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Dal Delfinato al Giro di Svizzera - Sfida a distanza tra Lance e Jan

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L'anno scorso ci facemmo incantare da Iban Mayo al Delfinato e da Jan Ullrich al Giro di Svizzera. Poi i due, che proprio grazie a quei risultati si avvicinarono tra le fanfare al Tour de France, finirono male: il basco mazziato e ritirato (ma per colpa della mononucleosi, da cui nei dodici mesi seguenti, a quanto pare, non si è più ripreso: restiamo in trepidante e sincera attesa di rivedere il Mayo dell'Alpe d'Huez, titolare della più bella impresa in montagna dell'ultimo triennio).
Il tedesco, come al solito battuto da Armstrong, e per la prima volta giù dal podio del Tour, finito alle spalle di un possibile vincitore futuro (Basso) e di uno che probabilmente un simile posto al sole non lo rivedrà più (Klöden).
Ampio preambolo per dire che, vada come vada, non daremo eccessivo peso a quanto emerso ed emergente da queste due corse pre-Boucle.


Il Delfinato di Lance
Di certo, Armstrong non sta male. È lì che controlla il traffico che gli scorre davanti, e non si intromette più di tanto se vede (per dire) che un suo connazionale butta via la corsa. La fuga scappata verso Grenoble doveva essere controllata dalla Gerolsteiner di Levi Leipheimer, in quel momento in maglia gialla. Lance ha dato delle trenate, ma non ha strafatto. Il giorno dopo, a Morzine, ha dovuto subire l'attacco di Vinokourov, ma ha saputo metterci una pezza, dimostrando peraltro di non tenere il gas al massimo.
La manfrina "faccio il Tour, no non lo faccio, ma sì lo faccio mi tolgo il dente e mi ritiro" ci consegna un Armstrong che a prima vista non sembra inferiore a quello che da sette anni cannibalizza il mese di luglio non sapendo divertirsi anche nel resto della stagione. Ma, come già detto, Delfinato non fa rima con Oro Colato, e quindi possiamo anche attenderci che la variazione (il ritardo) nella preparazione del texano, quest'anno, abbia lasciato qualche strascico nascosto; da una parte quello, dall'altra un naturale calo motivazionale dopo il raggiungimento del record dei record, 6 Tour in 6 anni.
Perlomeno, a questo devono aggrapparsi gli avversari di Lance per sperare di spodestarlo.
Ma mica ce l'avremo col texano, che stiamo qui quasi a gufargli contro? No, e non si tratta neanche di sognare che possa essere Basso a vincere a Parigi (chi scrive ci spera poco, almeno per quest'anno); è che Eddy Merckx non ha avuto l'onore di ritirarsi da imbattuto; né ce l'ha avuto Bernard Hinault, e neanche Anquetil o Indurain, e a pensarci bene nemmeno Coppi o Bartali e tutti quelli della loro genia; e perché, vincendo il Tour 2005, dovrebbe avercelo Armstrong, che incarna la negazione del ciclismo, della tradizione e della storia di questo sport?
Perché la parabola dell'americano sia completa, e giusta, e commisurata a quel che rappresenterà nelle memorie degli appassionati, è necessaria la sua sconfitta.


Landaluze e Botero, e anche Vino
I vincitori veri del Delfinato sono questi tre. Landaluze, discreto corridore che non aveva finora lasciato segni, si è imbattuto nel classico colpo di fortuna. Se l'è cercata, la buonasorte, andando in fuga e credendoci fino in fondo, sulla strada per Grenoble. Si è giovato della grande giornata di Axel Merckx, e dell'incapacità della Gerolsteiner di valutare la pericolosità dell'azione, e poi di tamponarla.
Più convincente di Landaluze, che ha passato le ultime due giornate di Delfinato a difendersi affannosamente ma con orgoglio, più convincente di lui è stato Santi Botero. Un Armstrong in minore, questo colombiano dagli occhi chiari, fortissimo a cronometro e in montagna, ma solo di rado. In questa stagione ha già vinto il Romandia, e dimostra di tenere ad alti livelli. In particolare, al Critérium francese ha dato ampi saggi di sé, conquistando sia la lunga crono (che però Lance ha corso con una gamba, sospettiamo), che il tappone di montagna. Le tre settimane fin qui hanno fatto male al colombiano, vedremo se al Tour saprà smentire la sua storia.
Vinokourov lo sognavamo ai livelli del 2003, quando attaccava su ogni strappetto di quel magnifico Tour, e, lasciatesi alle spalle varie traversie anche fisiche, sembra esserci: la Liegi vinta su Voigt è un magico antipasto, la vittoria in cima al Mont Ventoux potrà trasformarla in gigantografia da appendere in soggiorno, ma di certo per tutta la settimana controllerà spasmodicamente quanto avviene in Svizzera al suo compagno di squadra Ullrich, rivale interno nelle fila di una squadra che - viste le scarse capacità di gestire tattiche di gara e situazioni appena appena complicate - di tutto avrebbe bisogno meno che di una faida tra i suoi galletti.
Poi c'è George Hincapie, che ha messo in carniere il prologo e l'ultima tappa. La frazione conclusiva è stata in realtà più che altro un saggio, una dimostrazione di estrema potenza dell'intera Discovery Channel, orchestrata da Armstrong che ha mandato all'attacco, con Hincapie, anche Popovych, e che ha riservato per sé il terzo posto (come anche nella crono di Roanne). Con infelice metafora, è sembrata un'azione di guerra psicologica preventiva, quell'ultima tappa targata Stars & Stripes.


Invece in Svizzera...
La risposta di Ullrich c'è, eccome. Peccato che anche l'anno scorso ci fosse stata. Comunque, meglio vincere una crono che deludere, se non altro per il morale e per confermare che il precoce raggiungimento del peso forma, quest'anno, a qualcosa può servire. Mayo rifà timidamente capolino (piazzato a St.Anton, oggi), McGee misura le sue ambizioni di far bene anche nella generale della Grande Boucle, Valverde continua a tentennare, Sinkewitz non evita stupidaggini (tipo stare in scia per quasi un chilometro a Ullrich nella crono, giustificandosi poi dicendo che non se n'era accorto...) ma è voglioso e resta un corridore dal futuro brillante, Rogers prova a edificare sulle crono una crescita necessaria anche in salita, gli altri sono lì e fanno tutti la loro parte, in attesa di sviluppi che però per loro difficilmente saranno irresistibili. Ci piace però menzionare Thomas Voeckler, che, campione francese in carica e beniamino del pubblico d'oltralpe, ha preferito evitare le pressioni della corsa di casa (il Delfinato) per cercare tranquillità e concentrazione in Svizzera. Buon pro gli faccia.

Marco Grassi

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