Tour de France 2010: Il vento porta via un Tour ermetico - L'ultima sfida Alberto-Andy
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Il Miroir d'Eau regala il sapore del miracolo, è un velo d'acqua steso su un pavimento rettangolare, ci si cammina sopra. Anche Schleck doveva fare miracoli, assumere inedite sembianze, come sul pavé. Affrontare a viso aperto il corridore che aveva irriso il maestro Cancellara. Colui che l'aveva iniziato ai segreti delle pietre di Arenberg, oggi lo ha richiamato nella sua caverna per rivelargli la formula di un altro incantesimo.
A Rotterdam erano 5 umilianti secondi al chilometro la differenza tra i duellanti, vale a dire una proiezione intorno ai 4 minuti e mezzo sulla distanza dei 52 chilometri. Andy poteva finire seppellito. Anche se la cronometro finale smussa sempre le differenze a svantaggio dei favoriti, 2 minuti erano pur sempre un divario calcolato con ottimismo. Intanto, lasciato galoppare Cancellara in avanscoperta, dal golfo di Biscaglia il pomeriggio il vento gli chiudeva alle spalle il portone. Prime posizioni blindate dalla gagliarda brezza oceanica, che rende ancora più crudeli i 52 chilometri già ardui da affrontare in solitudine dopo tante salite.
Andy è affusolato, ma sulla bici da crono è alto, la testa distante dalle braccia protese, non ha l'elasticità della middle class, il nobile dorso si piega poco, è forte solo della benedizione del maestro. Contador invece è spianato, proteso, esperto. Ha vinto il Tour della diplomazia, delle intimidazioni, delle alleanze possibili sventate e ribaltate a proprio favore. Ha saputo snervare l'avversario con le sue incursioni saracene navigando abilmente lontano dalle battaglie in mare aperto. Così facendo ha nella stiva un bottino minimo, ma più che sufficiente per aspettare l'avversario al duello con la sua arma preferita, la bici da crono. Il vento laterale poi in teoria lo avvantaggia, come fisico e posizione è nettamente più basso rispetto a Schleck.
Parte molto agile, evidentemente teme di imballare la gamba contro vento. Il contrasto con la galoppata ampia del puledro lussemburghese è netto. Ma stavolta è più scomposto, non sfoggia il suo sottile e tagliente eloquio, la sua pedalata leggera e martellante, fatica perfino a parare le prime botte azzardate da Schleck. E poi, si stenta a crederlo, vacilla sull'orlo del burrone. Sul filo di una manciata di secondi subito persi, mentre l'altro sta trovando una falcata sempre più distesa. Schleck vede i cieli aperti. Contador pare sul punto di essere travolto da una frana. Per lunghi chilometri difende per due soli secondi la maglia.
Andy, lasciato l'aristocratico cesello ha afferrato il proletario martello e sta provando ad abbattere il piedistallo. Un refolo in più contro, un breve momento di sconforto e la maglia è andata. Sensazione di essere in prossimità di un ultimo inatteso colle, quella parità virtuale, quegli otto secondi recuperati sono il valico: quando lo si scavalca, di là comincia la discesa. Perdere la maglia virtualmente anche per un secondo minaccia di scatenare un disastroso effetto valanga sulle truppe del re saladino. Con quel muro di vento da tagliare. Con quella solitudine che ti piomba sulle spalle quando a cronometro non vai e remi da solo. Quando la lampadina è accesa sulla riserva, la forza si spreme dai neuroni, passare in svantaggio può essere letale.
A Blanqueforte, Blanca Fortis il nome latino, nemmeno a farlo apposta, il bianco sta girando le sorti a suo vantaggio. Fino a Margaux, le imponenti ville osservano impassibili un crudele braccio di ferro. Chilometro 30: il saladino ancora tiene la posizione. Chilometro 35: dopo lungo menare fendenti Schleck pare allentare la presa. Pochi secondi ripresi da Contador, ma sono un cambio di pendenza. Finalmente l'amata bici da crono comincia a rispondere ai richiami e ad obbedire. Giusto in tempo. Poco più in là appare l'austero Fort Medoc, costruito dal Re Sole. Contador vi legge un presagio: lì può finalmente contare un vantaggio in doppia cifra, in crescita, fortificato. Da lì riguadagna le posizioni, arriva sprintando rabbioso in faccia ai fotografi, ben oltre la linea.
Il distacco però è emblamatico e beffardo. 39 secondi esattamente come quelli guadagnati nella tappa del Balès. Si è costretti ad ammettere che senza quell'intromissione dell'imponderabile sarebbe perfetta parità, sulla carta. Lo sarebbe satata davvero? Oppure la maglia avrebbe dato a Schleck quello che in spavalderia ha dato a Contador sul Tourmalet? Di sicuro a parti invertite la cronometro avrebbe avuto un'altra storia, l'etereo Andy avrebbe conservato almeno in partenza il suo tradizionale àplomb senza forzare alla morte nella prima parte, come fatto oggi. Avrebbe corso in difesa e, forse, non gli avrebbe giovato. Questo Tour è un'opera ermetica. Poche sillabe, distillate. Poche luci a fare capire i rapporti di forza. I numeri finali sono richiami per l'immaginazione, evocano gli attimi cruciali. Si preferiva il vecchio, prolisso, ma genoroso ciclismo.