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L'intervista: La politica dei piccoli passi - Bongiorno: «Preferisco andare per gradi» | Cicloweb

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L'intervista: La politica dei piccoli passi - Bongiorno: «Preferisco andare per gradi»

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Francesco Manuel Bongiorno in fuga al Giro della Valle d'Aosta - Foto Girovalledaosta.itFrancesco Manuel Bongiorno, classe 1990, è stato il primo degli italiani nel durissimo Giro della Valle d'Aosta; è finito sul podio anche nel Giro delle Pesche Nettarine, ma non è ancora riuscito a lasciare il segno con una bella vittoria. Da juniores ha vinto la 3Tre Bresciana ed è, senza dubbio, uno dei giovani italiani più promettenti proprio nelle corse a tappe: conosciamolo meglio.

Partiamo ovviamente dal Giro della Valle d'Aosta in cui ti sei piazzato al terzo posto: hai fatto una gara molto regolare che ti ha permesso di arrivare sul podio. Te l'spettavi?
«Aspettarmi di salire sul podio devo dire di no, perchè io mi ero presentato con l'intento di vincere almeno una tappa. Come punteggio sono messo bene, sono secondo nel Prestigio Bicisport senza vittorie, quindi volevo rompere il ghiaccio: ho fatto più di 10 podi e questa cosa un pò mi infastidisce, però è venuta la classifica generale e sono soddisfatto della mia prestazione perché avevamo programmato questo periodo e quando vedi che la condizione per le corse che ti interessano è alta vieni ripagato per tutto lo sforzo».

Nell'ultima tappa impegnativa, quella di sabato 28 agosto, hai tentato di far saltare il banco ma non ci sei riuscito: hai qualche rimpianto?
«Rimpianti no, la mossa di far saltare il banco l'avevamo programmata già dalla sera prima perché vedevo che non riuscivo a guadagnare secondi sui diretti avversari quindi ho provato l'effetto sorpresa: stavo bene. Forse l'unico rimpianto è che ci sono stati giochi che si potevano evitare: Ignatenko era rimasto indietro e si sono mosse altre squadre che non mi sarei aspettato, però va detto che il russo si è dimostrato il più forte alla fine».

Come ti è sembrato questo Giro della Val d'Aosta: avresti modifiche da suggerire agli organizzatori?
«Il Giro è stato veramente duro, anche sull'altimetria della tappa, quando era segnata pianura, vera pianura non c'è mai stata perché capitava che ci trovassimo davanti a salite di 2/3 km non segnalate: è stato molto duro anche a livello psicologico, questo Giro non si vinceva solo con le gambe, ma anche con la mente. È veramente difficile stare per tanto tempo in acido lattico. Se dovessi fare una modifica, per quel che riguarda me, avrei fatto domenica un'altra tappa devastante così riprovavo a far saltare il banco (ride). Però il Giro è stato davvero bello e spettacolare e alla gente piace questo, piace lo spettacolo».

Di che livello erano i tuoi avversari?
«Era altissimo: al Giro siamo partiti in 113 corridori e si sono dimostrati, tutti quanti, fortissimi. Ogni tappa era caratterizzata da fughe con uomini sempre diversi, ma che andavano sempre tutti molto forte: i primi giorni è stato difficile controllare la corsa».

Sei arrivato secondo anche al Giro delle Pesche Nettarine si può senz'altro dire che sei adatto alle corse a tappe, ma com'è il tuo rapporto con le cronometro?
«Le cronometro che ho disputato fin da juniores mi sono sempre andato molto bene: alla 3Tre bresciana era presente una cronometro e ho perso veramente pochissimo dai diretti avversari. Riesco a difendermi abbastanza bene: comunque si è visto anche in Val d'Aosta, nella tappa di sabato, con tutta quella pianura, siamo rimasti solo in 3 corridori contro tutti gli altri e abbiamo resistito molto bene. Da dilettante non ho ancora avuto un confronto diretto sulla cronometro: ci dovrei provare in qualche corsa a tappe».

Che tipo di corridore ti defisci?
«Io sono molto leggero, peso 56 kg, e quindi mi definisco uno scalatore. Al Val d'Aosta ho provato le salite lunghe e dure che per me erano un'incognita e non sapevo come avrei reagito, però lì ho capito che sono adatto proprio a quel tipo di salite anche se quest'anno sono andato bene anche su percorsi nervosi. Io sono uno scattista, ho meno passo ma ho più cambio di ritmo».

Domenica prende il via il Tour de l'Avenir, senza l'Italia, ti avrebbe fatto piacere provare l'esperienza?
«A dire la verita si, e credevo che quest'anno la nazionale italiana si impegnasse. Mi sarebbe piaciuto partecipare anche perché indossare la maglia della nazionale è sempre una grande emozione. Mi sarebbe piaciuto cimentarmi in quella corsa perché è molto dura e somiglia molto a una corsa per professionisti: speriamo per il prossimo anno».

Ripiegherai sul Giro del Friuli o ti prendi una pausa?
«Il Giro del Friuli non lo faccio perché ho fatto il Giro delle Regioni, le Pesche Nettarine, il Giro d'Italia e il Val d'Aosta, però impostiamo il finale di stagione su una serie di corse nazionali, correrò un po' meno ma cercherò di finalizzare di più».

Quali sono i tuoi obiettivi per il finale di stagione?
«Già martedì c'è il Giro del Valdarno, è la corsa di casa, vicino al nostro ritiro e ci tengo in maniera particolare, poi il Trofeo Lamonica a Osimo e la Ruota d'Oro: spero di farmi notare anche per entrare in un giro "azzurro"».

Hai vestito la maglia azzurra al Giro delle Regioni, ti piacerebbe indossarla anche ai Campionati del Mondo o pensi che il percorso non sia adatto alle tue caratteristiche?
«Il Campionato del Mondo è per gente completa, con tanto fondo e mi piacerebbe moltissimo andarci anche solo per dare il mio contributo per il risultato finale. Il percorso non si adatta a me perché è per atleti potenti, potrei avere un ruolo non da punta, ma sarebbe una bella esperienza personale».

Quest'anno il tuo nome è apparso molto spesso sui podi delle corse ma è mancato l'acuto vincente: cosa pensi ti possa mancare per arrivare alla vittoria?
«Questa è una bella domanda... All'inizio dell'anno un po' di inesperienza e di sfortuna non sono mai riuscito a centrare il risultato pieno, però sono anche convinto che la costanza sia molto difficile da ottenere: mi manca, sì, la vittoria e alla fine contano quelle. Io ho sempre dato il massimo e sono contento di come è andata la stagione, ci proverò fino alla fine».

I maggiori dilettanti italiani corrono tutti per squadre molto grandi (Bottoli, Zalf, Mastromarco), tu invece fai parte di un piccolo team, come ti trovi? Com'è lo staff?
«È stata una scelta mia, dopo gli juniores, di passare in un team più dimensionato perché credo molto nella maturazione fisica e quindi mi sono preso due anni di esperienza. Con Franco Chioccioli c'è un bellissimo rapporto, mi ha insegnato tantissime cose e lavoriamo sempre in sintonia; lo staff è ottimo però ci troviamo a combattere contro degli squadroni ed è molto più difficile: la squadra non è inferiore a tante, se si tolgono Bottoli e Zalf siamo tutti lì, come individualità non abbiamo niente di meno di altri, certo quando noi abbiamo due punte alla Zalf e alla Bottoli sono tutti dei possibili vincenti».

Laura Grazioli

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