Il caso Contador: «Rifiuto questa sentenza» - Il campione spagnolo attacca il giorno dopo il verdetto del TAS
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È arrivato all'Hotel Las Artes di Pinto alle 18:30, Alberto Contador, a distanza di trenta ore da quando è stato emesso il giudizio del TAS che lo terrà fermo ai box sino al prossimo 5 agosto. La tensione nella sala stampa dell'Hotel di Pinto, dov'è nato Alberto, è alle stelle.
L'ingresso del campione avviene alle 19:32 insieme al Team Manager della Saxo Bank, Bjarne Riis, ed al suo addetto stampa, Jacinto Vidarte. Avvolto in una giacca grigio scuro, il volto teso, gli occhi lucidi, Alberto si guarda in giro. Accolto dal fragoroso e caldissimo applauso dei giornalisti, si siede, saluta qualche amico al di là della "barricata".
Si versa un bicchier d'acqua minerale ed ascolta le parole di Riis: «Siamo qui per parlare di un caso che è andato avanti per troppo tempo. Un caso che si è rivelato essere contro il ciclismo, contro la nostra squadra, contro Alberto Contador. Si doveva arrivare ad una conclusione ma si è atteso molto tempo, troppo. Speravamo in un'altra sentenza naturalmente ma sono successe molto cose in questa lunga storia. Molti fatti sono andati in modo diverso rispetto a come sono ora. Eppure dobbiamo guardarci allo specchio, siamo stati pazienti, abbiamo avuto dalla Federazione Spagnola una sentenza favorevole per Alberto. La sua era una posizione chiara, corretta, pulita. Invece ci dobbiamo adeguare a quanto deciso dal TAS. Come squadra staremo accanto ad Alberto al cento per cento. Non è stato commesso alcun atto fraudolento, quello che è successo è stato assolutamente incidentale. Alberto ha tutta la nostra fiducia».
Dopo quest'introduzione la parola passa alla voce tremolante, da pulcino bagnato, di Alberto Contador. «La verità è che in questo momento sono molto deluso. Tutti i miei sogni sono crollati in un istante, è un momento molto complicato. In un anno e mezzo non c'è stata una mattina in cui non mi sia alzato a testa alta. Quello che mi è capitato, che ho passato e che sto passando, non lo auguro a nessuno, nemmeno al mio peggior nemico. È una vicenda molto triste. Hanno trovato una quantità infima di clenbuterolo nel mio corpo, una quantità che non può influenzare alcuna prestazione. Si è trattato di una contaminazione da cibo, ne sono certo, perché non vedo in quale altro modo quella sostanza possa essere entrata nel mio corpo».
La sentenza è però giunta, pesante come un macigno: «Rifiuto totalmente la sentenza del TAS, non ho mai pensato di comportarmi scorrettamente. Resta la soddisfazione di poter dire che non mi sono mai dopato. Eppure mi hanno dato la pena più alta, togliendomi anche le vittorie. Ma quei successi sono di tutta la gente, di tutti gli appassionati, che hanno gioito e si sono emozionati con me e come me le porteranno nella memoria».
Il futuro, almeno da qui al 5 agosto, ultimo giorno di squalifica per Contador: «Mi allenerò ogni giorno, in modo limpido e pulito, come ho sempre fatto. Il morale è basso ma solo allenandomi potrò tornare a correre. E so che tornerò ancora più forte di prima. Correrò pulito, come ho sempre fatto in tutta la mia vita, perché credo nei valori che mi hanno insegnato sin da bambino, la correttezza e l'onestà. Ringrazio tutti coloro che mi hanno dato il loro supporto in questi giorni, in questi mesi. Ho vissuto un calvario, intere notti in cui non riuscivo a dormire, mattine in cui non sarei voluto salire in sella ed allenarmi o correre. Poi però pensavo alla gente, alla mia gente, e la voglia tornava. Spero solo che il mio fisico non patisca per tutto questo stress, quello che ho vissuto non lo auguro a nessuno. Voglio anche ringraziare gli sponsor che hanno ancora fiducia in me e la mia squadra, la Saxo Bank».
Squadra che, dato che non potrà correre fino al sei agosto, congelerà il contratto del campione di Pinto («Ma la Vuelta la correrò con la Saxo Bank, senza ombra di dubbio», dà conferma Alberto). Alberto Contador pensa che nei suoi confronti ci sia stata una sorta di persecuzione? «Non so se c'è stata una persecuzione nei miei confronti ma il verdetto è arrivato. Ognuno di voi potrà trarre le sue conclusioni, per quanto mi riguarda è qualcosa che perseguita me e la mia famiglia da troppo tempo. E spero che in futuro la giustizia impieghi meno ad emettere un verdetto, per il bene degli sportivi e delle persone».
Altre strade percorribili giuridicamente per proclamarsi innocente? «Vedremo se rivolgerci alla giustizia ordinaria. Parlerò con i miei legali e non scarteremo alcuna ipotesi possibile, ma questo lo decideranno gli avvocati. Io però gli ho detto di andare sino in fondo».
Il prossimo obiettivo è la Vuelta: «È passato un giorno e mezzo dalla sentenza di ieri, l'organizzazione del mio futuro non dipende solamente da me. Però sono convinto che quando mi sarà possibile riprenderò a correre. Ed il mio obiettivo è vincere la Vuelta».
E nel frattempo? «Starò con la mia famiglia, che ha passato un bruttissimo momento. Starò con la mia gente, con chi mi è davvero vicino. Quello del TAS non è un verdetto giusto ma è arrivato».
Un sorriso tirato, Alberto si alza e, tra i numerosissimi flash dei fotografi, si apre un varco. È nella sua Pinto, tra la sua gente, tra i giornalisti che inneggiano al suo nome.
Ritorna dalla sua famiglia in attesa della fine della squalifica, in attesa di poter correre una Vuelta che mai come quest'anno sarà attesa ed intrigante. Se non attirerà l'interesse mediatico delle Olimpiadi ci andrà molto vicino.