Vuelta a España 2010: Gilbert senza freni - Philippe domina su JRO ed è in rosso
- VUELTA A ESPAÑA 2010 [1]
- Liquigas - Doimo 2010 [2]
- Omega Pharma - Lotto 2010 [3]
- Team Katusha 2010 [4]
- Andy Schleck [5]
- Blel Kadri [6]
- David Moncoutié [7]
- Egoi Martínez de Esteban [8]
- Javier Ramírez Abeja [9]
- Jelle Vanendert [10]
- Joaquim Rodríguez Oliver [11]
- Mikaël Cherel [12]
- Niki Terpstra [13]
- Philippe Gilbert [14]
- Serafín Martínez [15]
- Vincenzo Nibali [16]
- Uomini [17]
Che la maglia rossa fosse destinata a cambiare spalle, se non lo si era già intuito guardando il profilo altimetrico della tappa di oggi, lo si è capito dopo 2 km di corsa: alla prima salitella di giornata, posta proprio in avvio (il Puerto de Ojén), Cavendish ha subito perso le ruote del gruppo. Poco importa se poi, dopo aver accusato 2' di ritardo in cima, il britannico in rosso sia rientrato dopo 50 km: sul Puerto del León, previsto nel finale di giornata, il folletto di Man avrebbe senz'altro alzato bandiera bianca.
Nell'attesa di avere la conferma (puntualmente arrivata poi) di tali sospetti, ci siamo goduti il tentativo di fuga di giornata, sette uomini (Egoi Martínez, Ramírez Abeja - già all'attacco ieri - Kadri, Vanendert, Terpstra, Chérel e Serafín Martínez) che hanno preso il largo intorno al km 40, e che hanno raggiunto un vantaggio massimo di 9'17" al km 67. Il meglio, comunque, doveva ancora arrivare: il già citato Puerto del León escludeva che il margine potesse crescere a dismisura, visto che sulle sue rampe il gruppo avrebbe fatto sul serio, più o meno. Al km 100, ai piedi del Puerto, il margine era infatti sceso a meno di 5', e sulla salita i 7 perdevano la compagnia di Ramírez.
Il gruppo, invece, a parte diversi velocisti (tra cui Cavendish e Hushovd), vedeva perdere contatto nientemeno che Andy Schleck: e qui come si fa a non incavolarsi? Stiamo parlando di uno che un mese fa contendeva a Contador il Tour de France. Non passano che 5 settimane, e di quel corridore non è rimasta che un'orrida controfigura che si stacca dopo pochi chilometri della prima vera (e non trascendentale) salita della Vuelta. Ma che razza di corridore è uno che ha quest'andamento, che corre pochissimo e quando fa un passo in più si scorna con la dura realtà dei fatti, che lo vuole inadeguato all'impegno di un doppio GT in una stagione? Quasi un quarto d'ora, ha pagato Andy al traguardo. Se è venuto alla Vuelta per onor di firma, poteva restare a casa. Se ci è venuto con l'intento di far qualcosa di buono (puntare alle tappe uscendo anzitempo di classifica?), potremmo quasi scusarlo, ma non assolverlo in pieno, perché non stiamo parlando di un Cunego che non sa se è carne o pesce, stiamo parlando di uno che in teoria dovrebbe spaccare il mondo (ma solo un mese all'anno, questo va rimarcato), e non dovrebbe presentarsi a un GT per vincere una tappa.
Ma il sospetto (anche questo ce l'avevamo da tempo, e puntualmente si è avverato) che Andy fosse venuto alla Vuelta sapendo di non valere un decimo rispetto al Tour, ci lascia un dubbio amaro nei pensieri: possiamo definire campione uno che corre da dio per pochissimi giorni all'anno e poi scompare o vede crollare il suo rendimento?
Mentre noi ci arrovellavamo su queste questioni capitali, Serafín Martínez allungava in testa e si involava tutto solo verso il Gpm e la susseguente discesa. Dal gruppo scattava Moncoutié, bravo a riportarsi sui resti della fuga (Chérel ed Egoi) e a restare coi due colleghi all'inseguimento del solitario Serafín. Il gruppo, ora tirato dalla Katusha (lo strappo di Gibralfaro faceva gola a Joaquím Rodríguez), ora dalla Liquigas, ora dalla Caisse d'Epargne, aveva perso un bel po' di verve sul finire della salita, ed era stato abbastanza prudente nella picchiata (tecnica, tanto che in diversi che si erano salvati durante l'ascesa, si sono staccati nella discesa).
Ma quando a 15 km dal traguardo hai un fuggitivo ad appena 1'20" (e altri 3 intercalati a 45" di ritardo dal primo), sarebbe un delitto non provare ad allungare le mani sull'attaccante. Dopo un bel po' di lavorìo per riorganizzarsi, le solite squadre più forti hanno messo un uomo a testa a tirare, ed è stata poi l'Astana a finalizzare l'inseguimento: ai 5 km sono stati ripresi Moncoutié, Chérel ed Egoi Martínez, e ad abbattere l'ultimo minuto che il buon Serafín ancora conservava, ci avrebbe pensato lo strappetto conclusivo, su cui il fuggitivo ha disperatamente cercato di tenere, ma senza fortuna: ripreso da un gruppo ormai lanciatissimo proprio sotto la flamme rouge dell'ultimo chilometro, allo spagnolo della Xacobeo resta il rammarico di essere arrivato così vicino al coronamento di un'azione tanto bella e spregiudicata.
Ma gli eventi ormai si accavallavano: ai 2 km un forcing Omega Pharma aveva fatto capire che Gilbert aveva messo gli occhi sulla tappa; dopodiché è stata la Liquigas a far la voce grossa, lanciando uno scatto di Nibali agli 800 metri. Ai 500 il temuto contrattacco di Gilbert, che era a ruota del siciliano, il quale a sua volta non ha avuto la brillantezza per rispondere al cambio di ritmo del vallone. Ci ha provato con molta più efficacia JRO, a inseguire Philippe, ma ogni volta che il capitano Katusha si avvicinava, quello allungava il passo (è successo ai 400 e poi ai 200 metri).
Irraggiungibile Gilbert, primo al traguardo e primo in classifica, visto che oltre all'abbuono, c'è da contare il discreto vuoto fatto dal belga nel finale (una quindicina di secondi guadagnati ai big - JRO a parte). 3" il ritardo di Rodríguez sotto lo striscione, 14" nella generale. Nibali è risalito in quinta posizione in classifica (a 28" dal leader), che poi è quello che maggiormente dovrebbe interessargli (e sicuramente interessa noi). Domani, a Valdepeñas de Jaén, altro arrivo insidioso su strappetto, dopo un mangia-e-bevi di 150 km (sui 183.8 totali della frazione). Nel caso non si fosse saziato oggi, avremmo un nome sicuro da giocare: le sue iniziali sono P.G. e correrà in maglia rossa.