievo non ne ho vinte mica tante: 5 da esordiente, 3 da allievo, poi ne ho vinte 3 dal primo anno juniores e 8 nel secondo anno».

Ecco, possiamo dire che in quel secondo anno da Juniores sei "emerso", con vittorie anche importanti. Correvi in un team prestigioso, l'Aurea Zanica, dalla quale spesso e volentieri la Colpack andava a pescare. 
«L'Aurea dopo il mio anno ha chiuso, eravamo una bella squadra: ci han corso Tocchella, Ravanelli, Consonni. Dei miei coetanei la Colpack prese solo Andreoletti alla fine».

 

La prima stagione ed il feeling con le cadute

E arriviamo alla tua prima stagione da Under 23, partita con un confronto diretto coi professionisti: dev'esser stato traumatico.
«Eh infatti, l'anno scorso son partito col Laigueglia, quindi ti lascio immaginare, uno shock. Però pian piano son riuscito a migliorare, nelle gare che seguivano ho cercato di supportare i miei compagni, nei limiti delle mie possibilità. Da agosto in poi, a scuola finita, son riuscito anche a mettermi in pari con gli altri e a fare un finale di stagione bello pieno: ho fatto poche gare coi dilettanti e tante coi professionisti, dove bene o male riuscivo quasi sempre a portare a termine le corse».

Ricordo però un inizio traumatico anche non in senso lato, con una bella caduta in allenamento a Osio Sotto prima del Gp Lugano.
«Il bello è che mi è ricapitato pure quest'anno, al 2 gennaio. L'inverno che ho fatto quest'anno è stato il peggiore della mia carriera: ho avuto un problema al ginocchio che mi ha tenuto fermo quasi un mese, ho ricominciato praticamente a fine dicembre e subito, con questo incidente, ho spaccato la bici, oltre che essermi ammaccato un po'. Un guaio perché il 6 dovevo partire 20 giorni per Tenerife: per non farmi mancare niente mi son fatto venire pure la febbre».

E nonostante ciò, sei arrivato alle prime gare piuttosto in forma, a giudicare dai risultati. Quanti km sei riuscito a cumulare, durante quest'inverno?
«Beh, non tantissimi, 4000-4500, non di più».

Comunque un buon numero. C'è una tendenza a far sempre più chilometri d'inverno, anche tra i dilettanti, precludendo magari l'attività fuoristrada, o su pista. Ma tu, quest'inverno, qualche giro a Montichiari l'hai fatto?
«No, quest'anno zero. Però sai, spesso dobbiamo esser pronti subito. Ad esempio due miei compagni sono andati al San Luis, hanno esordito un mese prima di me: non puoi fare una corsa a tappe del genere senza avere almeno un po' di chilometri nelle gambe, altrimenti correrla diventerebbe persino deleterio. Si tende sempre ad anticipare di più. Non so fino a che punto sia giusto o sbagliato, tutto questo».

Ma torniamo alle tue cadute. Ricordo anche un bel frontale su un muro al Trofeo Piva in Aprile, per fortuna senza conseguenze.
«Quel periodo lì alle internazionali finivo sempre per terra: anche a Collecchio è andata a finire così. Al Piva poi stavo cercando di rientrare sul gruppo di testa dopo lo scollinamento, quindi facevo la discesa a tutta, e ad un certo punto ho sbagliato una curva, finendo un po' lungo: ho preso un muretto basso di pietra, mi son cappottato superando le aiuole e son finito direttamente contro il muro».

Qual è il ricordo più bello della passata stagione?
«C'è una gara che mi è rimasta impressa, a Bilbao, il Circuito de Getxo. Facemmo una bella gara e secondo arrivò Chirico: ma più che altro mi è rimasto impresso il calore della gente quel giorno, una cosa fantastica che emergeva giro dopo giro, visto che correvamo in circuito. Poi c'erano grandi squadre, come la Movistar».

 

Un corridore ancora tutto da scoprire

Non è ancora ben chiaro che tipo di corridore saresti.
«Eh, non l'ho ben capito neanch'io! Alla fine mi trovo bene un po' su tutti i percorsi, sono velocino ma in salita tengo. A me piacciono le corse piene di su e giù, quelle che comunque alla fine risultano dure, con strappi di 3-4 chilometri. Corse tipo il Piva, per l'appunto».

Ma potremmo vederti di nuovo far bene nelle corse a tappe? Al Giro della Valle D'Aosta, l'anno scorso, ti sei difeso bene.
«Da juniores ho fatto bene nelle corse a tappe. Da Under 23 non ho dimostrato molto: prima del Val D'Aosta ero stato lontano dalle gare per un mese e mezzo per via della scuola, quindi ero un po' imballato. Io ho cercato di tenere duro il più possibile, e difatti da lì in poi la mia stagione è cambiata: una corsa a tappe del genere ti dà qualcosina in più, oltre che farti fare tanta, tanta tanta fatica. Ne è valsa la pena.».

Per te si sono già accese le sirene del professionismo. Pare che la Bardiani ti abbia già messo nel mirino.
«Preferisco restare concentrato sul presente: attualmente sono un corridore della Unieuro - Trevigiani e intendo onorare la società e gli sponsor con qualche risultato. Poi non nego che sono in contatti e potrebbe saltare fuori anche uno stage quest'anno, ma qui siamo ancora nel campo dell'ipotetico».

 

Il lato ludico di Lorenzo 

Bene, direi che l'intervista è finita, possiamo chiudere qui. Ti ringrazio e...
«Tutto qui? A me non fai domande sul gossip?».

Ah beh, come preferisci! Anche tu appartieni alla categoria dei ciclisti con la ragazza ciclista?
«No, no. La mia ragazza è totalmente fuori dall'ambiente. A me le cicliste non sono mai piaciute! (ride)».

Come occupi il tuo tempo libero?
«Guarda, ultimamente sono sempre in giro ed appena posso torno a casa e mi rilasso un po', passo un po' di tempo con la mia ragazza, faccio cose normali, come badare al mio cane: si chiama Numa, è un barboncino, e come avrai sentito durante l'intervista, è anche un gran rompiscatole! (ride)».

Nicola Stufano

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