Il giorno magico di Zabriskie - Brutta caduta e tanto male per Valverde

Doveva essere una giornata interlocutoria, ma, come spesso succede tra noi mortali, le cose importanti avvengono quando proprio non ce le aspettiamo; è il caso odierno, con Alejandro Valverde caduto malamente all'inizio della tappa (7 chilometri appena alle spalle, 158 da fare), quando in teoria si potrebbe stare più tranquilli. Invece, chissà perché (forse non si vedeva l'ora di raggiungere il primo riposo di questa Vuelta), il gruppo stava tenendo un'andatura insensatamente alta, e così è stato che il povero Valverde è scivolato e si è trascinato per un bel po' sull'infido asfalto.
Grattugiata l'intera schiena (della maglia, poi sostituita in corsa, sono rimasti pochi centimetri di straccetto), battuta pesantemente la caviglia sinistra, subita una mezza distorsione al collo: ce n'era di che soffrire fino al traguardo, e proprio così è stato. Parallelamente alla trionfale cavalcata del fuggitivo di giornata, si consumava lo straziato impegno di uno dei favoriti (forse IL favorito) per restare in corsa, non staccarsi sugli insidiosi falsopiani del finale, strappare coi denti un piazzamento che gli permettesse quantomeno di rinviare di un paio di giorni la resa dei conti.
Aiutato, nel suo calvario, dagli encomiabili compagni di squadra, che lo hanno assistito in tutto e per tutto, ma anche dai rivali, che cavallerescamente hanno abbassato il ritmo e optato per un'andatura rilassata per lunghi chilometri, permettendo così a Valverde di riprendere un po' di confidenza con il mezzo e con la strada; in più, anche la giuria ha chiudo un occhio su alcune spinte dei Kelme al loro capitano.
La sfortuna di Valverde (che è relativa: nel senso che domani il murciano potrà riposare, e forse recuperare in vista del tappone di giovedì. Insomma, poteva andargli peggio) si è tramutata nella fortuna di Zabriskie. Con un cognome antonioniano come il suo, l'americano non poteva che vivere il giorno migliore della sua carriera in stato di incomunicabilità col mondo: da solo sin dal chilometro 5, per ben 160 fino al traguardo, ovvero la bellezza di quattro ore a riflettere sui casi della vita e su come la medesima gli sarebbe cambiata in fondo a quell'impresa.
Probabilmente Zabriskie tornerà al suo consueto ruolo di gregario di più noti colleghi, ma da oggi anche lui ha il suo bel posto nella memoria in cui rifugiarsi quando le cose non gli andranno benissimo come in quest'occasione. Conosciamo ciclisti che pagherebbero per vivere una giornata come quella del buon David.