Tour de France 2010: Grave carenza di personalità - Andy&Alberto rimandati
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C'è qualcosa che manca ad Alberto Contador. Un quid di personalità, di conflittualità interiore forse, che non lo rende personaggio a tutto tondo, che rende difficile empatizzare fino in fondo con lui. Ha vinto quattro GT e dovrebbe per questo essere un trascinatore di folle, e invece fuori dal ciclismo non è nemmeno conosciuto come dovrebbe essere uno col suo palmarès.
Ma se nonostante ciò al Tour si continua a parlare di lui più che del suo antagonista Andy Schleck, figurarsi la personalità di quest'ultimo. È tutta qui, forse, la pochezza che emerge in tanti frangenti delle grandi gare a tappe: corridori radiocomandati, che si limitano al compitino e non gettano mai il cuore oltre l'ostacolo. E dire che le premesse per una grandissima lotta (che peraltro farebbe bene alla popolarità di entrambi) ci sarebbero tutte, con Andy in giallo e costretto pure ad attaccare, e Alberto che a sua volta non potrebbe stare con le mani in mano fino alla crono di Pauillac.
Ma le premesse partoriscono una realtà diversa da quella che gli appassionati amerebbero. Una realtà sterilizzata, in cui se tu non osi io oso meno di te, e in cui il marcamento asfissiante toglie aria non solo ai due principali autori del marcamento medesimo, ma anche agli altri, che pure potrebbero prendere maggiormente di petto la situazione e proporsi per un giorno da leoni, nell'attesa che Schleck&Conty decidano cosa fare del loro talento.
Perché poi non si può dire che non ci sia stata lotta, tra gli uomini di classifica; in fondo Contador è scattato, e in fondo alla fine il terzo e il quarto della classifica si sono avvantaggiati nei confronti del primo e del secondo. Ma queste montagne non spostano che pochi secondi, oggi 10 a me, domani 15 a te, e quello che manca è proprio lo scontro campale, il tutti contro tutti in campo aperto e non solo negli ultimi 3 km di una tappa pirenaica.
Detto ciò, e stigmatizzato il sottrarsi alla pugna troppo spesso praticato ultimamente, non si può non dire però che la situazione venutasi a creare ha pure un suo fascino. Sarebbe bello capire, per esempio, il motivo per cui Schleck non insegue Menchov e Samu Sánchez: è il rifiuto di riconoscerli come rivali credibili? Ed in tal caso, non sarebbe un atto di una certa arroganza? Oppure il lussemburghese si comporta così per innervosire Contador: ma in tal caso, bisogna avere poi la volontà di andare fino in fondo nel proprio gioco sporco, e invece nel finale Andy si è messo a inseguire, una volta certificato che Alberto non l'avrebbe mai fatto.
C'è anche un'altra opzione: e cioè che Schleck non si senta ancora pronto per vincere un Tour, e ragioni un po' alla giornata, tenda a evitare i rischi e i fuori soglia necessari al tentativo di staccare il rivale, perché forse teme di essere poi sbugiardato in contropiede: Contador è troppo vicino in classifica per rischiare di regalargli altri secondi, posto che portare la maglia gialla a Parigi deve sembrare a Andy una responsabilità ancora superiore alle sue possibilità.
Dal canto suo, Contador non è quello di 12 mesi fa, questo s'è capito, e quindi dal suo punto di vista arrivare sempre con Schleck e poi dargli almeno (ad andar piano) un minutino a crono, è già un'ipotesi più che positiva. C'è anche una corrente di pensiero che dice che quanto più un campione gestisce le proprie energie, tanto più lunga sarà la sua carriera, e il madrileno in questo senso sembra un modello: mai un attacco in più del necessario per lui. Che poi ciò faccia piacere o meno a pubblico e tifosi, a lui non interessa.
Stante quindi l'attuale stallo, il bandolo del gioco dovrebbe passare a chi invece ha più voglia di provarci. Domani la tappa sorride a Samuel Sánchez, e anche Menchov e Van den Broeck potrebbero volersi testare in un assalto all'arma bianca tra il Balès e la successiva discesa. (Non diciamo Gesink perché nella picchiata potrebbe avere qualche problema). Perlomeno, queste sono le speranze di chi è cosciente di star assistendo a un Tour per niente brutto, ma a cui mancano un paio di acuti veri, di giornate indimenticabili, per restare realmente impresso nei ricordi. Ci restano tre occasioni (anzi, diciamo due e mezza): speriamo che i ragazzi se ne rendano conto.