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Tour de France 2014: Nibali, è quasi una tirannia - Vincenzo allontana ulteriormente Valverde e i francesi. Astana così così

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Vincenzo Nibali in totale sicurezza verso Risoul © Bettiniphoto

Ve lo ricordate il vecchio Nibali corretto e possibilista nelle dichiarazioni, tatticamente sgangherato in gara, spesso in affanno, e volentieri a terra? Scordatevelo! Il nuovo Nibali è un tiranno est-europeo (la mano di zio Vino?). Determinato, sa quello che vuole, non fa sconti a nessuno e soprattutto non mette mai il piede a terra, quando il mondo attorno a lui finisce all'ospedale nelle maniere più imprevedibili. Citando Elio & Le Storie Tese, Gino Bramieri (o Lance Armstrong, per restare nell'ambito) è molto più indulgente.

La tappa odierna, sebbene nel complesso tranquilla e lineare, ha vissuto momenti di difficoltà che non sempre per un leader sono facili da gestire. Come la partenza in salita, nella quale i tanti uomini che volevano andare in fuga hanno accelerato l'andatura, non solo mettendo già in difficoltà i velocisti, ma creando una frattura nel gruppo, con 40 uomini davanti. E Nibali era lì, attento, nelle prime dieci posizioni, così come Valverde, mentre Bardet e Pinot si sono lasciati sorprendere.

Ristabilita la calma, l'Astana ha preso il controllo della corsa fino alle pendici dell'Izoard. La fuga non prendeva largo margine, e non si è capito fino a che punto fosse l'Astana a darci dentro o i fuggitivi a conservare energie nel finale. Fatto sta che si son creati i presupposti per un finale non facile, in più ci ha messo lo zampino l'Ag2r, improvvisando un esame di velocità in discesa fatto apposta per Thibaut Pinot. Esame passato con ancora qualche riserva (i blocchi psicologici lasciano scorie tutta la vita, purtroppo, ma il buon Thibaut ha fatto passi da gigante in questo senso, e comunque in bicicletta sa andare), che però ha messo in difficoltà anche gli altri. Ebbene, il primo a riportarsi su Péraud e Bardet è stato proprio Nibali, raggiunto solo dopo da Fuglsang e Scarponi. Certo, l'attacco non era diretto allo Squalo, ma è sempre meglio controllare, e far valere la fama guadagnata in discesa.

Infine, l'approccio dell'ascesa finale. E qui l'Astana non è stata trascendentale: Kangert consumato dal giorno precedente, Fuglsang ammaccato (che proprio non ce la fa, nelle interviste, a dire "lavoro per Nibali": niente, blocco psicologico anche per lui, evidentemente), Scarponi lascia per ultimo ai -6, quando la corsa deve ancora accendersi. Insomma, l'ideale per un corridore in maglia gialla sarebbe avere un uomo al fianco almeno fino a quando la corsa se la giocano i capitani. Certo, Nibali in questo momento dimostra di non aver bisogno di nessuno, e quindi pace.

A questo punto, Nibali poteva starsene tranquillo nella pancia del gruppo a vedere gli altri cosa facevano. E invece no: attacca lui in prima persona, presumibilmente pure a mezzo gas, ed è il solo Jean-Christophe Péraud a stargli a ruota.

Vincenzo guadagna qualche secondo, mentre dietro Valverde va in difficoltà migliorando ulteriormente la situazione della classifica (al traguardo accusa 1' esatto da Nibali), e Péraud resta sempre lì, incollato, senza dare un cambio. Un altro, magari se ne sarebbe fregato, un Contador o un Froome, se il signor Péraud si fosse permesso poi di scattare negli ultimi metri per andarsi a prendere un inutile secondo posto e qualche secondo in più (Péraud si avvicina pericolosamente alla zona podio ed ha la crono finale dalla sua). Il tiranno Nibali invece no, va subito a chiudere sull'ex-biker francese e lo stacca sull'arrivo, per fargli capire chi comanda, concetto poi ribadito anche nelle dichiarazioni finali: "Avesse dato due o tre cambi l'avrei anche lasciato fare, ma così...". Uno squalo tiranno, ormai. Qualcuno, sfruttando l'erronea maglia di campione nazionale coi colori della bandiera iraniana, l'ha ribattezzato Nibalinejad, in onore del ferreo ex-presidente della repubblica islamica Ahmadinejad.

Della sua tirannia possiamo godere tutti noi sudditi. Citando Paolo Conte, quanto gireranno le balle ai francesi, ad avere un italiano ogni giorno da intervistare che non ne vuole sapere nulla neanche di parlare in inglese? Pare proprio che Nibali abbia un'idiosincrasia verso la lingua albionica, espressa da Lieuwe Westra in un'intervista rilasciata a Sportwereld. Titolo: «Conosco solo una parola in italiano: "piano!"». Insomma, pare che Fuglsang debba fare da traduttore tra Westra e Nibali questo spiega perchè Fuglsang abbia qualche remora a servire tale capitano per strada: già deve fargli da traduttore in corsa...

E possono bullarsi un po' anche i giornalisti. L'esile Alessandra De Stefano va ad affrontare quel tomo di Oleg Tinkov, che imperterrito sostiene: "Se ci fosse qui Contador, avrebbe vinto lui!" e lei: "Noi non siamo d'accordo". Insomma, muro contro muro, e apparentemente finita lì, ma poi nella successiva intervista alla tv francese, pare che Oleg Tinkov si sia messo a piangere. Intimorito dalla forza d'animo di Alessandra, nel sostenere il caloroso talento italiano contro il bruto russo senza cuore? Può darsi. Di sicuro Nibali ci rende fieri. Ogni tanto, se ne ricordino anche le istituzioni.

Nicola Stufano

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