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Marangoni: «Inaspettata la convocazione del ct Bettini»

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Nato a Lugo, in provincia di Ravenna, 26 anni fa e da ormai 17 anni sul sellino della bicicletta Alan Marangoni è un giovane esempio di dedizione e impegno. Formatosi nel suo paese, sotto lo sguardo attento ma mai pesante di suo babbo, ha affrontato le strade dell'Italia e del mondo dimostrando di essere un grande passista e cronoman. Infatti, nel 2006, ha vinto il Campionato Italiano a Cronometro per under 23. Nel 2009 è approdato al professionismo con la CSF Group-Navigare. Ed è, dalla stagione 2010, uno dei membri della squadra Colnago-CSF Inox, squadra con cui ha fatto la sua prima partecipazione al Giro d'Italia regalando a tutti gli appassionati di questo sport una fuga lunga 120 km, iniziata al 21esimo km e durata fino ai meno 2 km dall'arrivo. Un'impresa rimasta nelle retine di tutti e che l'ha visto come autore di un'ottima prestazione. Questo e altri sforzi del romagnolo, pronto a mettersi sempre al lavoro per i suoi compagni di squadra, hanno suscitato anche l'interesse del neo ct della Nazionale italiana Paolo Bettini, che ha convocato Alan per partecipare, in maglia azzurra  il prossimo 28 agosto al Giro del Veneto, in un gruppo di giovani con grandi prospettive per il futuro creato soprattutto per conoscere i ragazzi, ma anche per capire chi può essere utile ai Mondiali di Ciclismo che si terranno a Melbourne ad ottobre di quest'anno.

Ciao Alan! Vorresti raccontarci chi ti ha iniziato al ciclismo?
«È stato mio babbo ad iniziarmi al ciclismo ma non mi ha mai forzato. Lui gestiva (come adesso) la squadra di giovani della S.C. Cotignolese e io ogni tanto andavo a vedere le corse. Un bel giorno gli ho chiesto: "Babbo, ma perché non posso iniziare anch'io a correre?"».

Quando hai capito che era il "tuo" sport?
«Ho capito che era il mio sport perché nel corso degli anni ottenevo risultati con continuità  e riuscivo a fare sacrifici senza farmeli pesare più di tanto».

Cosa provi quando sei in corsa?
«Nel corso di una gara posso provare di tutto... adrenalina, paura, gioia, tensione, illusione, rabbia, orgoglio, spirito d'avventura, coraggio... mi sento "vivo" a 360° insomma...».

Dialogando con Emilio Dalmonte sul ciclismo in romagna, ha subito parlato di te come «un giovane pulito, nel senso che va a pane e acqua, e molto bravo che spero arrivi lontano».  Questo suo commento mi ha fatto pensare ai sacrifici che devono fare spesso i ciclisti per poter arrivare appunto 'lontano'. I sacrifici che hai fatto per questo sport sono un peso per te? Hai dovuto lasciare qualcosa in cambio?
«Ho avuto il piacere di conoscere Dalmonte lo scorso dicembre a Cotignola, una grande persona con un grande voglia di avventura. Per quel che riguarda quanto mi pesa fare sacrifici dipende dai momenti... quando le cose vanno bene non mi pesano per niente mentre quando vanno male un po' sì, però diciamo che nel corso degli anni sono riuscito a trovare un certo equilibrio. Per la bici ho dovuto rinunciare ad alcune amicizie, ma col passare del tempo ho capito che non erano poi così importanti come credevo».

Quanto è importante per te avere il sostegno della famiglia?
«La famiglia per me è stata fondamentale. Senza la famiglia non avrei mai raggiunto certi traguardi».

Ti aspettavi la convocazione del ct Paolo Bettini per far parte della Nazionale il prossimo 28 agosto nel Giro del Veneto? Come hai accolto la notizia?
«La convocazione di Bettini è arrivata molto a sorpresa. È stata il frutto di una collaborazione del ct con le squadre. Per fare questa gara sperimentale cercava uomini affidabili in grado di tirare per tanti km e il mio ds Reverberi gli ha fatto il mio nome, visto che quest'anno ho partecipato a 70 gare e ho sempre eseguito al meglio i miei compiti. È stato una specie di premio per la mia serietà».

Un sogno?
«A differenza di tanti altri che sognano vittorie importanti io sogno invece di smettere il giorno in cui lo deciderò io, senza condizionamenti esterni, solo per mia unica volontà. C'è gente che è costretta a smettere e porta con sé rancore per tutta la vita. Io voglio smettere senza rimpianti. È logico però che vincere una "tappetta" al Giro non mi farebbe schifo... anzi!!».

Magalí Pizarro

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