Giro d'Italia 2011: Affaire Crostis, la solita figura da fessi - Incredibile conclusione della vicenda: cancellata la salita a 12 ore dalla tappa
- GIRO D'ITALIA 2011 [1]
- Saxo Bank SunGard 2011 [2]
- Alberto Contador Velasco [3]
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Incredibile ma vero, il ciclismo è riuscito ad autoinfliggersi un'altra ferita, nel più classico dei giochi, il tutti contro tutti, e con il solito esito di fare tutti quanti la figura dei fessi. A partire da noi che scriviamo e che ancora poche ore fa elucubravamo scenari possibili nei 50 km terribili di Crostis e Zoncolan; proseguendo con chi umilmente ha investito tempo, impegno e magari pure entusiasmo per mettere in sicurezza la discesa della discordia, nei giorni scorsi; andando avanti con chi - corridori e squadre - quella situazione logistica (strada stretta, ammiraglie che non potrebbero seguire i corridori, discesa pericolosa) la conosceva da mesi, ma ha atteso le ultime ore per esercitare le sue pressioni politiche, evidentemente; concludendo con gli organizzatori, per i quali la figuraccia è proprio di quelle epocali.
Uno smacco in piena regola per Zomegnan e Vegni, che altre volte si erano visti bocciare tappe dal maltempo (il primo Plan de Corones, nel 2006), o dall'UCI (la semitappa-cronoscalata al Ghisallo mai fatta, sempre nel 2006), ma mai, in piena corsa, dalla Giuria. La quale ha accolto le proteste di diversi direttori sportivi e team manager e - ecco la notizia - ha cancellato il Monte Crostis dal disegno del Giro d'Italia 2011. E l'ha fatto, anche con una certa invidiabile dose di faccia tosta, a 12 ore (o poco più) dallo svolgimento della tappa in questione.
A Zomegnan come minimo sarà caduto il mondo addosso; stesso discorso per Enzo Cainero, gran visir delle tappe carniche negli ultimi anni, e grande sponsor del Crostis, che ha fatto di tutto per far inserire nel disegno della tappa dell'ormai classico arrivo dello Zoncolan. Vegni l'abbiamo visto in un filmato della Gazzetta, ed era terreo. Logico che lo fosse, visto che lo stato maggiore di RCS Sport, dopo i timori e le proteste dei giorni scorsi relativamente alla difficoltà della discesa del Crostis, era ormai convinto d'averla portata a casa, la cosa.
Tantopiù dopo che i lavori per imbottire i punti più pericolosi con materassi e balle di fieno, e per installare delle reti contenitive sugli strapiombi più temibili, avevano fatto dire agli inviati dell'ACCPI (il sindacato dei corridori italiani, che aveva disposto dei sopralluoghi) ««Sulla Panoramica delle vette e in discesa abbiamo trovato reti, materassi, asfalto appena steso: una sicurezza ai massimi livelli possibili in una discesa certo tecnica e non facile. Ora chi non vorrà scalare il Crostis non lo farà certo perché la discesa è insicura» (Cristian Salvato), o addirittura «Una discesa del genere con le opere fatte deve essere presa a modello per come si organizza una corsa ciclistica. Ho fatto 14 grandi giri in carriera e non ho mai visto un'attenzione così alta per la sicurezza. Certo che i corridori saliranno lassù» (Flavio Vanzella).
Quindi siamo al paradosso che coloro che avrebbero rischiato in prima persona, ovvero i corridori (perlomeno quelli italiani), avevano dato infine l'assenso, mentre il nuovo diniego è frutto di un distinto piano del discorso: ovvero le lamentele dovute al fatto che, a causa della stretta sede stradale, le ammiraglie delle squadre non sarebbero potute salire fino in cima, né avrebbero potuto fornire assistenza in discesa. E queste lamentele da chi sono giunte? Da direttori sportivi e team manager, che hanno votato a maggioranza e dato vita a questa sorta di mozione di sfiducia, accolta poi dalla Giuria e dai Commissari al seguito del Giro.
L'eminenza grigia dei signori d'ammiraglia, dice qualcuno, è - almeno in questo caso - un certo Bjarne Riis. Che peraltro aveva avuto un pesante scontro con Mauro Vegni nella riunione tra organizzatori e team, svoltasi l'altro giorno proprio per discutere del Crostis. E che guida l'uomo attualmente in testa alla classifica, forse colui il quale meno aveva amato il Crostis nelle ricognizioni fatte nelle settimane di avvicinamento al Giro. Almeno a giudicare da certe espressioni scherzose dello stesso Alberto Contador («Il Crostis... bello sì, ma per farci una grigliata!»), il quale aveva anche parlato in termini negativi della discesa. Quindi, a volerci mettere sempre quel q.b. di dietrologia, avremmo anche la motivazione supplementare che ha spinto qualcuno a far "campagna elettorale" in favore del NO al referendum sul Crostis.
A voler guardare le cose in maniera distaccata, invece, diciamo che non è il caso di confondere i piani del discorso. Il fattore sicurezza, soprattutto alla luce degli interventi fatti sulla picchiata, non era più un problema: la discesa del Crostis, sistemata nella maniera già descritta, non era peggiore di altre discese terribili che vengono affrontate abitualmente nei grandi giri.
L'elemento decisivo, alla fine, è stata proprio la ristrettezza della carreggiata: un fattore che era ben noto da mesi, eppure si è dovuti arrivare ugualmente alla sera prima della tappa per vivere questa traumatica cancellazione, con tutti i giochi tattici ipotizzati (dai giornalisti ma anche dagli stessi atleti, per non parlare dei tifosi) che saltano all'aria, ma soprattutto con una dimostrazione di inefficienza generale che lascerà purtroppo il segno di una macchia (un'altra, l'ennesima) su questo sport.
In conclusione le domande.
A RCS Sport: perché non si è badato per tempo a "conciliare le parti" sul tema Crostis, e si è invece demandato tutto ai giorni convulsi del Giro?
Alla Giuria: si è reso conto, il presidente di Giuria belga, del precedente che ha stabilito con questa decisione del tutto inattesa?
Ai team manager: avete fatto le ricognizioni sul Crostis insieme ai vostri corridori, perché avete aspettato solo gli ultimi giorni per dare tale rilevanza al problema delle ammiraglie impossibilitate a salire sulla montagna in questione?