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Ciclismo in crisi: Dall'eurocentrismo a quale ciclismo? - La distribuzione geografica dei team negli ultimi 20 anni

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Presentiamo oggi una serie di grafici che ci aiutano a visualizzare l'andamento "geografico" del ciclismo negli ultimi anni, dal punto di vista delle squadre professionistiche: quali paesi ne hanno di più, quali di meno, quali sono le linee di tendenza, quali le prospettive, quali i motivi che hanno caratterizzato determinati flussi?

Lo vediamo appunto nei grafici che seguono e che andiamo ad illustrare.

Intanto alcune brevi considerazioni sui dati elaborati. La prima è che siamo abituati a pensare ad un ciclismo storicamente "eurocentrico", ma raccogliendo i dati ci si accorge che nel centro dell'eurocentrismo c'era l'Italiacentrismo; forse non ci si rende bene conto, oggi, dell'importanza del movimento italiano nei numeri ancora pochissimi anni fa (15 squadre su 50 nel 2004: quasi una su tre erano italiane).

La seconda considerazione è di carattere analitico: abbiamo considerato, laddove chiaramente definibile, la matrice più che l'affiliazione di una squadra, quindi, ad esempio, abbiamo messo tra le italiane l'"irlandese" Colnago, alcune annate "sudamericane" di Savio, la Telekom degli ultimi anni affiliata negli Usa, La Pomme Marselle in Lettonia, e così via.

La terza e più importante considerazione è che il criterio di raccolta dei dati è stato quello di inserire le nazioni che dal 1991 in poi hanno affiliato almeno una squadra professionistica. Le nazioni considerate sono: Australia, Austria, Belgio, Canada, Colombia, Costa Rica, Danimarca, Francia, Germania, Giappone, Gran Bretagna, Indonesia, Italia, Kazakistan, Lussemburgo, Olanda, Polonia, Portogallo, Rep. Ceca, Russia, Slovenia, Spagna, Stati Uniti, Sud Africa, Svizzera e Ucraina.

 

Ad una prima vista del grafico si potrebbe dire che il ciclismo sia uno sport in espansione; in realtà, non è proprio così. Fino al 1995 non c'erano distinzioni di categoria tra le squadre e si può notare una tendenza al ribasso fino al 1994, dovuta principalmente alla contrazione delle squadre in Spagna ed in Belgio, ed una rapida crescita nel biennio 1995-1996 dovuta all'ingresso nel professionismo delle nazioni dell'est, fino a quel momento esclusivamente nel mondo dei dilettanti. Come c'era stata una fiammata in quei due anni, nel biennio sucessivo si verifica una veloce contrazione dovuta principalmente al drastico calo delle squadre statunitensi, ad un primo ridimensionamento delle squadre dell'est Europa ed alla difficoltà di essere invitate alle competizioni per molte squadre "secondarie".

Bisogna ricordare che sia fino al 1995 (squadre indistinte) che al 1998 (suddivisione in due categorie) tutte le squadre professionistiche, anche le GS2, avevano la possibilità di partecipare alle "gare che contano" quindi ai GT, alle classiche monumento ed alle grandi classiche in generale del calendario internazionale: la Mercatone Uno nel 1997, per esempio, quale nuova squadra era classificata come GS2.

Con l'avvento della categoria GS3, da cui si è avuto un aumento esponenziale delle squadre apparentemente professionistiche, molte realtà "al limite" sono entrate a far parte del professionismo; parecchie sono squadre di dilettanti che così possono partecipare alle gare internazionali all'estero ma molte sono delle squadre professionistiche in "piccolo". Al di la dei numeri, dal grafico qui sopra balzano all'occhio alcune valutazioni.

La prima è che dal 2000 con l'avvento delle GS3/Continental si è avuta una costante contrazione delle squadre di prima fascia (GS1 + GS2) che con l'avvento del Pro Tour del 2005 si è poi accentuata: si è arrivati ad un numero plafonato di squadre di circa una quarantina. La seconda valutazione è che la guerra dell'antidoping scatenata dall'UCI ha portato ad una diminuzione delle squadre, soprattutto nel settore delle Professional, diminuzione che solamente quest'anno si è arrestata.

 

Nel secondo grafico scorporiamo il dato delle squadre di prima fascia da quello delle squadre di seconda, e appare così evidente che, mentre non ci sono apprezzabili differenze nel numero dei team d'élite, molto costante nel tempo anche se in fasi distinte (con un picco di 30 squadre GS1 nel triennio 2002-2004), per le formazioni di seconda fascia le differenze sono sostanziali dall'inizio della rilevazione dei dati a oggi. E se un primo sensibile calo fu determinato, a fine anni '90, probabilmente dai primi scandali doping che hanno flagellato il ciclismo, nella successiva fase discendente, durata fino al 2004, non si può non vedere l'influsso della nuova categoria GS3, che attirò a sé molte società che in seconda fascia facevano fatica.
Dal momento in cui sono subentrate le nuove categorie, il ciclismo di vertice si è come cristallizzato, andando quasi a comporre un mondo a parte rispetto a quello delle Continental, con un numero costante di formazioni di prima fascia, e sostanzialmente regolare anche per quelle di seconda (tra le 20 e le 27 dal 2005 al 2011). Dopo il punto più basso toccato nel 2010 (con 20 team Professional), una leggera ripresa si è segnalata nel 2011.

 

In questo grafico abbiamo inserito il numero delle squadre WT e Professional (squadre che possono partecipare ai maggiori eventi ciclistici) delle cinque nazioni dove di fatto è nato il ciclismo su strada. Molto spesso l'andamento è dato dalla presenza di campioni in quella nazione e (con almeno un anno di ritardo) dagli scandali doping.
Belgio: in costante calo dal 1995 al 2007, probabilmente avendo pagato un ricambio generazionale "lungo" tra l'epoca Museeuw e l'epoca Boonen, sta dando segnali di ripresa.
Francia: movimento in crescita negli anni '90, poi un drastico calo (in seguito ai casi Festina e Cofidis, si direbbe), ma è sotto gli occhi di tutti la ripresa dei transalpini nel ciclismo d'élite.
Italia: in espansione clamorosa negli anni '90 (Bugno, Chiappucci, Pantani, Bartoli...), era il paese leader fino al 2004, ma con l'arrivo del Pro Tour è stata crisi progressivamente sempre più nera: oltre ai tanti scandali doping che hanno falcidiato il ciclismo italiano, va detto anche che il nostro è un paese in cui le aziende molto grandi (che possano gestire i costi di gestione di un team Pro/World Tour, molto più oneroso dei vecchi GS1) sono di meno rispetto ad altre nazioni, e quindi il bacino in cui pescare è probabilmente più limitato che altrove.
Olanda: dopo una iniziale contrazione, il numero di team è risultato abbastanza costante nel tempo, e sicuramente commisurato alla grandezza e alla competitività del movimento oranje.
Spagna: dopo i "fasti" dei primi anni '90 una rapida contrazione. Un nuovo picco si è verificato nel 2006, prima che Operación Puerto ponesse un macigno sul movimento, attualmente abbastanza in crisi.

 

Per le stesse nazioni vengono considerate anche le squadre Continental (che in questi paesi sono praticamente delle piccole squadre professionistiche) e si notano alcune sorprese sia in positivo che in negativo.
Belgio: a dispetto di un numero limitato di WT e Professional il movimento belga è in piena espansione, anche se "Operacion Puerto" ha fatto anche qui i suoi bei disastri. Però si nota come il forte numero di Continental in questo paese è un serbatoio per le corse del fitto calendario fiammingo e vallone, mentre alcune di queste squadre sono attive principalmente nel cross.
Francia: anche se le Continental transalpine sono poche, l'andamento è lo stesso del grafico precedente. Si conferma quindi un movimento in espansione dopo la crisi del post-Fignon.
Italia: molti sodalizi ex GS2 o Professional hanno cercato di sopravvivere scendendo di categoria, qualcuna con successo (es. Miche) molte altre sparendo. Si conferma in questi ultimi anni la crisi paurosa.
Olanda: movimento in piena espansione nella prima metà degli anni 2000 con dimezzamento nel giro di pochi anni. Più che definirlo un movimento sull'orlo di una crisi, possiamo parlare di un boom per certi versi inaspettato negli anni scorsi, con rientro nei ranghi in queste ultime stagioni, che si attestano pur sempre su posizioni migliori rispetto a un decennio fa.
Spagna: come per l'Italia, la crisi è nera; ma come per l'Olanda, a sembrare non in fase è stato il boom di metà anni 2000, mentre in queste ultime stagioni si è tornati su livelli più "fisiologici" per il ciclismo spagnolo.

 

Danimarca: presenza costante da quasi 15 anni, anche nel Pro Tour (poi World Tour) ha saputo ritagliarsi uno spazio seppur minimo. Stabile
Germania: sull'onda dei successi di Zabel e di Ullrich, l'espansione nella seconda metà degli anni '90 è stata vertiginosa. Bene fino al 2002, poi in leggero calo, quindi OP, col coinvolgimento dello stesso Ullrich e l'uscita di scena della storica Telekom, ha dato la mazzata definitiva.
Portogallo: come numeri se la giocava con la Spagna, anche se con un livello medio decisamente più basso. Ma di fatto è scomparso negli ultimi cinque anni. E qui il doping c'entra relativamente, ma semmai possiamo intravedere sul movimento lusitano gli effetti di una crisi economica che ha colpito pesantemente Lisbona prima di altre capitali.
Stati Uniti: i numeri parlano chiaro ed il movimento è in piena espansione. L'onda lunga dei successi di Lemond ha caratterizzato gli anni '90, dopodiché il movimento si è un po' appiattito su Armstrong (che ha raccolto intorno a sé, nella sua squadra, anche molto del meglio che veniva offerto dal ciclismo a stelle e strisce). In queste ultime stagioni abbiamo avuto una nuova fase di crescita, e anche se per il 2012 due squadre sono scomparse, i numeri reali che vedremo nel prossimo grafico sono notevoli.
Altre: sono tutte le nazioni elencate sopra ad esclusione delle nove analizzate. Possiamo se non altro notare il curioso parallelismo negli ultimi anni con la curva degli Stati Uniti.

 

Valgono gli stessi criteri del grafico 4 (squadre WT+Professional+Continental)
Australia: anche se dopo il picco del biennio 2008/2009 c'è stato un dimezzamento delle squadre il movimento australiano può dirsi in costante espansione. Quello che lo frena, anche nel numero di squadre, è un calendario continentale asfittico (per il 2012 solo 4 competizioni comprese le due prove dei Campionati Continentali) per cui le squadre corrono spesso le prove asiatiche. Se le federazioni di Australia e Nuova Zelanda riusciranno nei prossimi anni ad imbastire un calendario continentale "serio" l'Australia potrebbe diventare davvero la nazione leader del movimento ciclistico tout-court.
Giappone: anche se l'Iran sulla carta è la nazione più forte, è il Giappone (in attesa della Cina...) la nazione asiatica più rappresentativa nei confronti internazionali. Dopo l'esaurirsi di un probabile effetto "Utsonomya '90", si può notare come il movimento giapponese negli anni 2000 sia stato in discreta espansione, arrivando a stabilizzarsi nell'ultimo triennio.
Gran Bretagna: un movimento non proprio marginale che negli ultimi anni è in piena espansione ed in cui SKY è solo la punta dell'iceberg. Su pista la Gran Bretagna domina, c'è una federazione che non lesina in investimenti e know-how, e Cavendish è il "paladino" che probabilmente serviva per un lancio definitivo del ciclismo nel Regno Unito. Resterà da scoprire se, anche dopo le Olimpiadi di Londra del prossimo anno (ovvero l'evento su cui sono stati finalizzati tutti gli sforzi degli ultimi anni), si continuerà a investire nel ciclismo. Il quale, tuttora, paga comunque (come tutto il ciclismo nordico), la scarsità di prove nel calendario continentale.
Stati Uniti: numericamente parliamo della nazione leader del ciclismo mondiale. La qualità non sarà la stessa dell'Italia, ma negli ultimi anni gli Usa ci hanno sorpassato a velocità doppia, merito anche dell'effetto Armstrong (più visibile a livello Continental che non in quello di vertice). Le 4 squadre WT, le 2 Professional, gare come il Giro di California non piovono dal cielo ma poggiano su solide basi, costruite nel tempo. Paradossalmente anche loro pagano la scarsità di prove inserite nel calendario continentale, visto che ad esclusione delle gare più importanti gli Stati Uniti propongono poco altro. Se la federazione statunitense amplierà il calendario continentale nei prossimi anni con gare di livello medio saranno dolori per tutti, e gli Usa se la giocheranno con l'Australia per il ruolo di nazione leader.
Sudafrica: valgono le stesse premesse fatte per il Giappone (là la contendente era l'Iran, qui il Marocco). Il problema del Sudafrica è che non ci sono gare nel calendario continentale africano che si svolgono in quella nazione, e da ciò deriva sicuramente un numero limitato di squadre, ma anche la difficoltà per gli atleti indigeni di collezionare punti UCI: l'assenza dei sudafricani dai Mondiali di quest'anno e dalle prossime Olimpiadi ne è la prova; che il movimento si chiuda su se stesso, è il rischio.

 

Gli ultimi due grafici vogliono approfondire lo stato delle cose nelle altre nazioni europee, prendendo in esame il totale delle squadre (da quelle di prima a quelle di terza fascia).
Austria: presenza irrilevante fino per tutti gli anni '90, col nuovo millennio le cose sono sensibilmente migliorate per il movimento austriaco, che conferma un crescente interesse nei confronti del ciclismo non solo proponendo un numero di squadre oscillante tra le 4 e le 6, ma anche una maggiore predisposizione all'organizzazione di gare: non stupisce, in tal senso, anche la ripetuta ospitalità offerta a tappe del Giro d'Italia.
Germania: tutto già detto: si volava con Zabel e Ullrich, si è crollati dopo Operación Puerto, si prova un timido rilancio oggi, anche se le corse in Germania sono molte di meno anche solo rispetto a un decennio fa, e manca addirittura un Giro nazionale che pure aveva avuto una fase di notevole credibilità al lancio del Pro Tour.
Danimarca: dietro a tutto quello che ruota intorno a Riis, c'è comunque un movimento in salute che garantisce un certo afflusso di corridori al professionismo. Ultimamente siamo un po' in contrazione, dopo il picco registrato nel 2009, ma la Danimarca investe sempre molto nel ciclismo, si vedano in proposito i Mondiali di quest'anno o la partenza del Giro nel 2012.
Portogallo: se nei primi anni del decennio 2000 il numero di squadre era tenuto su da una moltitudine di Continental, in queste ultime stagioni la depressione è palpabile anche su questo fronte. La crisi economica, come detto, c'è e picchia duro.
Svizzera: un paese piccolo ma dalla presenza abbastanza costante nella storia del ciclismo, ha avuto l'ultima grande squadra nella Phonak, spazzata via dopo tanti casi di doping. Forse anche per questo si è ripartiti, dopo il 2006, coi piedi di piombo. Non ci sono squadre elvetiche nell'élite, e quelle due o tre di livello Continental spesso si scontrano, nelle poche corse di casa, con la concorrenza di più organizzati team provenienti dai paesi vicini (Italia e Francia su tutti). L'effetto Cancellara si direbbe quasi marginale, a conti fatti, e soprattutto se rapportato alla grande ricchezza economica della Svizzera (se poi uno dei miliardari elvetici, Andy Rihs, fa una squadra americana come la BMC...).

 

Interessante anche uno sguardo su alcune realtà dell'Est Europa, parametrando il tutto sempre sulla somma di team Pro o World Tour, Professional e Continental (o, come si usava fino al 2004, GS1, GS2 e GS3), e ricordando che l'apertura delle frontiere, avvenuta solo a fine anni '80, fa sì che parliamo di movimenti ancora molto giovani.
Polonia: in vero e proprio boom per tutti gli anni 2000, un boom vissuto principalmente su una nutrita pattuglia di Continental (molto visibili nelle tante corse in territorio polacco), ma anche su qualche Professional (ricordiamo la CCC presente al Giro d'Italia). Sul finire del decennio scorso, però, una contrazione che è tuttora in atto e che offusca anche i grandi sforzi fatti per tenere il Giro di Polonia nel World Tour.
Ucraina: affacciatasi solo a sprazzi nel ciclismo maggiore, l'Ucraina sta dando comunque l'impressione di star costruendo una sua solidità, quantomeno nel panorama Continental. Da rivedere.
Slovenia: un bel movimento, con una bella corsa nazionale, e un discreto numero di squadre, principalmente Continental (ma negli anni qualcuna di esse si è affacciata anche alla categoria superiore). Corridori anche validi sparsi peraltro qua e là in varie squadre (pure nel World Tour), in totale parliamo di una condizione, quella del ciclismo sloveno, che possiamo definire lusinghiera, anche in rapporto alla piccolezza del paese.
Russia: sembra strano, ma la Russia non è mai riuscita ad assumere una leadership, in quest'ultimo ventennio, tra le nazioni dell'Europa dell'Est (né tantomeno tra tutte quelle che si sono accostate al ciclismo negli ultimi anni). L'interesse per il ciclismo è tutto da costruire, in realtà, se è anche vero che da anni si prova a imbastire una prova World Tour a Sochi, ma ancora non pare vicino il momento in cui ciò avverrà. Le squadre di vertice sono spesso legate a questo o quell'"oligarca" (dalla Tinkoff alla Katusha non è cambiato poi molto), ma i risultati scarseggiano, e dopo la promettente quota 5 toccata nel 2010, siamo in netto calo. Aspettiamo evoluzioni.

 

In chiusura una tabella per mettere a confronto il numero di corridori attivi nelle prime due fasce del professionismo (GS1-Pro/World Tour, GS2-Professional) nel 1998 e nel 2011. Se i team di prima fascia di quasi tre lustri fa erano più numerosi ma anche più scarni rispetto a oggi (quando quasi tutte le formazioni del World Tour hanno oltre 25 corridori nel roster), sono le squadre di seconda fascia a fare la differenza, laddove nel '98 queste formazioni davano "lavoro" a 663 ciclisti, mentre oggi a soli 461. Il totale dice che nel 2011 sono stati attivi oltre 150 professionisti in meno rispetto alla situazione di 13 anni prima.

Un ciclismo più "piccolo", per certi versi, eppure più costoso (o forse è più piccolo oggi proprio perché più costoso?).

Torneremo su questi temi con un commento di approfondimento.

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