Tirreno-Adriatico 2014
1a tappa: Donoratico - San Vincenzo (Cronosquadre)
Tappa successiva →2a tappa: San Vincenzo - Cascina
← Tappa precedenteTappa successiva →Come da tendenza affermatasi da qualche anno a questa parte, questa corsa riserva occasioni ai suoi numerosi sprinter nelle prime tappe, e consecutivamente. Scelta che penalizza leggermente il pur variegato suolo toscano. Così, siamo di fronte inizialmente a due frazioni interamente toscane con finali abbordabili. Delle quali, la più corta ed altimetricamente più mossa, o meno piatta che dir si voglia, è questa prima. Entroterra livornese, luoghi bettiniani. La California, Bibbona, Riparbella e un peregrinare sulle tiepide colline dei dintorni, che pare una visita devota ai luoghi d'allenamento del riverito campione. In effetti, dei tre non mostruosi Gpm della prima parte di tappa, ce n'è almeno uno che riserva scosse. Le strade sono ampie ed esposte, e a Guardistallo e Montecatini Val di Cecina si può salire anche nella scia del gruppo. Anche le curve assecondano la dolcezza del paesaggio e non costringono mai a dolorose ripartenze. Ancora qualche saliscendi e curve in successione a dare una mano ai coraggiosi di giornata, ma gli ultimi 60 chilometri, comprensivi di due giri e mezzo di un circuito finale, sono molto piatti e, quel che è peggio per il fuggitivo, in massima parte rettilinei. Tappa che prima seduce, poi abbandona. Dopo le salite ci dovrebbe essere almeno un'ora di recupero nelle scie del gruppo, prima del finale, tuttavia per qualche velocista potrebbe non essere sufficiente a disintossicare la muscolatura; più facile, con squadre fresche, rientrare.
3a tappa: Cascina - Arezzo
← Tappa precedenteTappa successiva →Seconda tappa che, in teoria, chiamerebbe le ruote veloci. Meno incoraggiante della precedente per i tentativi di fuga. Un sussulto, forse un trampolino, ma breve, al chilometro 51, un muretto all'uscita del paese di Cerbaia, Val di Pesa, 140 metri di dislivello in poco più di un chilometro. Poi una salita regolare, Poggio alla Croce, poco più di 3 chilometri. Infine un altro scalino, breve sforzo di circa un chilometro con scollinamento sulla soglia del traguardo volante di Castelfranco di Sopra. Il tutto concentrato nei secondi 50 chilometri di tappa, insieme ad altri millimetrici movimenti della tavola altimetrica, che potrebbero chiamare allo scoperto qualche passista da nord, da sgasata sullo strappo e tirata sul piano. Dal traguardo volante al traguardo vero, posto al chilometro 210, ce ne sono ancora più di 100. La carta della corsa tuttavia rivela un traguardo posto nel centro città di Arezzo, quota 295, centro storico. Il versante del colle aretino non è dei più aspri, ma la sua scalata, ripetuta 4 volte negli ultimi 35 km in circuito, fiaccherà qualche velocista, e offrirà agli uomini da classiche la possibilità del colpaccio all'ultimo giro. Oltre al chilometro di salita al 5% (con uno strappo all'11% in avvio), bisogna badare anche alle condizioni della strada, lastricata e stretta tra i muri antichi. Da opportunisti, da scattisti, da abilità nella guida più che da jet in decollo. Tappa beffarda, che per lunghi chilometri lusinga lo sprinter e alla fine lo costringe al terno al lotto di una strada che si restringe, ma gradualmente, e s'incunea proprio sul più bello, negli ultimi 1000 metri. Prendere posizione davanti diventa fondamentale, e fondamentalmente stressante.
4a tappa: Indicatore - Cittareale-Selvarotonda
← Tappa precedenteTappa successiva →Con questa tappa si apre il contenzioso riguardante la vittoria finale, che potrebbe rimanere in bilico fino alla terza riproposizione della breve cronometro conclusiva di S. Benedetto del Tronto. Non sembra una tappa da facile chiusura della pratica. Ci sono una salita breve, una lunga e una finale che è una via di mezzo. Lunga, di complessivi 12 chilometri, ma impegnativa solo a tratti. Tanti gradini, tanti tratti di recupero. In partenza, 110 km di quiete, e un mezzo periplo del Trasimeno, a far assaporare un antico profumo di battaglia, sulla pianura umbra si stagliano i primi veri monti. Spazio per chi si premura d'avvantaggiarsi sul resto del gruppo. Il primo colle non mette troppe ansie, da Spoleto alla Forca di Cerro, dislivello 400 metri, regolare, ampio, introduttivo. Dalla Val Nerina si sale poi alla Forca di Capistrello. Questa invece può lasciare il segno, selvaggia e non facile, lunga quasi 13 chilometri. Dopo 4 chilometri, quando la strada piega gradualmente a sinistra passando oltre il primo versante montuoso, si incontra tuttavia un tratto intermedio di moderata pendenza, non più del 3%, quasi 3 km di strada fino a Caso, sperduto paese da cui si inizia a scorgere il valico. Da qui, altri 6 chilometri tra il 7 e l'8%, un po' più duro l'ultimo. Discesa silvestre, piuttosto stretta, un solo tornante e molte semicurve, non lunga. Non esattamente da attacco, perché il problema sono i quasi 40 km di rettilinei e falsipiani che si stendono ai piedi del Terminillo, in Val Carpineto, nella valle del Velino. Il problema è anche la natura graduale dell'ascesa finale. Il nocciolo della questione è quanto i 13 km della Forca di Capistrello possano aver assottigliato il gruppo. Più che di salita finale, si può parlare di scalinata. La pendenza media è bassa, c'è però tutta una teoria di gradini, strappetti di vario impegno, variazioni di pendenza, fino all'ultimo chilometro, più serio. Tappa difficile da rendere selettiva, più probabilmente da artigliare in vista del traguardo. Nemmeno chiusa, sulla carta, a scattisti e cacciatori di classiche. Strategicamente parlando, tuttavia, agli scalatori questa Tirreno non riserva arrivi chiari. Perdere le poche occasioni per fare selezione potrebbe rivelarsi pericoloso.
5a tappa: Amatrice - Guardiagrele
← Tappa precedenteTappa successiva →È la tappa certamente di maggiore selettività. Non è tuttavia affatto scontato che i distacchi possano scolpire una classifica ben definita. Le carte non lasciano dubbi, siamo di fronte ad una Tirreno policroma, di grande varietà tecnica. Ad un arrivo in salita lunga ed irregolare ma sostanzialmente morbida del giorno prima, fa seguito un arrivo in salita breve e di impressionante durezza. La partenza è in salita, fino al chilometro 10, a raggiungere l'alto Lago di Campotosto, nessuna pendenza preoccupante, ma ad inizio tappa enfatizza il nervosismo. Da qui, per 140 chilometri, strada quasi sempre a scendere, fatto salvo per un paio di pedalabili contropendenze che portano al Passo Capannelle e a Barisciano. Insomma, terreno ideale per fughe ben organizzate. Le quali devono fare i conti con gli ultimi 39 km della tappa comprensivi di Passo Lanciano, versante ormai classico e ben noto al gruppo, e Muro di Guardiagrele. La prima è una salita asfissiante, psicologicamente granitica, senza tratti di recupero e da metà in poi praticamente senza curve. All'8-9% per circa 40 minuti. Da Lettomanoppello sono quasi 1000 metri di dislivello in 11 chilometri e mezzo. Dalla cima sono 27 chilometri, dei quali quasi 17 di discesa veloce su strada a due corsie. Poco oltre Sant'Eufemia, Guardiagrele appare all'orizzonte stesa sul dorso di un colle, nemmeno troppo in su. Ma il percorso aggira, e ad un tratto, fulmine a ciel sereno, a destra, prende l'ascensore, nuovo di zecca. Strada verticale a due corsie, appena costruita, 800 metri di lunghezza, una semicurva a sinistra e un tornantino in cima. Un numero solo, più che sufficiente per riflettere a lungo: 25. Non di punta, ma di pendenza media. A metà, vicino alla semicurva, c'è anche uno scalino. Una pista da sci, insomma, di quelle col salto. Desta curiosità scientifico-sportiva questo accostamento tra i 40 minuti di asfissia regolare del Passo Lanciano, e lo sforzo brutale di questi 5-6 minuti di pura forza. Una specie di esperimento di nouvelle cuisine . Tappa esotica, indecifrabile. Una sfinge da interrogare. Un crampo, evento non poi così improbabile dato il curioso e letale mix, lascia anche poche possibilità di ripartire, a piedi. A differenza di Montelupone, più lunga ma con pendenze inferiori, il rischio di tappo e processione, con questa strada larga, è minore. Più che scarpe da tennis, forse, serviranno corde.
6a tappa: Bucchianico - Porto Sant'Elpidio
← Tappa precedenteTappa successiva →Il secondo mare riapre le porte della corsa alle ruote veloci. La salita di Sant'Elpidio a Mare, poco più di due chilometri al 7-8% a 47 chilometri dall'arrivo può mettere in apprensione solo il velocista che per distrazione si facesse sorprendere e la prendesse nelle retrovie del gruppo. Distrazione ampiamente rimediabile nelle immediate vicinanze. Il circuito finale si costituisce di due semi-rettilinei paralleli di 8 km raccordati da secche curve, lungomare. In caso di vento, come fosse salita e discesa. Tuttavia, se il più interno non presenta alcuna difficoltà e qui sarà posizionato il chilometrico e presumibilmente velocissimo arrivo, il ritorno dalla parte del mare ha invece più di una chicane ed è molto più esposto alla brezza marina. Tutto ciò, con buona probabilità, costituisce disquisizione puramente topografica, vista l'estrema difficoltà di mettere nel sacco un gruppo che ambisce ad affinare meccanismi da Sanremo. Arrivo che lascia un vago retrogusto amaro per lo straordinario spettacolo goduto l'anno passato in questa stessa frazione, giocata solo qualche chilometro più nell'entroterra, ma la cui sostanza era ben diversa. Ma con il piatto di questa tappa non c'è occasione di assestare altri colpi alla classifica, e a qualcuno potrebbe venire il dubbio che 800 metri al 25% (quelli del giorno prima) forse sono troppo brevi, o troppo indecifrabili, per riservarci la puntata forte.
7a tappa: San Benedetto del Tronto (Cronometro)
← Tappa precedenteTappa ormai nota a tutti. Di andata e ritorno, qualche dosso, una ripartenza a metà. Serve importante freschezza muscolare, non c'è tempo per recuperare una gamba che parte imballata, e possono andare anche 30 o 40 secondi tra corridori di classifica, o almeno così dice la storia recente delle Tirreno decise su questa strada. Serve partire molto forte e serve sentire che la gamba risponde bene subito, il corridore di fondo che si sblocca con i chilometri, qui non può contare sulle proprie caratteristiche migliori. Serve, insomma, adrenalina e forza. Doti tecniche, quasi niente, salvo ricordarsi della presenza dei dossi poco prima della virata di metà crono. Doti psicologiche, per un percorso in cui quasi tutto contribuisce ad alimentare il nervosismo, il massimo. Compreso il fatto che sai di essere alle viste dell'avversario che ti precede per tutta la crono, e non è un aiuto da poco, in sella ad una bici. Rispetto agli anni scorsi, senza l'arrivo di salita lunga, questi 9 chilometri potrebbero acquisire un peso sensibilmente maggiore, nel determinare la generale. Ribaltamenti di classifica, in questa crono, se ne sono già visti (Nibali scavalcò Horner nel 2012). Qualche mezzo crollo, pure. Da non sottovalutare.
La corsa si apre con questa cronometro tra poderi, ulivi e i monumentali pini marittimi di questi litorali. Una crono lineare, basica, raccordata da facili semicurve, fatto salvo dove ormai l'arrivo è ad un tiro di pedale. Nessuna curva che possa disunire i team, una distanza, per un esercizio a squadre, quasi da velocità resistente. Sono circa 20 minuti e dunque, per squadre di 8 corridori, con passaggi al comando ogni 2 minuti per ciascun corridore, le trenate a testa non dovrebbero superare le 10-15. Sarà tiratissima e anche le differenze di strategia, con così pochi giri della squadra, non dovrebbero fare grosse differenze. Tuttavia nella parte iniziale un rettilineo da rapporto fino ai piedi di Castagneto Carducci, fatto sopra i 50 all'ora, potrebbe inacidire oltremodo qualche muscolatura imballata. La pendenza non supera il 3%, tuttavia se c'è un tratto dove far valere una condizione di squadra scintillante, è quello, anche perché più di qualcuno potrebbe prendere questo inizio di crono con un certo rispetto. Per il resto è tutto molto liscio e scorrevole, tantopiù che dalla cima dell'ondina che caratterizza questa crono, non saranno più di 12-13 minuti di strada a favore. Un cavalcavia all'ingresso di San Vincenzo, e, dove presumibilmente conteranno singoli secondi, potrebbe non risultare superfluo. Nell'ultimo chilometro, due curve riportano i corridori in direzione opposta, ma nemmeno in questa inversione di marcia si riscontrano angoli da brusco rallentamento e ripartenza. Il passista con la gamba piena di una condizione da Roubaix, guarda a questa prova veloce ed esplosiva con occhio da rapace. Non ci sarà da calcolare un granché. La distanza potrebbe anche consentire di caricarsi una squadra sulle spalle.