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L'Intervista: Agostini come un condor - Parla il campione italiano Under 23

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Stefano Agostini - Foto tratta da FacebookVincere il Campionato Italiano è sempre una grande emozione, ma vincerlo dopo due anni difficili e la chiusura della propria squadra lo è ancora di più: questo è Stefano Agostini, classe 1989, da questa stagione in forza alla Zalf e recente vincitore anche a San Vendemiano. Facciamoci raccontare le sue emozioni.

Quali sono le sensazioni nel sentirsi chiamare il "nuovo Campione Italiano"?
«È ancora qualcosa di strano, io come persona non sono assolutamente cambiato però vedermi in foto sui siti di ciclismo è veramente un'emozione grande».

Come è nata l'azione decisiva?
«Ho provato a uscire negli ultimi tre giri sulla fuga che mi sembrava quella buona, ma quando ci hanno preso all'ultimo giro, pensavo di aver perso le possibilità di giocarmi l'Italiano. Sull'ultima salita, però, è partito Locatelli e io e il mio compagno Enrico Battaglin l'abbimo sempre tenuto a vista, in discesa l'abbiamo raggiunto e ci siamo ricompattati anche con Salvetti: siamo arrivati all'arrivo, per fortuna».

Battaglin ha avuto il problema del salto di catena, se non fosse successo come vi sareste comportati in quanto compagni di squadra?
«Enrico ha provato ad attaccare ancora prima, quando mancava meno di un chilometro e mezzo, però era molto controllato e hanno chiuso subito su di lui. Quando mancava un km ci siamo voltati e abbiamo visto che il gruppo rinveniva, io ero in ultima posizione ed ero pronto a fare la volata, così Enrico è stato bravo a continuare a tirare per tenere l'andatura alta: ai 400m è partito con la volata ed ha aspettato che lo affiancassi per poter fare entrambi il nostro sprint, poi lui ha avuto quel problema ed è andata così. Però è stato veramente bravo, senza parlarci, ha lavorato molto e mi ha dato una grossa mano».

Stai passando un bel periodo di forma, hai vinto anche a San Vendemiano: ci racconti come è andata?
«Anche lì ho vinto grazie ad una grossa mano di Enrico Battaglin: quando mancavano tre giri ho fatto la differenza in salita, però sul finale ho avuto un pò di crisi ed Enrico mi ha aspettato sullo strappo dove eravamo rimasti in 3 con Vaccher. Siamo andati d'accordo fino alla fine perchè sapevamo che era l'azione decisiva e all'ultimo km ho cercato di anticipare gli altri, Enrico non ha più tirato, Vaccher ha aspettato un pò e io sono riuscito ad arrivare».

Tra San Vendemiano e il Campionato Italiano c'è stata la parentesi del GiroBio: che esperienza è stata per te?
«Un'esperienza bellissima che consiglio a molti di fare, perchè per i dilettanti è una cosa nuova: si vive tutti insieme, si mangia tutti insieme. Le tappe sono lunghe e anche impegnative, si assaggia un pò di professionismo per quanto ci è possibile farlo. Per quel che riguarda invece la mia prestazione è iniziato tutto molto male perchè sono andato in crisi in una delle prime tappe e ho preso 8 minuti e mezzo: mi sono messo a disposizione della squadra per tutto il resto del Giro e ho dato il massimo di quello che potevo dare e sono stato ripagato con l'aiuto della squadra nel campionato italiano».

C'è qualche episodio che ricordi un po' curioso o simpatico?
«Ogni giorno aveva la sua storia perchè vivendo insieme tutto il giorno con persone che di solito vedi solo alle gare è già curioso di per sè, come vedere un corridore in pigiama».

Quali sono le tue principali caratteristiche come corridore?
«In genere mi definiscono uno scalatore anche se io faccio sempre tanta fatica, riesco a tenere i primi gruppetti, sono dotato di un buon scatto e riesco a cavarmela bene negli arrivi a ranghi ristretti. Sono un corridore abbastanza completo anche se non primeggio in nessuna caratteristica, però se dovessi collocarmi in una categoria mi metterei tra gli scalatori».

Lo scorso anno correvi nella Molino di Ferro che quest'anno ha chiuso, come mai la scelta di passare alla Zalf?
«La Molino di Ferro dopo 5 anni di attività ha chiuso e quindi abbiamo dovuto decidere cosa fare del nostro futuro. Io con la Zalf ho sempre avuto un ottimo rapporto, già dal primo anno mi avevano cercato però, per vari motivi, ho scelto di restare in casa della Giorgione. Quest'anno però con la chiusura della squadra tutto il blocco della Molino di Ferro è passato alla Trevigiani, io invece ho preferito onorare la chiamata che mi era stata fatta anni fa da Luciano Rui: per me la Zalf è sempre stata una grande squadra, che mi ha capito e mi ha cercato anche il primo anno, quando andavo piano per via di una frattura (è stato un momento molto difficile), mi han sempre detto di credere in me stesso perchè ero un corridore».

Che programmi hai per questo periodo dell'anno? Ti prenderai una pausa?
«Per quel che mi riguarda la vittoria all'Italiano non cambierà i miei programmi: già domenica ero in gara e domenica prossima sarò alle Valli Aretine che è internazionale, poi altre corse come il Medio Brenta. Finito questo mi prenderò un periodo di stacco a Livigno per fare un bel finale di stagione».

Al Mondiale di Melbourne ci pensi? Il percorso è piuttosto facile, non propriamente adatto alle tue caratteristiche, saresti disposto a partecipare anche solo per aiutare i compagni?
«Il Mondiale è sempre un sogno: per me sarebbe un onore vestire la maglia della nazionale e se sarò lì seguirò gli ordini e quello che mi dicono di fare. Non pretendo di avere un posto di riguardo perchè sono il Campione d'Italia: mi piacerebbe andarci, spero di essere di aiuto alla squadra. Vorrei mandare questo messaggio ad Amadori: sono pronto per dare una mano alla nazionale per portare a casa un Mondiale».

A chi dedichi questa vittoria?
«Come ho detto dopo la gara la vittoria è dedicata alla Zalf perchè, come dicevo prima, ho avuto un periodo molto difficile in questi due anni. Quando ero juniores tutti mi inseguivano e mi dicevano che ero il più forte però alla prima difficoltà mi hanno lasciato da solo, la Zalf invece mi ha sempre seguito, ha sempre creduto in me, mi ha collocato tra i favoriti anche quando non avevo ancora ottenuto un risultato, credo che questo sia il miglior modo per ripagarli di quello che hanno fatto per me».

Laura Grazioli

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