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Milano-Sanremo 2016: Secondo voi potevo fare qualcosa di più? - Nibali, un mezzo attacco per onor di firma; Pozzato il migliore tra gli italiani all'arrivo

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  Vincenzo Nibali, 33esimo all'arrivo della Milano-Sanremo 2016 © Bettiniphoto

La Milano-Sanremo è questa, prendere o lasciare. Vincenzo Nibali prende, un po' a mezza bocca, ma prende. Sa che è una delle corse più importanti per gli appassionati italiani, sa pure che perché un corridore come lui la vinca occorre un mezzo miracolo, e sicuramente non è contento per il fatto che l'organizzatore, dopo qualche anno di (minimi) esperimenti, si sia mostrato ormai orientato a confermare stabilmente il percorso attuale.

Non riapriamo, per carità di patria, il discorso sul senso di una corsa che oggi è per velocisti mentre un tempo veniva vinta anche dagli scalatori; non entriamo nel dettaglio delle giustificazioni sul non volerla snaturare inserendo qualche salitella in più (almeno una), come se non fosse già abbastanza snaturata rispetto alla sua storia ultracentenaria. La Sanremo è questa, oggi come oggi, e non abbiamo più voglia di chiederci come sarebbe se...

È giusto tributare i dovuti onori a chi la vince, a chi la corre non animus pugnandi, a chi non vede neanche il podio ma torna a casa consapevole di aver fatto il massimo. Se poi un giorno il percorso verrà modificato, parleremo di un'altra storia.

 

Nibali e quell'allungo sulla discesa del Poggio
Abbiamo aperto su Vincenzo Nibali. Lo Squalo dello Stretto ha timbrato il suo cartellino dalla cima del Poggio alla fine della discesa. Entriamo per un attimo nella sua mentalità: «È una corsa troppo veloce per le mie caratteristiche», ha detto subito dopo aver tagliato il traguardo. Come dire: "Chi me la fa fare di inventarmi un tentativo sulla Cipressa, se già so che poi vengono lo stesso a prendermi?". Tanto per intenderci, la corsa è di quelle che possono essere vinte anche da un corridore caduto a 30 km dalla fine, in grado di rientrare e di andare a sprintare nonostante l'altissima andatura del gruppo (oggi è successo esattamente questo).

Giovanni Visconti, autore di una delle più belle azioni della giornata, proprio sulla Cipressa, si è lamentato per non essere stato supportato in questo suo attacco dallo stesso Nibali: «Ci eravamo parlati, mi aspettavo che attaccasse anche lui». Ma il discorso è sempre quello: se anziché Ian Stannard (rientrato sul palermitano della Movistar nell'occasione) ci fosse stato lo Squalo, quanto avrebbe potuto guadagnare quell'attacco? Quanto margine sarebbe servito per resistere al ritorno del gruppo riorganizzato dopo la discesa?

Non dimentichiamo che alla fine c'è sempre quell'autostrada in falsopiano che è il Poggio (per gran parte della sua lunghezza), su cui gli inseguitori hanno sempre gioco facile rispetto a chi ha attaccato in precedenza. Ecco, ipotizziamo che con Visconti, oltre a Stannard (e poi anche Daniel Oss, Matteo Montaguti e lo stopper Fabio Sabatini, rientrati a fine discesa della Cipressa), ci fosse stato anche Nibali: magari il drappello non sarebbe stato raggiunto a 11 km dal traguardo; ma avrebbe mai scollinato il Poggio in testa alla corsa? Dubbio profondo.

Nibali ha quindi rinviato il momento del suo tentativo, e il fatto che sia avanzato solo in cima al Poggio, preparandosi a provare l'allungo in discesa, ci suggerisce che davvero abbia fatto quella mossa più per onor di firma che per altro. Intendiamoci, lodi comunque a lui, che alla fine di una corsa di 300 km era ancora lì a battagliare, ma il suo attacchino ci è sembrato il manifesto del ciclista rassegnato. Avrà le sue occasioni in altre classiche, certo ci chiediamo come non resti, in tutti gli appassionati, il rammarico per il fatto che un albo d'oro che comprende molti dei più forti grangiristi della storia, oggi sia precluso a questa categoria (vèdasi, per approfondimenti, anche la prova impalpabile di un Valverde oggi).

 

Pozzato ottavo e migliore degli italiani
Alzi la mano chi avrebbe scommesso due euro sulla possibilità che il miglior italiano a Sanremo potesse essere Filippo Pozzato. Soprattutto alla luce delle ultime prestazioni del vicentino, non c'erano grosse speranze che Pippo potesse fare qualcosa di buono; e invece il figo di Sandrigo è riuscito a scollinare il Poggio non distante dai primi, e si è divincolato bene nella bagarre del finale, arrivando a centrare un'ottava posizione che ora giustificherà qualche attesa in più da parte dei suoi tifosi in vista del Giro delle Fiandre.

La Southeast-Venezuela è stata peraltro la squadra italiana più attiva in assoluto, avendo inserito un uomo nella fuga del mattino (Samuele Conti) e avendo visto uno dei suoi attaccare pure sul Poggio: è stato Andrea Fedi a osare tanto, restando per un chilometrino (dai -7.5 ai -6.5) al comando della corsa: il che, alla prima esperienza alla Classicissima, non è neanche un obiettivo disprezzabile.

Molto peggio è andata alla Lampre-Merida, i cui protagonisti più attesi (Diego Ulissi e Sacha Modolo) sono incappati in cadute che li hanno allontanati dalla possibilità di far qualcosa di buono; considerando che pure Federico Zurlo è caduto strada facendo (e si è ritirato), è rimasto il solo Matteo Bono a salvare la baracca blu-fucsia, con l'ennesima fuga sanremese (la terza in tre anni per lui).

 

Anche per Colbrelli un posto nei dieci
Anche la Bardiani-CSF torna a casa con la minima soddisfazione di aver messo un uomo in top ten: Sonny Colbrelli ha chiuso al nono posto e gli rimane il rammarico di essere stato parzialmente danneggiato dalla caduta di Fernando Gaviria ai 400 metri, in assenza della quale il piazzamento avrebbe potuto essere forse migliore. Diciamo "forse" perché lo stesso Gaviria, e Sagan e mettiamoci pure Cancellara sarebbero in quel caso stati della partita. La formazione dei Reverberi è riuscita anche a essere presente nella fuga del mattino con Mirco Maestri, che è stato tra l'altro uno degli ultimi ad alzare bandiera bianca.

Meno visibile l'Androni-Sidermec, che ha sì messo Serghei Tvetcov nella citata fuga, ma che poi non ha trovato uomini per essere efficace nel finale. Il migliore tra i ragazzi di Savio è stato alla fine Francesco Gavazzi, 20esimo.

 

Il grande lavoro dei compagni di Sagan
Non possiamo infine non menzionare gli azzurri schierati con le squadre straniere. Qualcuno ha deluso un po' (Elia Viviani, per dire, ha sofferto sulla Cipressa, è rientrato, si è staccato di nuovo sul Poggio, e insomma, dovrà riprovarci in un'altra Sanremo); qualcuno è andato in fuga (Andrea Peron della Novo Nordisk, anche lui un aficionado dell'azione a lunga gittata, visto che ci si era inserito pure l'anno scorso; e poi Marco Coledan, compagno di Cancellara alla Trek), qualcuno ha lavorato a fondo per annullarla, quella fuga (è il caso dei gregari Tinkoff, a partire da Manuele Boaro), qualcun altro si è speso duramente per i capitani sulle salite del finale (Oscar Gatto pro Sagan, sempre in casa Tinkoff).

E poi c'è chi ha avuto la possibilità di giocare un po' per sé: ad esempio Matteo Montaguti, presente nell'attacco a 5 con Visconti e soci sulla via Aurelia dopo la Cipressa, e poi 13esimo all'arrivo; Davide Rebellin della CCC ha sfiorato la top 20 (21esimo), Enrico Battaglin (LottoNL) ha inciso meno di quanto avremmo sperato (solo 29esimo), altri sono rimasti intruppati nei vari giochi di squadra: su tutti Matteo Trentin, che ha chiuso decimo ma che se avesse collaborato con Cancellara quando l'elvetico è partito a 1.7 km dalla fine, avrebbe forse potuto puntare addirittura al bersaglio grosso. Ma la Etixx aveva optato per far corsa per Gaviria, e poi la caduta del colombiano ha buttato tutto all'aria. Per il trentino però la consapevolezza di avere tutto per ben figurare anche nelle prossime classiche è una parziale consolazione: prima o poi verrà il giorno in cui una qualche corsa importante prenderà una piega per cui Matteo potrà giocarsi fino in fondo le proprie carte. Ci vuol pazienza.

Marco Grassi

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