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Hai voluto la bicicletta? - Scopriamo il mondo di Ivan Santaromita

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Ivan Santaromita, a dispetto dei suoi 25 anni, vanta una carriera tra i professionisti vissuta alla corte di due squadroni di livello mondiale come la Quick Step di Bettini e Boonen, e la Liquigas di Basso e Bennati. Quando risponde alla nostra telefonata ha appena finito di sorbirsi sei ore di allenamento per quasi 4000 metri di dislivello percorsi in compagnia di Nibali, Kreuziger e Agnoli. In casa Liquigas si prepara il Giro dei Paesi Baschi e la campagna delle Ardenne. Ivan risponde alle nostre domande mentre si trova sdraiato sul lettino dei massaggi, godendosi il meritato riposo.
Ivan, tra qualche settimana correrai per la prima volta le classiche delle Ardenne, immaginiamo che un tantino di emozione la provi già...
«Certo, prima però si va in Spagna a correre il GP Indurain e i Paesi Baschi. La Liegi è la corsa dei miei sogni, per il mio debutto alla Doyenne spero solo di poter tornare utile a Nibali e a Pellizzotti. Anche l'anno scorso dovevo correre queste tre classiche, ma una caduta ai Paesi Baschi me lo ha impedito».
Anche alla Vuelta del 2008 sei caduto, ma ciò non ti ha impedito di terminarla.
«Alla Vuelta mi sono addirittura fratturato l'osso sacro nel corso della prima settimana. È stata durissima terminarla, tenevo duro giorno dopo giorno, ogni volta che dovevo rilanciare sui pedali era una sofferenza».
Dopo i primi due anni con la Quick Step di Bettini, adesso sei al secondo anno con la Liquigas con un altro grande campione, Ivan Basso. Cosa hai imparato da entrambi?
«Con Bettini si può imparare qualcosa anche solo osservandolo, lui era un talento puro che andava fortissimo anche quando si allenava poco. Mi è servito tanto lavorare per lui e per Boonen, ho fatto tanta esperienza. Basso invece è l'opposto, lui si allena tantissimo. Finora non ho potuto correre al suo fianco, ma il ritiro invernale l'abbiamo fatto insieme, poi diciamo che come lui prediligo le corse a tappe. Devo dire che adesso mi trovo benissimo alla Liquigas, lo staff è interamente italiano, mentre con la Quick Step era come se fosse una squadra scissa in due gruppi: quello belga e quello italiano. Andavo in Belgio solo per alcune corse quindi sentivo come se lo staff della squadra fosse un po' troppo distante e distaccato».
C'è una parentela con quel Mauro Santaromita, ex professionista degli anni '80 e '90?
«È mio fratello. Può sembrare strano visto che la differenza di età è enorme: 20 anni. Lui è stato un ottimo professionista. Ovviamente in questo modo si spiega la mia passione per la bici. Seguivo sempre mio fratello nelle corse attorno Varese, come il Trittico Lombardo. Io comunque ho iniziato a fare le prime corse a 9 anni e ho dovuto vincere l'ostilità dei miei genitori che non volevano che io corressi. Purtroppo in precedenza un altro mio fratello era morto in un incidente stradale mentre era in sella alla bici. Mio fratello Mauro è stato per me una guida perché mi allenavo spesso con lui e poi da Juniores e da dilettante è stato il mio direttore sportivo in una piccola squadra dove ho vinto 6 corse».
Tuo fratello appartiene a un'altra generazione di corridori. Ha corso tra gli altri con l'Ariostea di Ferretti. Cosa ti racconta di quel ciclismo?
«Mi ripete sempre che non esistono più i campioni di un tempo. È ovvio pensarla così quando hai fatto il gregario di Bugno alla Gatorade o hai terminato la carriera nel 1997 al fianco di un astro nascente come Bartoli. Questi due campioni sono stati i miei due idoli sia perché correvano con mio fratello, sia perché le loro imprese erano fuori dal comune».
C'è qualche corridore col quale sei rimasto legato fina dalle categorie giovanili?
«Sì, ma purtroppo le occasioni per vedersi sono poche. Ci si ritrova quando capita alle corse e si parla volentieri ricordando gli anni trascorsi tra gli Under 23. Mi riferisco a ragazzi come Gavazzi, Possoni, Fumagalli, Bono... Adesso invece stiamo creando un bel gruppo affiatato anche alla Liquigas, non solo siamo compagni di squadra, ma nello stesso tempo buoni amici».
Come lo trascorri il tuo tempo libero?
«Mi piacciono i videogiochi. Gioco molto alla Playstation 3: mi piacciono sia gli "sparatutto" che i giochi di calcio come Pro Evolution Soccer. Mi piace, quindi, anche il calcio; lo seguo abbastanza, sono un tifoso interista, ma non sono un tifoso sfegatato. Mi piace vedere le partite che contano come i derby, ma non sono il tipo che si dispera per una sconfitta».
Curiosando sul tuo profilo di Facebook abbiamo notato che come foto hai messo una tigre. Come mai? In corsa sei forse come una tigre?
«Dovrei esserlo, ma ho messo quella foto solo perché la tigre è il mio animale preferito. Però, ripeto, ripensandoci devo dire che devo provare a essere più tigre anche in corsa».
E c'è stato un giorno in cui ti sei sentito forte come una tigre?
«In una tappa al Tour de l'Ain del 2007 ho pensato di poter finalmente vincere. Alla fine sono arrivato 4°, ma fino a 5 km dalla conclusione ero lì a giocarmela. Peccato!».

 

Marco Fiorilla

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