G.P. Camaiore 2010: Anima e Koren, battuto Visconti - Successo di peso del giovane sloveno

L'adagio - abusato - è sempre lo stesso: "Chi esce dal Tour ha una marcia in più". Per Visconti e Ginanni un capo d'imputazione che aggrava ulteriormente il processo apertosi un metro dopo la linea del traguardo del 61esimo G.P. Camaiore, classica tra le più suggestive del panorama nostrano ed autentico passepartout per la conquista della maglia azzurra in vista della rassegna iridata.

Gli alfieri della ISD-Neri e della Androni-Diquigiovanni, la Grande Boucle (così come - per vicende diverse - anche il Giro) lo hanno seguito comodamente sulla poltrona di casa, affinando nel contempo la condizione in vista delle corse in linea del Belpaese, nel quale da qualche stagione a questa parte recitano il ruolo delle primedonne. Inevitabile farli godere - anche al via della kermesse toscana - dei favori del pronostico, in concomitanza con l'assenza del vincitore del 2009, Vincenzo Nibali, e nonostante le quotazioni in rialzo del Basso dominatore a Carnago, affiancato da un Riccò al rientro dopo il "diamante insanguinato" d'Austria, in virtù del quale sta proseguendo la disperata ricerca di una squadra che gli consenta di prendere il via alla Vuelta di Spagna.
Perché - allora - non prender nota e chiedere lumi all'ammiraglia sulle caratteristiche dei compagni di fuga? E perché sprintare spavaldamente al centro della strada, preoccupandosi l'uno dell'altro, senza chiudere varchi?

Kristjan Koren, 23 anni, sloveno di Vipava, non ha avuto tempo e voglia per porsi domande. Nel drappello in avanscoperta sapeva di vestire i panni del carneade. Sconosciuto per i big, non per Ciavatta, battuto nettamente un anno fa sul traguardo di Bucine al Giro Bio. Così, quando Bertagnolli s'è spostato sulla destra e Chiarini, fallito il tentativo da finisseur al chilometro e mezzo, ha intonato il canto del cigno preparando il banchetto per gli altri, lui d'istinto s'è gettato sul lembo d'asfalto lasciato colpevolmente libero e, sparato come un proiettile alla sinistra del tricolore, s'è regalato il primo successo tra i pro confermando lo stato di grazia di una Liquigas che in settimana aveva già brindato ai trionfi di Guarnieri (in Polonia) e del sopra citato Basso.

Come previsto è stato il Monte Pitoro l'arbitro della contesa. Al penultimo passaggio sull'ascesa simbolo della corsa lucchese, sotto l'impulso di uno scatenato Bertagnolli, vincitore nel 2008, secondo un anno fa come sette giorni or sono al Matteotti, sono stati in sei ad andarsene. La superiorità numerica dell'Androni, garantita dalla presenza di Ginanni, ha convinto Visconti a bissare il numero che gli è valso la seconda maglia tricolore in carriera, ma il tentativo del siciliano, portato a pochi metri dallo scollinamento, ha trovato la pronta risposta di Bertagnolli, con il quale il campione italiano ha varcato il passaggio al Gpm con pochi secondi di vantaggio su Chiarini, inseguito a sua volta da Koren e dalla coppia formata da Ciavatta e Ginanni.

Scongiurato il canovaccio inscenato 12 mesi fa, quando Nibali compì l'assolo in discesa, il marcamento tra i due in avanscoperta ha favorito il rientro di Chiarini e Koren e gli ordini di scuderia di un'Androni che non s'è fidata a portare Bertagnolli ad uno sprint a quattro, hanno permesso anche all'appesantito Ginanni, trainato da Ciavatta, di rimettersi in scia.
Messi da parte i propositi di gloria personale, Bertagnolli si è allora impegnato per mantenere nell'ordine dei 40" il gap sugli immediati inseguitori, pilotando Ginanni allo sprint. Il resto è già storia. C'è bisogno del fotofinish, ma soltanto per stabilire a chi è andata di traverso la medaglia d'argento.

Visconti, dopo aver sprecato energie preziose sul Pitoro e per rispondere all'allungo di Chiarini, la fa sua e non dispera: «La volata è stata pulita, io sono partito ai 200 metri ma Koren è stato nettamente superiore e ci ha passato in carrozza».
L'ex rampollo di Rossato alla Bottoli, l'adagio l'ha studiato e lo ripete a mo' di cantilena: «Dopo il Tour non mi sono concesso pause e ho lavorato per mantenere la condizione. In un'eventuale volata sapevo di avere buone possibilità». Lui sì. In fondo la lezione l'aveva ripassata.