Clásica de Almería 2011: Almería tu nell'Universo - Pelucchi, la prima è tutta per Marina

«Devi allenarti, perché io non so se potrò tornare a farlo».

Mattrah, nome arabeggiante, per molti significa niente. Matteo Pelucchi lo ricorderà come il traguardo dove tentò seriamente di vincere per la prima volta da professionista. Era l'ultima frazione del Tour of Oman, Pelucchi raccolse un quarto posto. Lecchese, neo pro' militante nella Geox-TMC, ha posticipato solo di una settimana l'appuntamento con la prima vittoria tra i grandi. Nella Clásica de Almería succede a Theo Bos, non l'ultimo arrivato. Anche Pelucchi è un velocista, anche lui, come il belloccio olandese, ha un ottimo rapporto con la pista, se è vero che ad Aguascalientes, correva l'anno 2007, è stato bronzo Mondiale nel Keirin, categoria Juniores.

È un duro, Matteo, uno che non si arrende facilmente. A vent'anni sta pedalando sulle rive di quel ramo del lago di Como. Primo giorno di Giugno, il bel sole di un martedì mattina, l'allenamento con l'amico Samuele Conti della Bergamasca e la morosa, Marina Romoli, professionista nella Safi-Pasta Zara. In un istante la vede volare oltre un'auto, la sua Marina. Un miracolo la tiene in vita ma la costringe ad una sedia a rotelle.
«Io non posso farlo ma tu devi allenarti», dice Marina a Matteo, un giorno. L'obiettivo della marchigiana è tornare a camminare, quello di Matteo sfondare tra i Pro'. Marina lo sprona, alle corse è con lui, al suo fianco.

Coriaceo più che mai, Matteo ce la mette davvero tutta. Passa professionista e vuole regalare a Marina quella vittoria che lei, per colpa di un destino cinico, non può più ottenere. Non in sella, almeno. Gianetti lo porta in Geox-TMC, Pelucchi è un '89 ma pensa e corre da veterano. In Qatar, tra grattacieli, vento e deserto, non va oltre un undicesimo posto, seconda tappa. In Oman, come s'è già detto, ritenta e va vicinissimo al podio proprio nell'ultima tappa, quella vinta da Cavendish. Guardini gli frega il terzo posto ma Matteo non perde le speranze. Lui, quella vittoria, la vuole per Marina e Marina la vuole per lui. La Clásica de Almería è un'ottima occasione per riprovarci.

La fuga iniziale comprende Pidgornyy, Voigt, Moreno, Vande Velde, Pujol, Nieve, Matthews, Levarlet ed il sempre temibile José Joaquín Rojas. Il gruppo li riacciuffa, troppa gente e troppo pericolosa per lasciarli andare così. Freire è sornione, c'è ma non si vede, come al solito, come un trucco un po' vecchio ma che riesce sempre. Il compagno di squadra Bos medita il bis, Rojas è andato in fuga, la gamba pare ottima (stesso discorso per Matthews). Ventoso tenta la sortita da solo, transita sull'Alto de Los Castaños, quindi Cabedo dell'Orbea ed Hoogerland della Vacansoleil lo raggiungono. I tre mantengono un buon ritmo, scollinano sull'Alto de Turillo, dove l'uomo della Movistar patisce il ritmo di Hoogerland e Cabedo ma non molla. Il vantaggio massimo della fuga raggiunge i 2'45". 

La Rabobank cerca di ricucire, lo fa per Freire (il tricampeón finirà 11°) mentre il vincitore uscente, Bos, è stato costretto al ritiro. Con il ritmo imposto dagli orange le azioni del terzetto al comando calano finché ai -5 il gruppo piomba su di loro, assorbendoli. Cabedo tenta un'azione che più che altro è una disperazione. Non guadagna più di 15" sul gruppo e presto si rialza.

Gruppo compatto, Matteo Pelucchi è lì ed ha cinque chilometri per studiare la posizione più corretta, la ruota migliore, immaginare lo scatto, secco e deciso, prefigurarsi un'esultanza. La dedica no, non ha bisogno di essere pensata. La Movistar, che aveva lanciato in avanscoperta Ventoso, si gioca la carta Rojas. Lo sprinter iberico, uomo atto a correre su ogni terreno, è lesto ma Pelucchi riesce a sopravanzarlo per un nulla. Vittoria del lecchese al fotofinish, terzo un olandese di belle speranze, Pim Ligthart, classe '88. Matteo, più giovane di Ligthart di una primavera, ha di che festeggiare.

Prima vittoria da professionista e della nuova Geox-TMC, squadra che gli ha dato fiducia. Non è una prima come tutte le altre, questa. Perché è un po' per sé, un po' per la squadra, molto, moltissimo per Marina. «È lei che mi dà la forza, questa vittoria è dedicata a Marina», dirà Pelucchi.

Soffrire, cadere, rialzarsi, vincere. Questo è il vocabolario del ciclismo e della vita, Matteo e Marina lo conoscono bene. Le vittorie dell'uno appartengono all'altra. E viceversa.