Parigi-Roubaix 2014: Cancellara spavénta il mondo - Fabian può dominare nell'Inferno del Nord. Boonen e soci non ci stanno
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L'Inferno del Nord, la Regina delle Classiche, ma più semplicemente il punto apicale delle corse su pietre, muri e pavé della stagione, della Settimana Santa. Sì, è questo (e molto altro) la Parigi-Roubaix. La fatica, la polvere (quando non il fango) dalla testa ai piedi, il male al culo, il tifo esagerato (nella quantità e talvolta nei modi) a bordo strada, quelle pietre, benedette (e maledette, dai corridori), sacre, decisive più di un Mortirolo, infinite come uno Stelvio, conosciute al mondo più di chi ci pedala sopra.
È tutta pianura, da Compiègne - circa 80 km dalla Ville Lumière - a Roubaix, dove nel 1895 Theodore Vienne e Maurice Perez, di professione filatori, decisero di costruire un velodromo. Un anno dopo, per promuovere il neonato, Vienne e Perez, grazie all'appoggio del capo redattore del giornale sportivo Le Velo, Louis Minart, organizzarono una corsa che partiva da Parigi e si consludeva nel velodromo di Roubaix: venne corsa il 19 aprile 1896, a Pasqua (e non resterà un caso isolato), vinse Josef Fischer, tedesco.
Da allora di acqua sotto i ponti e corridori sulle pietre ne son passati parecchi: 112 edizioni, la maggior parte finite in Belgio (55), mentre sono 13 le volte in cui a Roubaix è suonato l'inno di Mameli (l'ultima nel '99 con Andrea Tafi, un anno dopo Franco Ballerini, che già s'era imposto nel 1995). Solo due l'hanno vinta quattro volte, Roger De Vlaeminck e Tom Boonen, che domani può quindi provare a diventare un primatista da pavé. D'altra parte, Fabian Cancellara, fermo "soltanto" a quota tre insieme a mostri sacri come Octave Lapize, Gaston Rebry, Rik Van Looy, Eddy Merckx, Francesco Moser, e Johan Museeuw, può raggiungere Tom (e l'ipotetica è quantomai fuori luogo) e Roger.
Saranno 257 di vero e proprio Inferno, con 51.1 km in pavé duro e doloroso. I settori da affrontare sono 28 (in realtà 29, ma Cysoing to Bourghelles e Bourghelles to Wannehain - settore 6 - sono la stessa minestra). Un conto alla rovescia, dal settore 28 di Troisvilles to Inchy, affrontato dopo 97.5 km di gara, all'1 di Roubaix. Simbolico, quest'ultimo: 300 metri facili facili, in sé, dedicati a Charles Crupelandt, corridore di Roubaix, che fece sua la corsa nel 1912 e nel 1914 (fu terzo nel 1913), ma già nel 2010 vincitore della prima tappa del Tour de France, che da Parigi portava proprio a Roubaix. In mezzo tanta fatica che metà basta.
La corsa si infiammerà dopo l'undicesimo settore, la Foresta di Arenberg: infinita (ma non è il settore più lungo), 2.4 km dopo 161 di corsa. Da quel tratto a cinque stelle, solitamente, escono per primi i migliori interpreti delle pietre. Che se la giocano nei settori successivi, come in una corsa ad eliminazione. Dopo 200 km Orchies dove poter sferrare l'attacco, altrimenti un altro cinque stelle, Mons-en-Pévèle, il più lungo, 3000 metri che possono decidere tutto.
Da lì in avanti non esiste la parola "facile" (né era stata pronunciata in precedenza): Cysoing to Bourghelles e Bourghelles to Wannehain, poi Camphin-en-Pévèle, quindi un pezzo di storia del ciclismo, il Carrefour de l'Arbre, 2100 metri in cui i tifosi gaseranno il primo e l'ultimo. Gruson, Willems to Hem e Roubaix gli ultimi, infiniti settori da affrontare (e dopo il traguardo, odiare liberamente). Non esistono outsider nell'Inferno del Nord, chi arriva davanti non lo fa per caso.
Già, chi arriverà davanti? Chi sarà l'eroe impolverato ad alzare le braccia al cielo nel velodromo di Roubaix? Indubbiamente Fabian Cancellara, vincitore solamente domenica del suo terzo Fiandre, avrà il dorsale numero uno ed i favori del pronostico. Le sue accelerazioni sono micidiali, può sfinire chiunque tenti di resistergli andando via in progressione settore dopo settore.
Di certo, non mancheranno gli avversari al diretto di Berna: da Tom Boonen, certo, che però non pare quello che due anni fa vinse quasi in scioltezza (ed è un "quasi" fondamentale) la sua quarta Roubaix, a Sep Vanmarcke, secondo nel 2013, unico che ha saputo tenere la ruota di Cancellara - e financo attaccarlo sul Paterberg! - al Fiandre di domenica. È indubbiamente in gran forma, il belga della Belkin.
E che dire di Taylor Phinney? Ultimo a cedere nella fuga del Fiandre, nel 2009 e nel 2010 il cowboy della BMC s'è imposto nella Roubaix Espoirs, quella riservata agli Under 23 (e nel 2012 è stato 15°). È di certo l'obiettivo principe della prima parte di stagione, tanto per Phinney quanto per Sir Bradley Wiggins (a proposito: i soli Bernard Hinault, Eddy Merckx, Felice Gimondi, Louison Bobet, Fausto Coppi ed Octave Lapize seppero affermarsi qui dopo aver vinto il Tour de France), che per correre la quarta volta su questo pavé ha sacrificato praticamente tutto l'inizio di stagione. Può andare alla deriva come estrarre dal cilindro una gran prova, è una piacevole mezza incognita.
Non si sa come riuscirà ad andare la terza Roubaix di Peter Sagan, pulcino bagnato a Sanremo, mezzo bastonato al Fiandre, in cerca di riscatto e della prima classica monumento. Probabilmente sarà con i migliori sin quasi alla fine: in passato, nel 2010, non ha terminato la corsa, mentre nel 2011 è giunto 86°, a più di 13' dal vincitore - quella volta sì a sorpresa - Johan Vansummeren. Curiosità per cosa potrà fare il vincitore della Sanremo Alexander Kristoff, così come sarà da tener d'occhio (ma più in prospettiva) il danese della Garmin-Sharp, Lasse Norman Hansen.
Attenzione all'Omega Pharma-Quick Step, che domenica al Fiandre non ha messo in atto un grandissimo gioco di squadra, ma domani, oltre a Boonen, avrà Terpstra, Vandenbergh e Stybar in grado di poter stare davanti: gli ultimi due nel 2013 erano con Cancellara e Vanmarcke nel finale di gara, furono messi fuori causa da due urti con spettatori un po' troppo vicini alla banchina. Imparata la lezione, dopo dodici mesi ne son cambiate di cose, e la condizione di entrambi (soprattutto di Stybar, che l'anno scorso pareva in grado di arrivare con i primi nel velodromo) è tutta da verificare. Da non dimenticare i vari Leukemans, ottimo al Fiandre, Degenkolb, Boasson Hagen (che però lavorerà per Wiggins, o viceversa?), Haussler, Van Avermaet ed Hushovd, Turgot e Gaudin, Boom, Langeveld, e via discorrendo.
E l'Italia? Dopo una campagna del Nord fino ad ora non certo brillante, il timore è quello di doverci ancora aggrappare alle prestazioni di Pozzato (auspicando che tiri fuori un numero da maestro, lui che nel 2009, tra gli sputi dei tifosi belgi, fu secondo solamente ad un Tom Boonen stellare. C'è sì Guarnieri, così come Quinziato, verosimilmente a disposizione del Phinney-Hushovd-Van Avermaet di turno (stessa sorte toccherà a Matteo Trentin, che salvo grandi imprevisti sarà prezioso gregario in casa Omega).
Luca Paolini è parso pimpante, Sacha Modolo è un'incognita anche per sé, su queste pietre, Manuele Boaro e Matteo Tosatto, potenzialmente, potrebbero strappare due buoni piazzamenti, così come Mirko Selvaggi. Le speranze di podio - ma andrebbe bene anche una top ten, visto il momento storico - sono comunque ridotte al lumicino.
Cancellara favoritissimo, con Boonen, Vanmarcke, magari Sagan, Stybar, Phinney, Wiggins a dar fastidio all'elvetico che vuole diventare grande, proprio come Roger De Vlaeminck e Tom Boonen. E se fosse quest'ultimo, reduce da una campagna del Nord un po' sottotono (e da qualche problema personale), a fare a tutti lo scherzetto, diventando il più vincente nella storia della Parigi-Roubaix? Come andrà a finire lo sapremo tra poche ore, quando queste pietre sacre e coccolate, trattate da vero e proprio patrimonio, potranno davvero parlare.