Tour de France 2004 - Quimper: Thor Hushovd
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Piove. Piove dalle nuvole sparse, piove su le tamerici salmastre e arse, piove su tutta la carovana, piove da una settimana, piove sui tifosi e sui ciclisti, eppure a luglio speravamo in cieli meno tristi...
Ma così va il mondo, e se l'estate lascia spazio a un anticipo d'autunno, la cronaca potrà ben essere preceduta da tre righi di improvvisata poesia. La questione - si sarà intuito dalla prefazione - è che al Tour continua a piovere e non accenna a smettere. E la tanta acqua che ha bagnato la prima settimana di Grande Boucle rende viscido l'asfalto, e su una simile superficie è facile cadere.
E infatti i poveri corridori cadono, cadono continuamente, e si fanno male (ci saranno già quattro o cinque fratturati: l'osso che va per la maggiore è la clavicola), e anche quelli che non si fanno troppo male patiscono comunque acciacchi che non ne facilitano una serena prosecuzione della gara. Alte velocità e fondo stradale infido: dura la vita del corridore da Tour.
Dura, ma per qualcuno resa più leggera da momenti di forte gioia. Oggi è toccato a Thor Hushovd festeggiare un successo di tappa che, visto l'arrivo posto al termine di una leggera ma costante salitella, difficilmente avrebbe potuto sfuggirgli (questione di caratteristiche tecniche e di attuale forma fisica). La progressione di Hushovd nell'ultimo mezzo chilometro è stata memorabile: soprattutto per il povero Kim Kirchen, che era scattato nel finale e avrebbe vinto se non fosse stato superato in tromba in dirittura d'arrivo dal norvegese (il quale, lo ricordiamo, aveva vestito per un giorno la maglia gialla al termine della seconda tappa).
Prima ancora di Kirchen, era stato Bettini ad allungare, in vista dell'ultimo chilometro. Alla ruota del Grillo si era incollato McEwen, ma l'australiano non è nemmeno stato sfiorato dall'idea di poter collaborare, malgrado gli incitamenti di Paolino. Visto che Bettini non è fesso, non se l'è sentita di sforzarsi oltre per portare magari all'arrivo McEwen e farsi poi battere in volata, quindi ha smesso in fretta di pedalare e si è lasciato sfilare deluso, non senza aver prima assolto al compito che la nazione intera gli stava in quel momento idealmente affidando: mandare sonoramente a quel paese il pigro collega.
Pigri non sono certo stati, invece, Matteo Tosatto, Ronny Scholz e Jakob Piil: partiti (insieme a Kroon, che però ha subito forato) al km 20, i tre si sono sobbarcati 139 km di fuga (vantaggio massimo 5'40" al km 80), prima di essere ripresi ai 9 dall'arrivo. In particolare Piil, non passa giorno che non vada in fuga. Non ha ancora vinto, ma per lo meno la freccia (questo significa il suo cognome) danese sta uccidendo la classifica del premio per la combattività: sono soddisfazioni.
Noterella conclusiva: il Tour è proprio internazionale. Con la Norvegia di Hushovd, sono 8 le nazionalità dei vincitori delle 9 tappe fin qui disputate: Svizzera, Estonia, Francia, Usa, Belgio, Italia (bontà nostra) e doppietta australiana. Aggiorneremo martedì questa imprescindibile statistica, perché domani non si corre e ci si trasferisce al centro della Francia, da dove si ripartirà alla volta del Massiccio Centrale e poi dei Pirenei: da mercoledì si inizia ad assaggiare qualche salita, finalmente. Ma avremo tempo per parlarne.
Marco Grassi