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Vuelta a España 2013

Per il quarto anno consecutivo la Vuelta a España inizia con una cronosquadre, ma la novità stavolta è nella lunghezza della prova: mentre nelle tre precedenti edizioni tale tappa misurava tra i 13 e i 16 km, stavolta gli organizzatori hanno voluto rendere il primo impegno dei corridori qualcosa di più rilevante di una breve passerella. Dopo la spiaggia di Benidorm 2 anni fa, si compie un ulteriore passo verso il mare e si prende il via direttamente da una piattaforma per l'allevamento di mitili (o cozze, se preferite...) ancorata nel porto di Vilanova de Arousa, Galizia (tra Vigo e La Coruña). Planimetricamente si taglia da nord a sud una piccola penisola fino al traguardo di Sanxenxo, costeggiando spesso il litorale. Altimetricamente non siamo in presenza di una prova da 60 orari, visto che - non contando il vento dell'Atlantico - i partecipanti dovranno misurarsi con un percorso su cui non mancano i saliscendi. Ovvio che parliamo di falsopiani, più che altro, ma di sicuro roba che spezzerà il ritmo di molti: la più impegnativa di queste salitelle si incontra subito in partenza, dopo 3 km, e consta di un paio di chilometri al 2% e di uno strappo finale al 6. 2.5 km di discesa, 4 di pianura, quindi, dopo la località di Cambados, un nuovo falsopiano al 2%. La seconda metà della tappa è più liscia, anche se comprende un falsopiano di 3 km (dal 18 al 21) e un ulteriore muretto di 500 metri a 4 km dal traguardo. Dopo un chilometro di discesa verso il lungomare di Sanxenxo, gli ultimi 2000 metri sono totalmente pianeggianti.

Dal mare alle montagnole dell'entroterra, la prima tappa in linea della Vuelta, sempre in Galizia, è un lungo piattone interrotto da una salita nella prima parte e culminante con il primo dei tanti arrivi in salita della corsa spagnola. Si parte da Pontevedra, si punta a sud e dopo la località di Paredes si sbuca sulla litoranea che, attraverso Arcade e poi Vigo, conduce a Nigrán. Qui si lascia il mare per guadagnare l'interno previa scalata all'Alto de San Cosme, che è una salita di 11 km ma fatta in massima parte di falsopiani, e che svetta a 115 km dalla fine. 7 km di discesa (tecnica nella prima metà ma non troppo ripida) fino a O Porriño, quindi una salitella di 1.5 km al 5% (non valida come Gpm), quindi il primo sprint intermedio a Ponteareas a 95 km dalla fine; di questi 95 km, 84 sono totalmente pianeggianti. Nella località di A Guarda (dove ai -41 è posto il secondo traguardo volante), si torna sul litorale, per arrivare fino a Baiona, da cui partono gli ultimi 11 km in salita fino all'arrivo dell'Alto do Monte da Groba: i primi 4 km presentano qualche tratto al 10%, dopodiché la strada diventa un falsopiano di 5 km, via via più dolce; le pendenze si induriscono progressivamente negli ultimi 2 km, il primo al 5.5%, il secondo oscillante tra il 7.5 e l'8.3.

Seconda tappa in linea e secondo arrivo all'insù, per una frazione che contribuirà a sgranare ulteriormente la classifica. Per tutta la tappa non c'è troppo da segnalare, visto che il percorso è praticamente tutto pianeggiante. C'è da tener conto del fatto che tutta la tappa, dalla partenza di Vigo andando verso nord (e ripassando dalle precedenti sedi di tappa di Pontevedra, Sanxenxo e Vilanova de Arousa), si svolge praticamente sulla litoranea galiziana, e il gruppo sarà quindi esposto alle eventuali raffiche di vento dell'Atlantico. Arrivati a Vilanova, a 38 km dalla fine, si devia verso la Illa (isola) de Arousa, dov'è posto il secondo traguardo volante di giornata (il primo era ad A Escusa, al km 118); per raggiungere l'isola e tornare indietro si percorrerà nei due sensi un ponte sul mare. Rientrati sulla terraferma, ci si prepara ai 20 km finali che sono abbastanza mossi: un paio di chilometri al 5% attendono i corridori tra i -20 e i -18, quindi due strappetti ancora (ai -14 e, un po' più duro, ai -9) precedono l'arrivo al Mirador de Lobeira: salita di 4 km che parte con un falsopiano di 1.5 km al 4%, è inframezzata da un muro di 500 metri all'8%, e termina con 2 km al 6% (un po' più leggeri in conclusione). Un finale da liegisti al termine di una frazione che potrà dire poco se non verrà interpretata in maniera battagliera, o molto se le condizioni ambientali contribuiranno a renderla particolarmente impegnativa.

Potremmo dire che questa tappa è la fine del mondo, ma non sarebbe vero se non per la denominazione della piccola penisola su cui, a Fisterra, tale frazione si concluderà. Non una tappa dedicata ai velocisti, si badi bene: non tanto per i mille strappetti disseminati lungo i 189 km in programma, quanto per il finale leggermente all'insù. Nei primi 90 km, da Lalín e passando per Santiago de Compostela (e per il famoso "cammino" religioso) non ci sono asperità di vaglia da segnalare, anche se la strada, come detto, è tutta un saliscendi. 4 km vicini al 5% a metà tappa (prima del rifornimento) sono il tratto più complicato, in questa fase. Le cose si fanno più interessanti quando si raggiunge nuovamente il mare, a ovest: subito dopo il traguardo volante di Quilmas si affronta il Mirador de Ézaro, muro di 2 km per metà all'11% e per metà oltre il 14. Dalla vetta son 36 km fino al traguardo, 20 dei quali compongono l'ampio giro per riguadagnare il litorale dopo la precedente scalata. A Corcubión, a 15 dalla fine, un nuovo strappetto di un paio di chilometri (al 4.6%) potrebbe lanciare qualche ulteriore attacco prima dell'arrivo in leggera salita che culmina all'ombra del faro di Fisterra. Gli ultimi 2.3 km all'insù sono particolarmente irregolari: i primi 500 metri vanno anche sopra al 10% di pendenza, poi per 600 metri c'è una spianata che precede altri 400 metri impegnativi (tra l'8 e il 15%). 200 metri in contropendenza e altri 300 al 10% e la salita può dirsi conclusa, prima dei 300 metri finali in piano.

Abbandonata la zona di Pontevedra (ma non la Galizia), stranamente non si arriva all'insù, ma ci troviamo forse di fronte alla prima frazione per ruote veloci della Vuelta 2013. 60 km senza difficoltà tanto per cominciare, poi nella località di A Rúa le cose cambiano con l'inizio di quella che potrebbe sembrare una salita di 20 km, ma che in realtà è composta da un primo tratto di 4 km in falsopiano, 1 km di contropendenza, altri 3 km al 7% e ancora 3 km in piano, prima dei 6 km al 6% che conducono al Gpm di Alto de Covelo. Qui mancano 95 km al traguardo, e subito ci sono - tra discesa e pianura - una ventina di chilometri per recuperare. Quindi la strada riprende a salire, verso il traguardo volante di A Gudiña, ma parliamo di un'ascesa abbastanza pedalabile, coi suoi 6 km al 4.6%; altri due tratti di salita simile, intorno al 4% (uno di 3 e uno di 4 km) punteggiano il percorso prima del secondo Gpm di giornata, l'Alto de Padornelo, altri 6 km (abbondanti) al 4% medio, anche se non manca un tratto al 14%, che però annega in un mare di spianate e spianatine. È da escludere che qualcuno voglia provare un attacco qui? Ovviamente no, ma i 31 km che separano la vetta dall'arrivo sono molto facili, composti tutti da discesa e pianura, con al limite un paio di brevissimi strappetti che, nei 10 km conclusivi, verranno superati di slancio. Da segnalare, in un finale che costeggia il Lago, un'unica curva a destra ai 600 metri dalla linea d'arrivo.

Dopo un lungo trasferimento dal Lago de Sanabria, la sesta è una frazione tra le più facili della Vuelta, e non conta neanche un Gpm nel suo tracciato (del resto non ci sono salite tali da poter rappresentare alcunché). Dopo 168 km con quasi niente da segnalare (se non che il primo traguardo volante, al km 30, è posto in cima al Puerto de Béjar, che però viene affrontato dal lato "sbagliato", e infatti ci si arriva dopo 5 km in falsopiano), i 7 km conclusivi, a Cáceres, offrono qualche spunto: arrivando da nord, si fa un mezzo giro orario di circonvallazioni a valle della località d'arrivo, quindi si guadagna il centro cittadino con una salitella di 3 km, per metà al 4 e per metà al 2%. Dopo una breve discesa, ai 2500 metri la strada riprende a salire in falsopiano fino all'imbocco del rettilineo conclusivo, 600 metri in piano su cui riprendere l'eventuale tentativo da finisseur di turno, e lanciare senza indugi lo sprint di massa (o quasi).

Rotta decisa verso sud e l'Andalusia, e seconda tappa consecutiva dedicata alle ruote veloci. Anche nella settima frazione non ci sono Gpm, e l'unica salita che avrebbe potuto ospitare un traguardo per la classifica degli scalatori, intorno al km 130 (a 75 dalla fine), misura 3.5 km ed ha una pendenza media prossima al 6%. Un'altra salitella la si incontra a Tomares, quando si è ormai in prossimità dell'ingresso nel circuito finale a Siviglia e dintorni. Anche qui parliamo di poca cosa, 2 km con prima parte al 5% e successivo falsopiano al 3%: tale strappetto verrà affrontato una prima volta a 50 km dalla fine, e una seconda volta ai -10, dopo l'ampio giro sivigliano (e del tutto pianeggiante) del circuito conclusivo. Gli ultimi 5 km, quelli in cui vedremo i treni lottare e sgomitare, non sono privi di pericoli: proprio allo striscione dei -5 c'è una curva a destra, e subito dopo si affronta una rotonda da "circumnavigare" (nel senso di svolta a 360°). Ai 3.3 km una curva a destra precede due rotonde in rapida successione (la seconda, ai 2500 metri, prevede una svolta secca a sinistra). Le ultime due svolte sono una curva a sinistra ai 1500 metri e una a destra ai 700 metri. Altimetricamente, nulla da segnalare per quel che riguarda il rettilineo d'arrivo.

Dopo quello di Baiona, secondo arrivo in salita di una certa rilevanza (posto al termine di un'ascesa di 14 km), nel giorno in cui la Vuelta 2013 tocca il suo punto più meridionale. Il profilo altimetrico della frazione dice già tutto sul suo svolgimento: partirà una fuga in avvio, e sui vari strappetti (poca cosa) dei primi 50 km non avverrà nulla d'importante; poco dopo il km 60, sul Collado de Halda (non valevole come Gpm) il gruppo potrà iniziare a recuperare, se qualche squadra vorrà tenere un'andatura sostenuta (la parte più impegnativa di tale scalata consta di 4 km al 6% abbondante); ci sarà comunque ancora molto spazio per annullare gli attacchi della prima ora, visto che dopo questa salita non restano che due o tre dentelli poco rilevanti, incrociati sulla strada che porta verso il Mediterraneo (siamo di poco al di qua delle Colonne d'Ercole). A Estepona, dove c'è il secondo traguardo volante di giornata, se il gruppo si sarà compattato qualche uomo di classifica più veloce di altri potrà ancora tentare di prendere un abbuono, dopodiché dal mare si svolta verso l'interno, e 5 km più in là inizia la scalata all'Alto de Peñas Blancas. 14 chilometri (e spiccioli) di salita, come detto in apertura, per un'ascesa tutta da interpretare: si parte fortissimo, coi primi due chilometri che oscillano tra pendenze del 9 e del 12.5%; quindi ci sono 3 km abbastanza facili, con tratti in cui recuperare, e ancora 2 km tra l'8 e il 9%, prima che la strada diventi molto più regolare, con una pendenza media del 6.5% fino al traguardo (nell'ultimo chilometro la salita spiana un po', ma rimanendo sempre sopra al 5%).

Terzo arrivo in media salita (dopo Mirador de Lobeira e Fisterra), e torna un traguardo che negli ultimi anni è molto frequentato dalla Vuelta (già presente nel 2010 e nel 2011). La tappa ha uno sviluppo abbastanza facile per i primi 90 km, poi iniziano i vari saliscendi, a partire dalla salitella che porta ad Alcaudete, ma è solo nei 50 km conclusivi che il terreno si fa realmente insidioso: si comincia dalla salita ai cui piedi si trova Castillo de Locubín (sede di traguardo volante), e che culmina 4 km più su. Le pendenze sono più toste del 5%. Dalla vetta, 4 km abbondanti di discesa, e poi un nuovo muretto di 3 km (ancora al 5%) che culmina nel secondo traguardo volante di giornata, ad Alcalá la Real. Da qui, quasi 15 km in piano fino a Frailes, dove inizia l'unica salita valida come traguardo Gpm di giornata, l'Alto de Los Frailes: l'ascesa vera e propria (senza considerare il falsopiano iniziale) misura 6.2 km con pendenze vicine al 6%, e dalla vetta al traguardo mancano 16 km. Non si scende subito, visto che i primi 7 km comprendono ancora qualche strappetto alternato ai tratti digradanti; i secondi 7 km sono invece di vera discesa (anche se non ripidissima) fino alle porte di Valdepeñas de Jaén. A 1500 metri dal traguardo un primo tratto di 300 metri al 7% metterà in fila indiana il gruppo, ma è poi l'ultimo chilometro (o meglio, la prima parte dell'ultimo chilometro) ad avere le pendenze maggiori, con 300 metri al 13% (con punte oltre il 20) prima dei 600 metri finali un po' più morbidi (al 6% medio).

La seconda settimana di Vuelta parte non da un giorno di riposo (previsto per martedì) ma da una frazione dal finale montagnoso, e che a differenza dei precedenti due arrivi in quota presenta non una singola scalata a fine percorso, ma due colli in rapida sequenza. Dalla partenza di Torredelcampo (dalle parti di Jaén, pure toccata dalla tappa nei primi chilometri) si guadagna la strada verso sud e Granada (siamo sempre nel bel mezzo dell'Andalusia). Dopo 35 km facili (non fa testo un lungo falsopiano all'1%...), la prima salitella è posta prima di Cambil (e sono 5 km al 5.4%), seguita da un'ascesa più lunga (9 km al 4%, con una parte centrale più impegnativa) e ancora da altri due strappetti; e i primi 75 km se ne vanno così, tutti in saliscendi. I secondi 75 sono più facili, in leggerissima discesa fino al 130 e poi di nuovo in falsopiano fino al 150: diciamo che sarà la parte di tappa in cui la fuga del mattino proverà a consolidarsi e resistere; superati di slancio i due traguardi volanti di Granada e di Monachil, ecco l'Alto de Monachil, su cui la corsa cambierà marcia: la salita, ancorché non troppo lunga, è di quelle durissime. Nei primi 4 km la pendenza non scende sotto il 9%, poi un chilometro al 7% anticipa un altro muro di 500 metri al 15. La successione rampa facile-rampa durissima si ripete altre due volte fino al Gpm, posto a 28 km dal traguardo. I 10 km di picchiata verso Pinos Genil presentano dei tratti molto tecnici, specie dopo i primi 3 km. I 9 km da Pinos Genil a Güéjar Sierra sono misti, e alternano un pezzo di salitella (5 km non complicati) a 4 km di pianura e discesa. I 7.5 km conclusivi, ovvero quelli dell'Alto de Hazallanas, sono davvero da mal di testa: almeno per due terzi, la salita è impressionante per pendenze (per dire, i tratti al 10% sono quelli sui quali rifiatare, visto che solitamente si viaggia tra il 13 e il 16%, con punte ovviamente superiori). Negli ultimi 2 km si scende finalmente al 6%, ma occhio, perché potrebbe essere questo il punto su cui chi si sarà avvantaggiato (e sarà quindi presumibilmente più fresco) potrà scavare veri solchi in termini di distacchi sugli inseguitori. Tappa da seguire veramente col massimo interesse.

L'unica crono individuale della Vuelta 2013 è abbastanza atipica, come si suol dire. Intanto, a livello planimetrico, si nota come la presenza di Tarazona sia del tutto avulsa dallo sviluppo del disegno della corsa: la si raggiunge con un megatrasferimento prima del giorno di riposo, e il giorno dopo bisognerà spostarsi nuovamente in maniera sensibile per andare a Maella, ai confini con la Catalogna, regione in cui poi si concluderà la tappa successiva. Crono atipica, si diceva: ruota tutta intorno all'Alto de Moncayo, salita di 3a categoria (vale infatti come Gpm) la cui vetta è al km 18, ma che avrà un ruolo centrale nella frazione. La scalata inizia dopo 7 km in piano, e presenta in totale 11.5 km di salita (se vi sembran pochi!), dei quali i primi 4 più impegnativi con le loro pendenze del 6-7%. Alla fine di questo tratto più duro c'è il primo rilevamento cronometrico, quindi si scala per altri 7.5 km al 4-5%, fino al Gpm, dopodiché ci si tuffa nei 9.5 km di discesa sui quali bisognerà spingere a fondo, visto che tale picchiata si situa su una serie di drittoni. Finita la discesa (molto dolce negli ultimi 3 km), si riprende la strada per Tarazona (il giro che si compie dalla sede di tappa all'Alto de Moncayo e ritorno è in senso antiorario) con un rettilineo di 5 km in piano, quindi si affronta un altro pezzetto di discesa (4.5 km, con pendenze del 5%) fino a rientrare in città, per l'ultimo chilometro e mezzo su un paio di ampi viali della località aragonese.

Dopo un'ampia fase in cui il proscenio sarà stato occupato dalla battaglia per la classifica, la Vuelta raggiunge la Catalogna per una due giorni per ruote veloci. Si parte con questa 12esima tappa abbastanza facile, non lunghissima e con una sola vera salita nel suo tracciato. Primi 40 km tutti fra i 300 e i 500 metri slm, quindi ci si tuffa su Ascó per una quindicina di chilometri completamente piatti. Dopo Móra la Nova l'altimetria si increspa con due strappetti di 3 km ciascuno, il primo al 7%, il secondo al 9. Quindi il Gpm di Alto del Collet, salita di 5 km che inizia al 4% e poi nella seconda metà sale fino al 6. I 12 km di discesa (appena più tortuosa nella prima parte) conducono a Mont-roig del Camp, e da qui in avanti il gruppo troverà 60 km sostanzialmente piatti. Interessante il finale: prima curva importante (a destra) ai 5 km, un paio di rotonde (senza svolte) nel successivo chilometro, fino a una curva a sinistra ai 4 km. Siamo già sul lungomare, ai 3 km una nuova rotonda contribuirà a tenere il gruppo allungato, e a 1700 metri dall'arrivo la strada sale per 300 metri al 2%, con tanto di tornante strettissimo; quindi 400 metri al 7% (su un cavalcavia) e curva secca a sinistra all'ultimo chilometro. Il primo rettilineo, lungo 600 metri, presenta ancora un pezzetto di salita al 4%; superata l'ultima rotonda della giornata (con semicurva a destra), i 400 metri finali tirano ancora leggermente all'insù (al 2%): sarà insomma volata, ma per uomini molto potenti.

Tappa per ruote veloci, avevamo anticipato poco sopra, ma vanno fatti dei distinguo: perché, se il finale è senza dubbio molto adatto agli sprinter, c'è da dire che l'Alto del Rat Penat posto a 50 km dalla fine potrebbe rimescolare molte carte (dando magari fiato a una fuga da lontano). In partenza c'è subito una salitella, il Coll de la Torreta, 10 km di salita (i primi 6 al 3%, gli ultimi 4 al 5%), vetta al km 23: qui partirà probabilmente l'attacco a lunga gittata, e avrà - dopo il Gpm - 45 km di strade facili (pianura-discesa-pianura) per incrementare il proprio margine. Poco prima del km 70 si torna a salire verso la località di El Casots (altri 5 km al 5%), e quindi si procede per 35 km in piano, prima di 7.5 km di discesa (molto impegnativa nei primi 2 km) che condurranno a un primo passaggio da Castelldefels. Non si guadagna subito il lungomare, ma si corre per un pezzo verso ovest, perché a 54 km dalla fine ci si ributta nell'entroterra, per affrontare i 4 km del Rat Penat, salita molto dura (al 10% medio, con una parte centrale che balla intorno al 15). La successiva discesa, tutta curve e contropendenze (tra le altre, ce n'è una di un chilometro e mezzo al 7%), porta - questa volta sì - direttamente al mare, per 12 km di litoranea a tratti tortuosissima. Quando ci si immette sul lungomare di Castelldefels mancano 9 km alla fine: si procede diritti per 6 km, poi una curva a gomito (a sinistra) conduce al centro cittadino. Solita collezione di rotonde con cui fare i conti, la penultima ai 900 metri, l'ultima ai 400, prima di un rettilineo conclusivo che tira all'insù (al 5%) e che farà ingolfare più di un motore.

Simil-tappone pirenaico in territorio andorrano, quello del terzo sabato di Vuelta. I chilometraggi son ridotti, ma la successione delle salite - seppur non parliamo di pendenze assurde - è interessante, sempreché qualcuno abbia voglia di battagliare come si deve. I primi 40 km da Bagà a La Seu d'Urgell sono addirittura in leggera discesa. Il falsopiano cambia di verso in corrispondenza con l'avvicinarsi del confine (che verrà valicato al km 49). Subito dopo il traguardo volante di Andorra La Vella inizia la scalata al Port d'Envalira, lungo sì (27 km) e alto pure (i suoi 2410 metri sono il tetto della Vuelta), ma in realtà solo un interminabile falsopiano che solo negli ultimi 10 km supera pendenze del 6%. La cosa buffa di questa montagna (che culmina a 68 km dalla fine) è che la sua sede stradale è talmente larga (3 corsie piene) da permettere che la si percorra sia in salita che in discesa: dal Gpm quindi si fa un tratto di picchiata (5 km al 7%) facendo il giro per la località di Pas de la Casa, da cui si imbocca un tunnel che reimmette sulla strada già affrontata scalando, e tale doppio senso di marcia proseguirà fino alla località di Canillo, dove all'"andata" c'era stato il secondo traguardo volante, e da cui al "ritorno" si svolta abbandonando il percorso precedente e andando a cercare il Coll de Ordino. Questa seconda salita di giornata misura 9 km, ma anche in questo caso ci troviamo di fronte a un colle abbastanza morbido, che nei primi 4 km presenta pendenze anche superiori al 6%, ma poi spiana in maniera decisa. Quasi 10 km di discesa, prima solo tortuosa, poi anche ripida, conducono a imboccare un nuovo tunnel pirenaico, che sbuca alla periferia di Andorra La Vella e che precede di un chilometro l'attacco al terzo Gpm del percorso, il più facile di tutti: l'Alto de la Comella, da questo versante, misura 4 km ed è una successione di due rampette (che a tratti superano il 10%) intervallate da una discesina. Dal Gpm, 4 km di difficile picchiata su Andorra La Vella e 4.5 di pianura prima dell'imbocco della salita che conduce al traguardo. La Collada de la Gallina misura poco più di 7 km, ha una pendenza media dell'8%, e la parte più dura inizia a metà ascesa per chiudere in bellezza con quasi 3 km al 9%. Gli ingredienti per uno spettacolo interessante non mancano.

Quella del secondo giorno a spasso per i Pirenei può essere definita la "tappa delle tre nazioni" visto che parte da Andorra, procede per un bel pezzo in Spagna e si conclude in Francia. Stavolta - finalmente! - non fa difetto la lunghezza del percorso, visto che si va oltre i 220 km, e seppur le due lunghe salite in territorio spagnolo non saranno immediatamente decisive, potranno contribuire a rendere le gambe pesanti a più di uno, nello scoppiettante finale tra Balès e Peyresourde. Ci sono 10 km dalla partenza al confine tra Andorra e Spagna, e già prima di arrivarci si inizia ad affrontare subito il Puerto del Cantó, 24 km di ascesa al 4.2% medio, dato che però significa poco: meglio dire che i primi 5 km sono ostici, poi ce ne sono una decina abbastanza facili, quindi un altro tratto di 4 km appena più impegnativi prima del falsopiano (quello è) fino al Gpm. Ma non siamo che all'inizio, e mancano ancora 193 km al traguardo. La discesa verso Sort misura 19 km ed ha le maggiori insidie nel primo e soprattutto nel terzo terzo, rimanendo quello di mezzo molto pedalabile. 30 km di leggerissimo falsopiano all'insù precedono il secondo colle della tappa, il Puerto de la Bonaigua, anche questo molto lungo (20 km), solo che a differenza del precedente si va sopra i 2000 e la pendenza media è del 5.5%. Nella prima metà della scalata si trovano dei gradoni che toccano pendenze superiori al 10% (alternati a diverse spianate), la seconda parte è invece più regolare, correndo intorno al 6% fin quasi al Gpm, posto a 124 km dalla fine. Qui la tappa entra in una fase interlocutoria, perché dopo i 22 km di discesa (non eccessivamente complicati, a parte 4 tornanti in cima) fino a Betren, si incontra dapprima il rifornimento (che di per sé raffredda i bollenti spiriti), quindi ci si accinge a quasi 50 km di falsopiano in discesa. A 50 km dalla fine, dopo essere entrati in territorio francese da 24 km, e dopo una rampetta che precede Mauléon Barousse, ci si ritrova ai piedi del Port de Balès. I primi 8 km (dei 19 totali considerati dalle carte della Vuelta) praticamente non fanno testo, visto che sono niente più che un falsopiano. Dopodiché le pendenze si rafforzano con decisione, 5 km tra l'8 e il 10%, un chilometro facile per respirare, e altri 5 km sempre tra l'8 e il 10%. Spazio per fare la differenza ce n'è, ma al Gpm le fatiche dei corridori non sono certo finite, visto che mancano ancora quasi 32 chilometri di tappa. I primi 15 sono di discesa, tecnica nei primi 6 km, poi pedalabilissima, quindi più ripida negli ultimi 2.5 km. Appena atterrati sulla località di Saccourvielle non si fa a tempo a sprintare al traguardo volante di Saint-Aventin che la strada riprende a salire, coi celebri drittoni (tra il 7 e l'8%) del Peyresourde. 10 i chilometri di ascesa, e la seconda metà di scalata è appena più difficile della prima, col tratto più duro rappresentato proprio dagli ultimi 2 km. Come già al Tour de France del 2012, la tappa non finisce però al Gpm, e dopo una facile discesa di 3 km ci offre un altro pezzetto di salita, 3 km che nel primo terzo sono quasi costantemente sul 13%, nel secondo si semplificano (a parte 300 metri all'11) e nel terzo spianano abbastanza, prima di 600 metri conclusivi quasi in discesa. Sulla carta, una delle tappe più interessanti dell'intera Vuelta.

Vale sempre il Teorema Fuente Dé, ovviamente, cioè quello che dice che anche nella tappa di salita più facile può avvenire qualsiasi ribaltone (si veda in proposito la Vuelta 2012 e la tappa di Fuente Dé, appunto), ma schiacciata tra il tappone del Peyresourde e il secondo giorno di riposo, questa 16esima frazione (sesto arrivo in salita vero e proprio) ha tutta l'aria di essere destinata a qualche bravo fuggitivo. Intanto è breve (non arriva ai 150 km), e non ha una salita finale che sia propriamente un invito alla lotta col coltello tra i denti da parte dei big. Dopo 20 km si incontra la prima salita della giornata, il Puerto de la Foradada, 6 km dei quali quelli che contano sono i primi 3.5 quasi al 9%, mentre nel finale la strada spiana. Una discesa non complicata e poi oltre 50 km di falsopiano precedono il secondo colle della frazione, il Puerto de Cotéfablo, che gode dello status di Gpm di 2a categoria giusto per la lunghezza (quasi 13 km), ma è in realtà piuttosto insulso a livello di pendenze (offre giusto 3 km al 7% nella fase iniziale; gli ultimi 2 sono al 6% medio, tutto quel che c'è nel mezzo è molto più irrisorio, come durezza). Più interessante la discesa, che nei primi 2 km è davvero insidiosa, anche se poi spiana fino a digradare dolcemente fino a Biescas dove, a 32 km dalla fine, ci sarà il secondo traguardo volante. Da qui la strada sale in dolce falsopiano fino a Tramacastillas, dove - dopo un breve muro al 7% - partono i 16 km della salita conclusiva. I primi 6 km è come se non ci fossero, visto che sono praticamente di pianura. A 10 dal traguardo si incontrano 3 km un tantino più impegnativi (parliamo comunque di pendenze tra il 5 e il 6.5%, non di più), seguiti da altri 4 km (o quasi) nuovamente in falsopiano. I quasi 4 km finali, su una strada di recente costruzione fino al traguardo, oscillano tra il 7 e l'8%, con spianatina nei metri finali.

Ripartenza soft dopo il secondo giorno di riposo della Vuelta, con una frazione facile che dovrebbe offrire una nuova chance ai velocisti. I primi 100 km, pur non privi di piccoli saliscendi, scorrono lisci (da segnalare giusto il traguardo volante di Logroño, al km 41), dopodiché un paio di Gpm di 3a categoria muoveranno un po' le acque prima che la velocità si alzi in vista del volatone. Tali salitelle sono l'Alto de Pradilla, 5.5 km quasi al 5%, che svetta al km 115, e l'Alto de Valmala, 4 km al 5%, che ha il Gpm al km 139, a 50 dalla conclusione. L'ultima parte della tappa è completamente pianeggiante (anzi, al più declina leggermente), con l'esclusione di una salitella (lungo la Calle Eras de San Francisco, 800 metri per metà all'11% e per metà al 5), già all'interno della città castigliana, a poco meno di 10 km dalla fine. Negli ultimi 5 km non mancano le consuete rotonde, bisognerà fare attenzione a una curva a sinistra proprio ai 5 km, quindi a una doppia svolta sinistra-destra a poco meno di 3000 metri dal traguardo, e infine a una curva a sinistra+rotonda che immette sul rettilineo conclusivo, lungo 1500 metri.

18a tappa: Burgos - Peña Cabarga
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Giov, 12/09/2013
186.5 km
Partenza: 
Burgos ore 12.38
Arrivo: 
Peña Cabarga ore 17.20-18
18a tappa: Burgos - Peña Cabarga
Sprint intermedi: 
Espinosa de los Monteros km 90, Solares km 175.8
Gpm: 
Alto de Bocos (790 m-3a cat.) km 78.3, Alto Estacas de Trueba (1150 m-3a cat.) km 107.5, Puerto de la Braguía (725 m-3a cat.) km 128.1, Alto del Caracol (840 m-2a cat.) km 146.9, Peña Cabarga (Arrivo-565 m-1a cat.) km 186.5

Eccolo qui un altro dei traguardi diventati famosi in questi ultimi anni di Vuelta. La durissima rampa di Peña Cabarga non sarà l'ultimo giudice della corsa (come avvenuto nel 2011), ma darà senz'altro l'occasione per ulteriori aggiustamenti in classifica. I primi 75 km della frazione non presentano grosse cose da rilevare (a parte una discesa verso Valdenoceda, dopo il km 50), ma quando ci si avvia alla fase centrale la situazione si movimenta alquanto. Un paio di salitelle poco significative (Alto de Bocos, 3 km al 6.6%, vetta al km 78; Alto Estacas de Trueba, altri 3 km ma solo al 4%, vetta al km 107), quindi da quest'ultimo Gpm una lunga discesa (14 km, molto impegnativa nella prima parte) fino a Vega de Pas. Da qui si risale verso il Puerto de la Braguía, 6 km di ascesa (i primi 4 al 6.4% con una punta del 16, poi c'è una spianata e un ultimo km al 7%), seguiti da 8 di discesa abbastanza tortuosa fino a Selaya. Qui si svolta a destra e si affronta un nuovo Gpm, l'Alto del Caracol, 10 km totali, i primi 2 dei quali subito tosti (quasi l'8%), ma seguiti da un chilometro e mezzo in contropendenza. La strada risale per altri 2 km abbastanza morbidi, poi s'impenna per gli ultimi 4.5 km al 7.2%. La successiva discesa, più facile della precedente, misura 7 km e conduce su un tratto misto di 27 km che precedono l'ascesa conclusiva. Un pezzo di strada che è tutto un mangia&bevi ma che rischia di bagnare le polveri di chi avesse voluto tentare un attacco dalla penultima o terz'ultima salita. I 6 km di ascesa fino a Peña Cabarga fanno tremare i polsi: i primi due sono tra il 9 e il 10% di pendenza, poi per un chilometro la strada va su fino al 14%, prima di spianare per un chilometro che taglia in due lo sforzo di chi è in bici. Gli ultimi 2 km riprendono a salire bruscamente, con pendenze che arrivano al 20% proprio nei pressi del triangolo rosso dell'ultimo chilometro.

Dice: potevano mettere, gli organizzatori, un piattone tra Peña Cabarga e Angliru? Ovvio che no, e l'arrivo asturiano di Oviedo è l'occasione per un ennesimo traguardo all'insù (tra salite piene e salitelle, siamo con questo a quota 11), sull'Alto del Naranco. Ci si arriva in coda a una tappa di 181 km che si svolge per la prima metà sulla pianeggiante litoranea nord tra Cantabria e Asturie. Le cose cambiano allorché a Villaviciosa (dove c'è il primo traguardo volante) si prende la direzione verso l'interno, e quindi verso diverse salitelle in sequenza. La prima è l'Alto de Campa, 7.5 km al 4% medio, Gpm a 66 km dalla fine; dopo non c'è discesa, ma quasi 30 km di percorso misto che precedono l'Alto de San Emiliano, quasi 5 km al 6%, a cui seguono 6 km di discesa con qualche tratto tecnico. Arrivati in fondo si risale verso El Padrún, posta in cima a uno strappetto di 2.5 km al 6% (ma non vale come Gpm, bensì come traguardo volante). Qui mancano 21 km, ma non è ancora finita coi saliscendi: infatti, dopo 3.5 km di picchiata su Olloniego, si intraprende l'Alto de Manzaneda, 3.5 km al 6.4%. Dal Gpm ci sono 7 km di discesa non difficile verso Oviedo, e dal centro cittadino - fatto 30, facciamo 31 - si taglia verso nord e verso l'Alto del Naranco, 5 km al 6.6%, con le cose migliori (nel senso di pendenze più pronunciate) nella seconda metà di scalata, laddove si sfora quota 10%.

Chi vorrà mettere il punto esclamativo sulla Vuelta 2013 avrà a disposizione nientemeno che l'Alto de l'Angliru, una delle montagne più famose (e dure da scalare) del mondo. È qui che l'organizzazione ha scelto di piazzare la tappa decisiva, o quantomeno l'ultima in cui si potrà tentare di lottare per la classifica. Dopo la partenza da Avilès si incontrano abbastanza presto un paio di strappetti, ovvero il chilometro e mezzo al 5% di Foncubierta (km 10) e i 5 km al 4.8% che passano da Muros de Naln e scollinano al km 20. Solo al km 40, però (e dopo che si è svoltato dal litorale verso l'entroterra), si approccia un vero e proprio Gpm, l'Alto de la Cabruñana, lungo 4.5 km e con pendenza media di quasi il 7%. 6.5 km di discesa non tremenda fino a Grado, e altri 25 di pianura fino al secondo Gpm di giornata, l'Alto de Tenebredo. 3.4 km di salita, composta da un primo chilometro al 12%, e quasi 2 km all'11 in cima (in mezzo, quasi un chilometro in piano). Giunti in cima, si può dire che si concluda la prima parte della tappa; una fase interlocutoria composta da 5 km di discesa e 30 di falsopiano precede infatti la parte più succosa del percorso. Si parte, a 27 km dal traguardo, con lo scalare l'Alto del Cordal, 5 km al 9.6%, con un bel tratto al 12 subito prima della vetta. Poco più di 8 km di discesa su cui non dovrebbero succedere sfracelli, e si approccia l'Angliru: partenza quasi abbordabile, con 6 km che vanno dall'8% al 6 e poi al 5, per una mezza spianata su cui raccogliere per bene tutte le forze. E sì, perché nei 6 km successivi non si scende mai sotto il 10%, con in particolare il terz'ultimo chilometro davvero asfissiante, con le sue pendenze vicine al 20%. Dopo la vetta vera e propria, 500 metri in leggera discesa conducono all'ambìto traguardo.

Praticamente un criterium, l'ultima frazione della Vuelta. Neanche 110 km, neanche un metro di salita (oddio, qualche cavalcavia verrà pure attraversato, ma i corridori non si accorgeranno nemmeno di eventuali pendenze), solo una gran bella passerella da Leganés (località dell'hinterland della capitale) a Madrid, non senza aver fatto un giretto nei dintorni della città. Il circuito conclusivo, lungo quasi 6 km, sarà ripetuto 8 volte, e oltre ai lunghi rettilinei dei viali madrileni ci saranno una serie di curve da affrontare con attenzione: una doppia a sinistra dopo 600 metri dal passaggio di Plaza de Cibeles, una ampia a destra dopo 1.4 km, un'altra semicurva a destra al km 1.6, un'inversione a U (verso sinistra) al km 2.5, una curva a sinistra al km 3.3, una (stretta) a destra al km 3.5, un'altra semicurva a sinistra al km 3.9, quindi una rotonda (su cui impostare un'altra inversione a U verso sinistra) al km 4.6, prima del chilometro conclusivo praticamente rettilineo (se si eccettua una semicurva a destra appena accennata ai 300 metri). Fatta la volata, espletate tutte le cerimonie delle premiazioni, non resterà - per i big della Vuelta - che concentrarsi sui Mondiali di Firenze...

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